«Non so dove siano finiti gli studenti, abbiamo scritto alle famiglie». Il preside Guido Campanini, alla guida di un istituto tecnico di Parma, spiega a Repubblica cosa sta succedendo alla scuola con la pandemia. E con lui altri presidi e insegnanti di tutta Italia, preoccupati per il mancato rientro di molti ragazzi in aula.
In mancanza di dati nazionali, i primi numeri per la comprensione di un fenomeno, la dispersione scolastica e il ritardo nell’apprendimento, vengono offerti dai privati caritatevoli. La Comunità di Sant’Egidio ha certificato che a settembre 2020, ripartenza del secondo anno pandemico, il 4 per cento dei bambini-adolescenti non era tornato a scuola. Sono 160mila alunni su 4 milioni. E il 20%, 800mila studenti, aveva accumulato troppi giorni di assenza. Sessanta assenze è la soglia d’allarme e quegli ottocentomila sono a rischio abbandono.
E un’indagine Ipsos per conto di Save the children aveva già evidenziato che, nel 28% delle classi superiori, ogni studente aveva assistito – da marzo 2020 a gennaio 2021 – all’addio di almeno un compagno. Significa altri 34mila. La somma delle due indagini porta a contare 200mila studenti usciti dal circuito scolastico dalla primaria alla media superiore.
C’è chi, poco stimolato nella normalità scolastica, ha vissuto l’esenzione 2020 dalla bocciatura come un salvacondotto per chiudere i libri – spiega Repubblica. C’è chi aveva una cattiva connessione, chi doveva chiedere lo smartphone al papà. Chi, semplicemente, si è smarrito nella solitudine e, la cosa peggiore che racconteranno i dirigenti scolastici, chi non ha retto lo stop and go, l’apri e chiudi della classe, l’assenza di continuità e certezze. Conta anche l’aver contratto, in alcuni casi, il Covid. Tra tutti questi ci sono molti studenti «capaci e meritevoli», precipitati nell’autostima e sui voti. Aumentano i casi di ansia, depressione, disturbi alimentari.
L’Italia nel 2019 viaggiava su una percentuale di abbandono scolastico del 13,5%, in forte miglioramento nelle ultime stagioni, ma in ritardo sulla media europea (10 per cento). Il problema è che le 30-34 settimane di lockdown scolastico a variabilità regionale – ci sono primarie che in Campania hanno fatto 36 giorni di presenza in tutto – rischiano di rimandare indietro gli scolari e la scolarità italiana. Il tasso di dispersione, tenendo conto degli ultimi dati, arriva al 27%: si torna al livello di sette anni fa.
A Vittoria, provincia di Ragusa, in due successivi controlli realizzati ad aprile i carabinieri del comando provinciale hanno denunciato 146 genitori che non mandavano i figli, iscritti in un istituto elementare, a scuola la mattina. A Gela temono addirittura una dispersione del 40%.
La questione dispersione negli ultimi sedici mesi si è affacciata, tuttavia, anche in una provincia ricca come quella di Parma. Campanini, dirigente del tecnico Bodoni, cerca disperato i diciannove studenti scomparsi sui 700 dell’istituto. E racconta: «Qualcuno è rientrato, questi sono usciti dai radar. Chi già faceva poco ha fatto ancora meno. Chi non aveva motivazione per lo studio, ma comunque veniva in classe per vedere la ragazza o mettersi d’accordo per il calcetto, ora ha perso ogni stimolo. La dispersione nei professionali, già alta, è schizzata. Non ci sono colpe, c’è stata una pandemia».
A Pavia e hinterland il tasso di dispersione è intorno al 25%. In Puglia, secondo i dati della Uil, si sono persi 11mila ragazzi. Nel Lazio tra dicembre e gennaio si è superata quota venti per cento, sette punti in più della scorsa stagione. Rocco Pinneri, direttore dell’Ufficio scolastico regionale, dice: «Molti non prendono il diploma e cominciano a lavorare». La pandemia ha messo a dura prova gli istituti professionali, solitamente più a rischio dispersione
I presidi sono allarmati dalla perdita di competenze, la dispersione implicita. Secondo Save the Children, uno studente su tre oggi si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza e quattro su dieci dichiarano di aver avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare. Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31 per cento), incerti (17 per cento), preoccupati (17 per cento), irritabili (16 per cento), ansiosi (15 per cento), disorientati, apatici. Scoraggiati.
Non sarà il Piano estate a ridare conoscenza organizzata ai nostri ragazzi. Ci si affida, piuttosto, al miliardo e mezzo di euro che il Recovery Fund porterà sul tema dispersione. Da qui al 2026.