Politici e media in confusione fanno a gara nel lanciare da Lampedusa segnali pericolosi, mentre sull’isola vanno e vengono ministri italiani e altissime cariche europee.
Su quel che accade qui sproloquiano quelli che hanno costruito le loro fortuna politica sulla “paura dell’uomo nero” assecondati da uno stuolo di media di parte o inconsciamente stonati. Tacciono altri, forse convinti che il silenzio sia la giusta strategia di contenimento, anche se di fatto non ha portato nessun conforto agli oltre seimila abitanti di quest’isola per l’80% impiegati in attività legate al turismo.
Sono gente perbene i lampedusani, conoscono la legge non scritta dell’ospitalità, almeno quanto quella millenaria del soccorso in mare. Ora però hanno deciso i di farsi sentire, operatori turistici fianco a fianco con (il rimanente 20%) chi lavora nell’industria ittica: ne hanno veramente “le tasche piene” soprattutto della distorsione dei fatti in atto almeno dal 2012.
Nessuno nega che gli sbarchi sono un problema assai complesso tanto per la comunità internazionale che per il nostro Paese. Non lo sono altrettanto però per la praticabilità del turismo: questo lembo estremo d’Europa che sta a 120 chilometri più a sud della Sicilia e a sessanta dalle coste de nord Africa è dotato di una pista su cui atterrano aerei provenienti da Palermo e Catania, ma anche da Roma, Milano, Torino e Firenze. Non esiste nessun problema riguardante la praticabilità delle sue spiagge: uniche nel Mediterraneo e tra le più suggestive al mondo. Non esiste problema per la capacità di ricezione di albergatori e ristoratori, non per l’attività di pescherecci e barche da diporto.
Può sembrare strano a chi non conosce questa terra, ma i lampedusani apprendono di questo o quello sbarco dai telegiornali esattamente come gli abitanti di Trento o Torino. La discrezione delle forze dell’ordine a Lampedusa è proverbiale e l’hot spot praticamente invisibile. Altro che “collina della vergogna”, altro che le immagini reiterate all’infinito dei poveracci allineati sul molo. Spacciate come documento queste “icone” della migrazione sono – frammenti senza pietà né vergogna – di un realtà di cui non si rappresentano mai dimensioni e contorni precisi.
Lo scorso anno il Covid ha rovinato l’intera stagione: qui come altrove, d’accordo. L’estate del 2021 significa per tutti gli operatori turistici italiani (quelli che riusciranno a riaprire le loro strutture) la stagione della speranza. L’Associazione Mediterraneo Sicilia Europa onlus, tra le altre, ha raccolto l’appello dei lampedusani perché si racconti come stanno realmente le cose sull’isola finanziando il viaggio di chi scrive e del fotografo-artista Davide Bramante.
Si tratta di un’iniziativa che evolve attraverso una serie di reportage e una mostra pop up di immagini che ne ritraggono le bellezze naturali. Ad ospitarla sarà per prima al Four Point Sheraton di Catania la Fondazione Oelle di Ornella Laneri, presidente della Sezione turismo cultura ed eventi di Cionfindustria del capoluogo etneo. Alcune immagini saranno poi inserite nelle sale del Museo del Mare di Noto, mentre è già è certo che altre saranno in mostra in una personale dello stesso Bramante che inaugura il prossimo 4 di luglio presso La Cernobbina ArtStudio di Cernobbio (Co).
Nel frattempo le prenotazioni a Lampedusa hanno cominciato a riprendere. Sperando non si arrestino di nuovo per l’ennesimo sguaiato servizio giornalistico accompagnato dall’ennesima sparata del demagogo di turno.