Per una volta Milano può invidiare Roma, dove l’area politica liberal democratica e liberal socialista, insomma quella fetta di elettori che non si rassegna al bipopulismo italiano, in autunno avrà la possibilità di votare Carlo Calenda come sindaco della Capitale. La candidatura di Calenda è sostenuta da Azione, ovviamente, ma anche da Italia Viva e da Più Europa.
Gli elettori milanesi, invece, non avranno questa fortuna. Intanto non ci sarà un candidato d’area, essendo questa presidiata dall’ottimo sindaco in carica Beppe Sala, nonostante qualche sua inopportuna apertura, chiaramente tattica, ai babbei a Cinquestelle. Sala sarà sostenuto dal Partito democratico, da una lista civica ispirata alla sua esperienza a Palazzo Marino e da altri, ma con l’area riformista che incredibilmente non riesce a mettersi d’accordo sul da farsi. Al momento è molto probabile che a sostenere Sala, oltre al Pd e ai salisti, ci saranno non una ma due liste antipopuliste, una di Azione forse con Più Europa e un’altra aggregazione con Italia Viva e i civici dell’ex assessore di Giuliano Pisapia Franco D’Alfonso.
Una sciocchezza politica e strategica dovuta alle solite e logoranti ubbie dei leader nazionali e a certe meschinerie locali, addirittura grottesche considerato che stiamo parlando di un’area che ancora non c’è ma che, invece di sprecare tempo in gare a chi ha più zerovirgola, dovrebbe mettersi pancia a terra, senza tanti capricci, per intercettare il consenso del governo Draghi in una città che in questi anni non ha mai ceduto al bipopulismo grillino-leghista e che non è la locomotiva ma il treno ad alta velocità del risveglio del paese.
Insomma siamo di fronte a una possibile, probabile, occasione sprecata.
A sentire le due parti in causa, la colpa naturalmente è dell’altra che non ci vuole stare, ma stando alle ultime dichiarazioni ufficiali del weekend le cose sono chiare: i rappresentanti milanesi di Azione hanno deciso di andare da soli, forse con il sostegno di Più Europa, convinti di essere loro gli unici alfieri dell’area antipopulista oltre che strategicamente legati all’ipotesi che il sindaco neoverde Sala possa rappresentare l’altra gamba, quella manageriale-ecologista, di una futura proposta politica nazionale; mentre gli altri, ovvero gli storici riformisti milanesi assieme ai renziani, sperano ancora che le presuntuose velleità degli azionisti locali rientrino e che si possa presentare una lista comune liberaldemocratica per Sala e per Milano con tutti i simboli bene in vista.
Sciupare l’opportunità di costruire un’alternativa al bipopulismo sulla scia dell’esperienza Draghi sia a Roma, nella città presa dai populisti, sia a Milano, nella città simbolo dell’Italia europea, è peggio di una scemenza, è un errore politico. Il tempo per rimediare però c’è ancora.