L’ora più tristeIl surreale duetto Dibba-Bersani e l’impossibilità di essere Churchill (o Aldo, Giovanni e Giacomo)

Affettuosità e incongruenze del grillino che voterebbe il leader di Articolo Uno alla presidenza della Repubblica, ma intanto fa un gran casino con citazioni da Google e pose da rivoluzionario senza professione

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C’era qualcosa di profondamente malinconico nel confronto andato in onda giovedì sera a Piazza Pulita, su La7, tra Pier Luigi Bersani, ormai fisso nel ruolo del vecchio saggio, quasi fosse un osservatore esterno, anziché un parlamentare, e Alessandro Di Battista, pure lui piuttosto fossilizzato nel ruolo del rivoluzionario senza professione. Solo qualche anno fa sarebbe stato un duello all’ultimo sangue, da film western. Adesso, invece, era un duetto da commedia romantica, tra la via Emilia e il trash. Con più di un’incursione nel non-sense, qualche stralunato riferimento a complicate vicende internazionali che evidentemente gli sceneggiatori non avevano avuto tempo di approfondire, monologhi fuori luogo e citazioni a sproposito.

Di Battista era come al solito perfetto nell’interpretazione di se stesso. Perché è quel tipo di caratterista che fa sempre la stessa parte, senza però risultare mai davvero ripetitivo. Perché è dall’interazione con il contesto che il suo puro talento per l’improvvisazione riesce a trovare ogni volta l’ingrediente che mancava.

Giovedì sera lo si è visto dal modo in cui si è giocato l’immancabile citazione di Churchill, la solita citazione che si trova sui giornali, cioè su Google, in queste circostanze: «Dovevate scegliere tra il disonore e la guerra. Avete scelto il disonore e avrete la guerra».

Ricordo che tanti anni fa, quando lavoravo in una redazione e mi toccava passare i pezzi degli altri, me la presi con un collega che l’aveva attribuita direttamente a Giancarlo Galan, peraltro in una battuta da transatlantico il cui bersaglio polemico era Angelino Alfano, mica Adolf Hitler. Il che rendeva tutta quella prosopopea su guerra e disonore quantomeno bizzarra.

In ogni caso Di Battista, che è un giornalista nato, infila la citazione con la consueta nonchalance di quando vuol far vedere che parla di cose che conosce bene, al termine di una vertiginosa ricostruzione storico-politico-economica che merita di essere letta tutta d’un fiato, così com’è stata pronunciata, anche perché si tratta effettivamente di un’unica frase.

Testualmente: «D’Alema, che poi non è molto vicino a me, politicamente, su alcune questioni, ha ricordato bene, in quegli anni, in un discorso su Rainews andato in onda poco, per l’importanza, quanto una serie di miliardi tirati fuori dall’Europa, per coprire i debiti della Grecia, in realtà, con una partita di giro piuttosto ipocrita, siano finiti a pagare gli interessi dei prestiti delle banche francesi e tedesche, che avevano appunto garantito dei prestiti a questa Grecia, che è stata affossata con manovre di macelleria sociale che poi sono arrivate anche in Italia, con quella famosa letterina firmata da Draghi e imposta, sostanzialmente, al governo Berlusconi, il quale accettò tutto pensando di potersi salvare e poi, dopo poco, è caduto. Un po’ come quando Churchill disse a Chamberlain: potevate scegliere tra… l’onore e… e… la guerra… avete scelto il disonore, ma avrete la guerra… una roba del genere».

E il bello, ovviamente, non sta nel lapsus tra onore e disonore, che gli incasina il gioco, cosa di cui evidentemente si rende conto in corsa, tanto da chiudere con quel fantastico: «Una roba del genere». E alzi la mano chi non si è mai trovato in una situazione simile – a me è successo mille volte – al momento di raccontare una barzelletta o un sapido aneddoto, ed è stato colpito dalla sindrome del leone e della gazzella, come la maledetta storiella di Aldo, Giovanni e Giacomo che quello alto dei tre voleva usare per fare colpo, ma non riusciva mai a raccontare dritta (è la ragione per cui ho smesso di raccontare barzellette prima di finire le medie, e per cui racconto anche pochissimi aneddoti).

Tutto questo è ovviamente più che normale. Ciò che è squisitamente dibattistiano, invece, è quel sublime «in una intervista su Rainews andata in onda poco, per l’importanza», quasi a suggerire l’ipotesi di un’oscura manovra del regime che fa intervistare Massimo D’Alema sulla crisi greca, e lo manda anche effettivamente in onda, ma poco. Che poi, esattamente, che significa poco, per un’intervista?

Che avrebbero dovuto fare, mandarla in replica ogni due settimane, rifarla ogni volta dal vivo come uno spettacolo di Broadway, piazzarla su Techetechetè, tra un vecchio dadaumpa e uno sketch di Franca Valeri?

Fatto sta che nel corso di tali singolari sproloqui, peraltro intervallati da varie affettuosità e attestati di stima nei confronti di «Pier Luigi» (Dibba ha detto che lo voterebbe persino presidente della Repubblica), l’occhio implacabile della telecamera ha inquadrato ripetutamente l’espressione smarrita di Bersani. E chi lo sa tra quali alternative aveva avuto da scegliere, giovedì sera. Ma per un momento ho avuto il sospetto che anche lui, potendo tornare indietro, avrebbe preferito la guerra.

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