Speranza&SperanzaIl caos Astrazeneca non si risolverà con le supercazzole tecnico-scientifiche

A una settimana dalla decisione di sospendere il vaccino delle polemiche, governo e Cts non sono stati in grado di dare una spiegazione coerente del loro comportamento, diffondendo una pericolosissima confusione

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È passata una settimana dalla decisione di interrompere la somministrazione di Astrazeneca alle persone sotto i sessant’anni, comprese quelle che ne avevano già ricevuto una prima dose ed erano in attesa della seconda. Alla luce del dibattito che si è sviluppato, della ribellione di alcune regioni (per una volta più che giustificata) e della protesta degli stessi medici, due cose sono ormai emerse con cristallina chiarezza e vanno considerate pertanto dati di fatto.

Il primo dato di fatto è che né il ministro della Salute, Roberto Speranza, né alcuno dei numerosi esponenti del comitato tecnico-scientifico intervistati per l’occasione, è stato capace di fornire una motivazione comprensibile e convincente a giustificazione della scelta, specialmente per quanto riguarda le seconde dosi (la cosiddetta vaccinazione eterologa).

Il secondo dato di fatto è che tale scelta ha prodotto e sta continuando a produrre effetti negativi molto pesanti sulla credibilità della campagna di vaccinazione, dove ai già numerosi ultrasessantenni che di fare Astrazeneca non vogliono saperne si stanno aggiungendo quelli che, avendo ricevuto la prima dose di Astrazeneca, non vogliono saperne di ricevere come seconda dose un vaccino diverso.

Sul primo punto, basterebbe la formula adottata dal Cts, che non ha nulla della perentorietà promessa da Speranza e sembra scritta da un avvocato piuttosto che da scienziati, laddove recita che la vaccinazione eterologa «non appare essere sconsigliabile».

Una cautela che la dice lunga sulla perentorietà della loro convinzione. Per non parlare del fatto che i rarissimi eventi avversi con Astrazeneca sono emersi solo ora, e non nei test preliminari effettuati su decine di migliaia di persone, perché nel frattempo quel vaccino è stato somministrato a milioni di individui. E ora, per scongiurare questo rischio, si è deciso che è meglio procedere con la vaccinazione eterologa, citando a sostegno studi su alcune centinaia di persone (non «centinaia di migliaia», centinaia e basta). È evidente che qualcosa non quadra.

Quanto al secondo punto – il disorientamento dell’opinione pubblica – basta pensare a quale effetto possano fare sui cittadini le proteste delle Regioni e la rivolta degli stessi medici, che non accennano a placarsi. Ieri il Lazio, ad esempio, insisteva nel chiedere libertà di scelta per la seconda dose.

L’effetto combinato delle due cose è ben rappresentato dalla confusione sul vaccino Johnson&Johnson (Janssen), che da tutte le tv del paese virologi ed epidemiologi autorevolissimi – ad esempio martedì sera, a Otto e Mezzo, Antonella Viola – ripetono essere sospeso per le stesse categorie per cui è stato bloccato Astrazeneca, essendo praticamente identico ad Astrazeneca.

Decisione che tuttavia così chiara e perentoria non sembra, tanto che sul tema, sempre martedì, è dovuto intervenire il sottosegretario Pier Paolo Sileri, che l’ha messa così: «Leggendo bene il parere del Cts io, se fossi uno dei medici vaccinatori, avendo a disposizione altri vaccini, non farei né AstraZeneca né Johnson&Johnson ai più giovani».

Leggendo bene, avendo a disposizione, lui non farebbe. E leggiamolo bene, dunque, questo parere. Perché sapete cosa dice esattamente il suddetto documento, allegato alla circolare ministeriale dell’11 giugno in cui si blocca Astrazeneca? Non lo indovinerete mai: che Johnson&Johnson (Janssen) è «raccomandato» a chi ha più di sessant’anni. («Il vaccino Janssen viene raccomandato, anche alla luce di quanto definito dalla Cts di Aifa, per soggetti di età superiore ai 60 anni). E che comunque i dati attualmente «non permettono di trarre valutazioni conclusive rispetto al rapporto beneficio/rischio», ragion per cui «l’eventuale evidenza, nel contesto nazionale e internazionale, di fenomeni tromboembolici dopo vaccino Janssen dovrà essere oggetto di attento e costante monitoraggio attraverso le procedure di farmacosorveglianza e vaccino-vigilanza».

Ed ecco il parere di Nicola Magrini, direttore generale dell’Aifa, sull’equiparazione tra Astrazeneca e Johnson&Johnson, espresso ieri a Rainews24: «Si è lasciato uno spazio ulteriore per Johnson&Johnson relativo al fatto che gli effetti indesiderati sembrano meno frequenti, decisamente meno. Con l’accumularsi dei dati nel mondo si vedrà se questo vaccino, che è più semplice in monodose, possa essere in qualche modo recuperato per popolazioni speciali in totale sicurezza». Chiaro, no?

L’unica cosa che, al momento, sappiamo di sicuro è che Johnson&Johnson non sarà somministrato in Campania. E lo sappiamo da una nota ufficiale del presidente della Regione, Vincenzo De Luca, che dice così: «Ai nuovi vaccinati non sarà somministrato Astrazeneca al di sotto dei 60 anni, rispetto al vaccino Johnson & Johnson la posizione del Ministero non è definita in modo chiaro e vincolante. Pertanto tale vaccino non sarà somministrato sotto i 60 anni».

Chiarito al di là di ogni ragionevole dubbio che nel corso di una settimana non è stato chiarito un bel nulla – anzi, come si vede, è stata fatta una pericolosa e dannosissima confusione – due domande restano senza risposta: cosa pensa di fare il governo per fermare una simile spirale e rimediare a questo casino, e se non pensa sia il caso che almeno qualcuno di coloro che da una settimana ripetono cose palesemente contraddittorie ne tragga l’unica conclusione coerente che se ne può trarre, e si dimetta.

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