Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis considera «solido e ambizioso» il Piano nazionale di ripresa e resilienza del governo Draghi, un progetto capace di «far uscire l’Italia più forte dalla crisi» e di «costruire un futuro migliore». Ma in un’intervista alla Stampa avverte che «questo è solo l’inizio». Ottenere un giudizio positivo da parte della Commissione e poi del Consiglio (che si esprimerà entro quattro settimane) non è sufficiente: per l’Italia ora comincia un percorso fatto di ben 525 tappe e traguardi da raggiungere nell’arco dei prossimi cinque anni. I primi già entro la fine dell’anno. Serviranno per ottenere le dieci rate di finanziamento, subordinate all’esito positivo delle verifiche semestrali.
Il documento allegato di 566 pagine, che riporta l’intera tabella di marcia, elenca nel dettaglio tutti i progressi che verranno richiesti per far partire i pagamenti. «Non vediamo l’ora che il piano porti un vero cambiamento», spiega il vicepresidente della Commissione, «per il bene di tutti gli italiani, ma anche dell’intera Europa».
L’ultima sottolineatura non è casuale, scrive La Stampa. Da troppo tempo l’Ue chiede all’Italia di affrontare i nodi che frenano la crescita e la produttività del nostro Paese e che inevitabilmente impattano anche sul resto dell’Unione. Ma le raccomandazioni di Bruxelles sono state sempre disattese.
Questa volta le cose potrebbero andare diversamente perché in palio ci sono 191,5 miliardi di euro, di cui 68,9 a fondo perduto e 122,6 in prestiti a tassi agevolati. «Questo piano di rilancio», spiega Dombrovskis, «rappresenta un’opportunità unica per investire nel futuro dell’Italia, per affrontare questioni di vecchia data che frenano lo sviluppo socio-economico e per rimuovere le barriere che ostacolano la crescita».
Rispetto al progetto inviato a Bruxelles, i cambiamenti richiesti dalla Commissione sono stati minimi. I tecnici hanno rivisto leggermente al ribasso le quote di spesa destinate alla transizione ecologica (dal 40% al 37%) e al digitale (dal 27% al 25%), che comunque restano oltre la soglia minima. Fonti Ue spiegano che i tecnici hanno escluso alcune parti «che non erano in linea con i criteri di ammissibilità», tra cui alcune sezioni del progetto Transizione 4.0, mentre sono stati fatti aggiustamenti per quanto riguarda alcuni progetti legati alla mobilità e ai veicoli a basse emissioni. Mentre è stato inserito un nuovo capitolo legato alla biodiversità: 1,2 miliardi per il ripristino delle risorse marine, per il rimboschimento e per tutelare la natura in alcune aree del Po.
Dombrovskis è convinto che questa potrebbe essere davvero la volta buona, soprattutto se l’Italia sarà in grado di adottare i due provvedimenti più attesi: «Riformando la pubblica amministrazione e il sistema giudiziario, oltre a ridurre la burocrazia, l’Italia può migliorare il proprio contesto imprenditoriale e diventare un luogo più attraente in cui investire», dice.
Se tutto dovesse andare per il verso giusto, secondo la Commissione «l’attuazione delle riforme consentirebbe di dimezzare il divario rispetto ai Paesi con i risultati migliori e di far aumentare il Pil italiano di circa il 17% in 20 anni, più dell’11% riscontrato per la media Ue». Sul fronte occupazionale, la spinta del Recovery potrebbe portare 240mila nuovi posti di lavoro e anche in questo caso non è considerato l’eventuale impatto delle riforme.
Un importante capitolo è dedicato alle misure destinate al Mezzogiorno e lo stesso Dombrovskis riconosce che «il piano contribuirà a ridurre le differenze sociali e regionali, creando nuove opportunità per i giovani in tutte le zone del Paese».