Mercoledì prossimo, 16 giugno, a Bruxelles si riunirà il collegio della Commissione europea. E all’ordine del giorno c’è l’approvazione dei Recovery Plan. E tra primi in “scaletta” c’è anche quello italiano. Il Pnrr confezionato, riveduto e corretto dal governo Draghi il 30 aprile scorso – scrive Repubblica – otterrà proprio la prossima settimana l’atteso via libera europeo.
L’esame del piano italiano è stato concluso dalla task force europea che si occupa di valutare i progetti dei 27. E insieme ad altri sei riceverà per primo il lasciapassare che aprirà la procedura per ottenere entro la fine del prossimo mese l’anticipo dei finanziamenti. Che per l’Italia valgono 25 miliardi di euro. E già martedì scorso il commissario al Bilancio Hahn aveva confermato al Parlamento europeo la sua fiducia sulla possibilità che l’Italia avrebbe ricevuto la prima tranche a luglio.
Il nodo da sciogliere, però, riguarda le modalità con cui il piano italiano sarà promosso. Rischia di riproporsi infatti il solito scontro tra “falchi” e “colombe”. La Commissione approverà sì la sua proposta da trasmettere all’Ecofin, cioè il gruppo dei ministri delle Finanze. Ma questo primo documento può essere licenziato in due modi: con una “procedura scritta” o con un confronto vero e proprio all’interno del collegio della Commissione. La prima modalità eviterebbe una discussione politica. L’altra invece rischierebbe di aprirebbe un dibattito sul “caso Italia”.
Anche perché il via libera, oltre alla proposta della Commissione da trasmettere all’Ecofin, sarà comunque accompagnato da altri due documenti. Uno riguarda i target fino al 2026, con l’indicazione di correggere la road-map temporale delle riforme, richiamando l’attenzione ad alcuni dettagli che riguardano la riforma della giustizia civile e fallimentare, la pubblica amministrazione e le norme che disciplinano gli investimenti. Una sollecitazione che il governo italiano sta aspettando senza timori perché consentirà a Palazzo Chigi di avere un’arma in più nel dialogo con i partiti della maggioranza.
Il secondo documento sarà uno “statement of work”, una sorta di punto della situazione molto simile alle raccomandazioni già diffuse dalla Commissione, contenente un richiamo alla necessità di ridurre il nostro debito pubblico e al rispetto futuro del Patto di Stabilità, con riferimenti anche alla sostenibilità del mercato del lavoro e alla necessità di far crescere la produttività.
Elaborazioni – fa notare Repubblica – che però potrebbero riaccendere gli animi. Il Parlamento europeo, su richiesta del popolare tedesco Weber, lo scorso martedì ha discusso la necessità che gli eurodeputati fossero messi in condizione di giudicare i Pnrr nei dettagli e non solo nelle linee guida. Una ipotesi che farebbe scendere in campo i Frugali del Nord Europa.
E così Ursula Von der Leyen si è precipitata in aula per intervenire, cercando di evitare potenziali incidenti che avrebbero esacerbato la situazione. Certe attenzioni, peraltro, non riguardano solo l’Italia. La Francia, ad esempio, è stata invitata più di una volta a inserire nel Pnrr una riforma più incisiva delle pensioni.