«Non si cambia il Paese senza il mondo del lavoro». Il leader della Cgil Maurizio Landini dalle colonne della Stampa lancia un messaggio al premier Mario Draghi: «Il governo accetti di confrontarsi con noi su tutte le riforme. Il coinvolgimento preventivo delle parti sociali deve diventare un vincolo, il lavoro delle persone deve essere una priorità della politica o sarà rottura sociale». Dal fisco alle pensioni, dagli ammortizzatori sociali alla pubblica amministrazione, «abbiamo le nostre proposte e devono tenerne conto», avverte. «Il lavoro deve tornare al centro, se questo non avviene si mobilita il Paese».
Landini torna sul tema dello sblocco dei licenziamenti. Draghi ha trovato una mediazione tra le richieste del sindacato e quelle di Confindustria nel decreto sostegni bis. Ma ora Matteo Salvini, dopo che i leghisti hanno accusato Orlando di una «imboscata» per la miniproroga al 28 agosto (poi cancellata), dice di voler parlare con il segretario del Pd Enrico Letta per prolungarlo. «Io dico che lo sblocco dei licenziamenti deve essere parte di un processo complessivo: va anche bene l’idea di riconvertire i lavoratori, ma non bisogna lasciare sole le persone», spiega Landini. «Se, in un momento come quello che stiamo vivendo, si mandano via i lavoratori dalla sera alla mattina, c’è il rischio di generare rabbia sociale. Prima discutiamo bene le scelte, diamoci gli strumenti per affrontare la situazione, definiamo percorsi di politiche attive: con quali forme assumiamo questi lavoratori?».
La battaglia ora si sposta in Parlamento per la conversione in legge. «Con il Pd abbiamo già fissato un incontro per affrontare la questione. Non faccio distinzioni e non metto bandierine, ognuno deve dire cosa vuole fare», dice Landini riferendosi alla incursione di Salvini sul tema. «Noi diciamo: allunghiamo il blocco dei licenziamenti e avviamo la riforma degli ammortizzatori sociali».
E se il confronto non si riapre, «non escludiamo nulla, faremo assemblee con i lavoratori, coinvolgeremo tutti. Di certo, non è un problema economico, visto che le risorse per la cassa integrazione Covid sono state usate solo per il 50%. Se aprono come hanno fatto sul tema degli appalti bene, altrimenti valuteremo le iniziative più opportune».
Landini torna a chiedere anche un maggiore coinvolgimento nella governance del Piano di ripresa e resilienza. «Non ci soddisfa pienamente: va bene la cabina di regia alla presidenza del Consiglio, elemento centrale che governa il piano, ma noi abbiamo chiesto di coinvolgere le organizzazioni sindacali nel processo decisionale e la possibilità di confronti permanenti con i singoli ministeri, per entrare nel merito dei progetti», spiega. «In generale, il punto è che non possono convocarci perché facciamo casino, come sugli appalti, ma deve diventare una regola per tutte le riforme: mi devi ascoltare prima e tenere conto del mio pensiero. Non ci deve essere la preoccupazione che se arriva sindacato poi non si risolvono problemi, si può fare presto e bene anche con il nostro contributo. Il lavoro deve tornare al centro, se questo non avviene si mobilita il Paese».
Poi commenta la sentenza sull’ex Ilva. «Come noto, noi della Cgil ci siamo costituiti parte civile di questo processo, abbiamo sempre pensato che la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini venga prima del profitto e del mercato. E abbiamo sempre denunciato ciò che l’azienda dei Riva non aveva fatto, le responsabilità su troppi ritardi e furbizie», dice. E sulla condanna a Vendola resta cauto: «È una sentenza di primo grado, penso non si possa mettere sullo stesso piano l’azienda e gli ex amministratori di Regione e Provincia, che comunque hanno combattuto per cambiare le cose. Ho rispetto per la sentenza, ma anche per chi si sente penalizzato dalla decisione dei giudici.
Ora, spiega, «serve un’operazione che dia prospettiva e, con i finanziamenti europei e gli obiettivi sulla decarbonizzazione, ci sono condizione nuove da sfruttare».