Giù le tasse del ceto medioCome la riforma fiscale produrrà crescita economica semplificando il sistema tributario

Dal taglio dell’Irpef alla revisione dell’Iva, fino al superamento dell’Irap. Il presidente della commissione Finanze della Camera, Luigi Marattin (Italia viva), descrive i punti salienti del documento che servirà da indirizzo politico al Governo per la legge delega da approvare entro il 31 luglio

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«Nell’autunno 2020 abbiamo individuato un problema in un sistema fiscale vecchio di mezzo secolo, così abbiamo ascoltato, studiato e dibattuto per sei mesi e alla fine siamo arrivati, certo non senza fatica, ad un documento di indirizzo condiviso». È il commento del presidente della commissone Finanze della Camera, Luigi Marattin (Italia viva), all’indomani dell’approvazione del documento che delinea la riforma fiscale.

Le commissioni di Camera e Senato hanno dato il via libera a quello che di fatto è ancora solo un atto di indirizzo: secondo il cronoprogramma adesso il governo Draghi dovrà approvare una legge delega entro il 31 luglio, facendo i conti con le risorse a disposizione per attuare la riforma.

I partiti hanno trovato l’intesa mercoledì sera, poco dopo le 21, come risultato di 6 mesi di lavoro (gennaio-giugno) e 61 audizioni svolte.

Il documento conclusivo è un testo di 23 pagine che vede tra i punti fondamentali l’abbassamento dello scaglione Irpef tra 28mila e 55mila euro, una riduzione delle tasse sul lavoro, l’abolizione delle “microtasse” e la riduzione dell’Iva.

Il documento è articolato in due capitoli. Nella prima parte sono indicati gli obiettivi: crescita dell’economia e semplificazione del sistema tributario. La seconda parte invece riguarda le misure riguardanti i principali segmenti del nostro sistema tributario, dall’Imposta sui Redditi delle Persone Fisiche fino alla tassazione di impresa, dall’Imposta sul Valore Aggiunto al trattamento fiscale dei redditi finanziari, passando per le specificità proprie del mondo del lavoro autonomo e per le tematiche connesse al potenziamento della lotta all’evasione fiscale e al miglioramento del rapporto tra fisco e contribuente.

«Il problema principale dell’economia italiana, da cui derivano molte delle altre criticità, è un tasso di crescita del Pil sostanzialmente inferiore a quello dei paesi dell’area-euro», si legge nel testo. Nel ventennio 1999-2019 il tasso di crescita annuale medio del Pil reale in Italia (0,46%) è stato inferiore a quello dell’area euro (1,46%). Tutte le analisi macroeconomiche, si legge ancora nel documento, concordano nell’includere il mal funzionamento del sistema fiscale tra le principali determinanti del nostro problema di crescita.

Ci sono almeno tre dimensioni dell’attuale sistema tributario che sono un ostacolo per una crescita economica sostenibile: il peso sui fattori produttivi, il ruolo delle aliquote marginali effettive e la complessità del sistema fiscale.

La riforma, dunque, parte da una sforbiciata allo scaglione centrale dell’Irpef – quello che colpisce il ceto medio – proponendo un abbassamento dell’aliquota media nella fascia di reddito 28mila-55mila euro; il superamento dell’Irap, che dovrebbe essere assorbita nei tributi attualmente esistenti; la rateizzazione anche per il secondo acconto delle imposte sui redditi.

«Superamento dell’Irap, ridisegno della struttura dell’Irpef, introduzione dell’IRI per gli utili non distribuiti delle realtà imprenditoriali di dimensioni minori, migliorare la tassazione che incide sull’allocazione del capitale, semplificare e codificare il sistema fiscale. Sono tutti aspetti che riducono il peso del fisco sui fattori produttivi e ne aiutano una loro allocazione meno distorsiva. Quindi, per definizione, favoriscono la crescita», spiega Marattin.

Particolarmente interessante il capitolo “microtasse”: si tratta di una gran quantità di imposte che portano allo Stato un gettito pari allo 0,01% del totale, mentre per i cittadini significano solo maggiori preoccupazioni e più scadenze da rispettare.

Delle oltre 100 imposte presenti in Italia, le 10 più importanti – tra queste Iva, Irpef, Irap, Imu – producono il 90% del gettito. Secondo l’Osservatorio dei Conti pubblici della Cattolica ci sono almeno 19 microtasse da abolire: tutte insieme producono un gettito di appena 685 milioni di euro. Tra queste, la tassa sulla raccolta dei funghi, l’imposta regionale sulla benzina, i diritti di archivi notarili, il tributo speciale di discarica, il Superbollo, la tassa di laurea, le tasse di pubblico insegnamento, l’imposta sugli intrattenimenti.

C’è solo un modo per semplificare questa selva di tributi, spiega Marattin: «Abolendoli. Perché si tratta di tasse dal gettito talmente irrisorio che il costo della riscossione è quasi maggiore del gettito che raccolgono. Ma sulla semplificazione prevediamo anche molto altro».

In generale, la riforma dovrebbe semplificare il sistema fiscale a partire da quattro punti fondamentali: oltre alla la cancellazione di tributi minori c’è la codificazione delle norme fiscali, l’elevazione al rango costituzionale di alcune parti dello Statuto del contribuente, e l’avvicinamento tra bilancio fiscale e bilancio civilistico.

Il documento propone anche una riforma sul fronte della tassazione “green”. «È uno dei temi che ci ha impegnato di più nelle ultime ore. Era forte la contrapposizione tra chi vuole usare il fisco come leva potente per la transizione ecologica e chi ha paura che questo impatti in maniera troppo brusca su alcuni settori. Abbiamo trovato un accordo tra queste due posizioni estreme, rendendo centrale il ruolo degli incentivi ai comportamenti virtuosi (ad esempio aumentando la detraibilità dell’IVA per tutti i veicoli a basse emissioni), prevedendo una riduzione graduale dei sussidi dannosi ma assicurando che nessuno sia lasciato solo (e tartassato) nel cammino della riconversione ecologica», aggiunge Marattin.

C’è infine una valutazione politica di questa riforma. «Abbiamo voluto dimostrare che il dibattito tra le forze politiche non deve necessariamente essere il luogo dell’approssimazione, della contrapposizione a priori e, se permette il termine, della “caciara”. Una concezione che, se resa permanente, sarebbe pericolosa per la stessa tenuta della democrazia, semplicemente perché prima o poi a qualcuno verrà voglia di pensare che se ogni cosa che arriva nell’agone politico finisce in caciara, forse è meglio che le decisioni serie vengano prese altrove. È il merito è di tutte le forze politiche, nessuna esclusa, che hanno saputo accettare la sfida e lavorare con costanza e impegno. A loro tutti – oltre che al collega Luciano D’Alfonso, presidente della Commissione Finanze del Senato – va il mio più sincero ringraziamento».

Ma non solo. Il testo è stato approvato da tutti i partiti, tranne Fratelli d’Italia, che ha votato contro, e LeU che invece si è astenuto. «Si tratta di forze politiche che hanno partecipato attivamente ai lavori delle commissioni, a loro – se possibile – va un ringraziamento ancora maggiore. Alla fine non hanno ritenuto di poter condividere (perlomeno integralmente) l’impostazione, e in fondo se ci pensate è normale. Di solito una cosa che ha il 100% di consensi è una banalità assoluta. Noi abbiamo cercato di dire delle cose concrete, e abbiamo ottenuto un consenso di più del 90% delle forse rappresentate in parlamento. E mi creda, non è stato proprio facile».

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