«Io ho chiesto a tutti di partecipare e a Nicola Zingaretti di organizzarla», puntualizza Carlo Calenda a chi obietta che l’annunciata manifestazione sì vax dell’11 settembre (che data!) sia una forzatura a tutto vantaggio del candidato di Azione a sindaco di Roma. Deve essere una cosa unitaria, insomma. Aperta a tutti. Paradossalmente rivolta anche a una nì vax come Virginia Raggi e a un boh vax come Enrico Michetti, il candidato sponsorizzato da una Giorgia Meloni abbastanza scatenata nel corteggiamento dei no vax. Un tentativo di snidare i concorrenti. Ma soprattutto di reagire a un certo andazzo degli ultimi giorni.
«Attenzione, perché qui il 90 per cento si sta arrabbiando», dice Marco Bentivogli, leader di Base Italia, che, come Carlo Cottarelli, ha prontamente raccolto l’appello di Calenda. In effetti, a dettare l’agenda, come si dice in gergo, sono solo i variopinti no vax e i loro sostenitori più o meno diretti: è ancora fresca la polemica sulle parole di Maurizio Landini che, in sostanza, rappresentano un’abdicazione al dovere della Cgil di indicare con nettezza la scelta di vaccinarsi, o almeno così è suonata alle orecchie di milioni di lavoratori che non hanno compreso dal loro segretario cosa bisogna fare.
A far traboccare il vaso, poi, ci si è messo l’accordo sulla scuola – repentinamente smentito dopo l’ondata di sdegno – che avrebbe previsto i tamponi gratis per i docenti no vax, un’aberrazione che è durata lo spazio di qualche ora ma che la dice lunga sulle contraddizioni anche di settori di governo e sulla subalternità ai voleri di un certo sindacalismo. Italia viva condivide la proposta-provocazione di Calenda. La destra tace, ed era prevedibile.
Ma il punto è il Pd. Si attende ora una risposta ufficiale di Roberto Gualtieri e una presa di posizione del Nazareno. Qualcuno è interessato alla cosa ma quello che trapela è un chiaro nervosismo per una sortita, quella di Calenda, che appare come una iniziativa propagandistica di parte che non produce certo un aumento dei vaccinati – è il ragionamento dei gualtieriani – rischiando anzi di rendere “antipatici” i vaccini a chi la pensa diversamente dai candidati promotori della manifestazione.
Insomma, i dem per ora non aderiscono né sabotano. Ma sono certi che «i vaccini non sono né di destra né di sinistra e dovrebbero essere promossi con campagne non politicizzate, come quella bellissima del governo Draghi con testimonial che parlano a tutti gli italiani». Se questo è il buongiorno, il mattino che il Pd lascia intravedere è piuttosto nuvoloso, ed è difficile capire se senza i dem la manifestazione si farà lo stesso. Il clima elettorale certo non aiuta una iniziativa unitaria: era quello che Calenda voleva?
La questione dei vaccini, dunque, entra in una campagna elettorale indecifrabile e, a quanto pare dagli ultimi sondaggi, aperta a tutte le conclusioni, se è vero che al momento i quattro candidati sono tutti vicini, tra il 20 e il 25 per cento, un andamento deludente soprattutto per Enrico “Chi” Michetti che spera in una volata finale trainato da Giorgia Meloni (ma a lei chi glielo fa fare di mettere il faccino su una sicura sconfitta?), mentre la Raggi pare in qualche modo reggere l’urto degli incidenti da lei stessa creati (come appunto l’incongrua posizione nì vax), e Calenda sembra rosicchiare a destra, avvicinandosi a Roberto Gualtieri: l’uomo che ha tra le mani molto del destino del Partito democratico. Se non ce la facesse, preparatevi alla resa dei conti in casa dem, termine abusato ma in questo caso semplicemente perfetto.