Lo spettro dell’ItaliettaIl lassismo inopportuno del Viminale sul green pass

Il lasciapassare verde è uno strumento imprescindibile per evitare una nuova impennata nei contagi, eppure anche l’ottima ministra dell’Interno Lamorgese è arrivata a dire che ristoratori ed esercenti non devono controllare i documenti d’identità, confondendo ancor di più i cittadini

Pixabay

Non c’è niente da fare, lo spettro dell’Italietta si aggira per il nostro Paese. La grandeur di Tokyo sembra già lontana, per non parlare della notte di Wembley e del pomeriggio di Wimbledon. Ieri persino il Viminale ha sbarellato sulla questione di massima importanza in questa fase, il green pass.

La ministra Luciana Lamorgese, la donna che è riuscita a cancellare le ignominie del suo predecessore Salvini, ieri ha inviato agli italiani un messaggio sbagliato quando ha detto che ristoratori ed esercenti «certo non sono tenuti a chiedere la carta d’identità, faremo una circolare come Viminale per spiegare che non sono tenuti a farlo. Nessuno pretende che gli esercenti chiedano i documenti, i ristoratori non devono fare i poliziotti».

Cosa capisce un cittadino comune? Che nessuno, se non la polizia, ti può chiedere i documenti per una verifica. E quindi puoi anche – in teoria – avere un green pass falso (in teoria mica tanto perché i soliti delinquenti già li vendono a 500 euro), tanto il ristoratore o la cassiera del cinema non ti potrà chiedere la carta d’identità.

Come se tutti noi, varie volte nella vita, non avessimo dovuto tirar fuori la patente per dimostrare che la carta di credito era effettivamente la nostra o quando eravamo ragazzini far verificare la nostra maggiore età se volevamo comprare un liquore.

E infatti la giurista Vitalba Azzollini, che su Twitter non ne fa passare una, ha giustamente fatto presente che «i “verificatori” del green pass possono chiedere il documento di identità di chi lo esibisce in base al Dpcm 17.6.2021, art. 13 c. 4 , in attuazione del d.l. 52/2021, art. 9» che, tradotto per i normali esseri umani, significa che la legge già prevede che i negozianti eccetera eccetera possono chiedere il documento d’identità a chi esibisce il green pass.

Ora, per garantire efficacia alla norma, quel «possono» andrebbe inteso come «debbono», in modo tale da creare un’abitudine: sarà seccante, ma lo è ancor di più abbassare la guardia sui controlli.

Insomma, qui si sta facendo il solito pasticciaccio brutto all’italiana. Siamo a pochi centimetri dal fate un po’ come vi pare.

Si sta sminuendo lo strumento del green pass, il vero punto di forza in una situazione in bilico fra una prima vittoria sul Covid e l’inizio della rivincita contro la variante Delta.

Complice il clima vacanziero particolarmente annichilente per il gran caldo, l’impressione è di un rilassamento generale, reso più preoccupante delle mille scemenze no vax, no tamp e no pass.

L’Italietta che suda sotto gli ombrelloni non va allarmata, pensano evidentemente i governanti. Parliamo di tutto ma non di controlli, meno che mai di sanzioni. E invece ci vogliono controlli, documenti, senso civico, tutto quanto serva a contenere la diffusione del virus. Qui ci vuole lo spirito di Marcell Jacobs, non le solite défaillances umorali e morali. Che poi le abbia il Viminale è davvero una non bella novità.

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