Le cronache degli ultimi giorni offrono un piccolo ma illuminante esempio di cosa significhi esattamente quella sospensione della dialettica politica che tanti nostalgici del precedente esecutivo addebitano all’avvento del governo attuale.
Da un lato Matteo Salvini, ospite del Meeting di Rimini, dichiara candidamente che il reddito di cittadinanza – vale a dire il principale provvedimento economico voluto dai cinquestelle ai tempi del governo con la Lega – è stato un grosso errore, che ha sbagliato a votarlo, lo riconosce, ma adesso bisogna proprio tornare indietro. Dall’altro Pasquale Tridico, che quello stesso governo ha nominato presidente dell’Inps con l’obiettivo di attuare Quota 100 – cioè il principale provvedimento economico voluto a quel tempo dalla Lega – dichiara con non minore candore che per quanto lo riguarda «la fine di Quota 100 non è la fine del mondo».
È evidente anche a un bambino che all’indomani delle prossime elezioni, se leghisti e cinquestelle dovessero trovarlo conveniente, non esiterebbero un minuto a rimettersi insieme e a rifare esattamente le stesse cose, o altre analoghe, di cui eventualmente pentirsi poi. E sarebbe strano il contrario, considerando che i primi sono entrati in parlamento su posizioni no euro e filoputiniane per ritrovarsi oggi a sostenere un governo dichiaratamente europeista e atlantista, e i secondi pure.
È dunque lecito domandarsi quale sarebbe esattamente la dialettica politica che l’avvento del governo Draghi avrebbe sospeso, e se non sia piuttosto la deriva populista ad avere sospeso, prima ancora che la dialettica politica, la dialettica tout court, con l’abolizione del principio di non-contraddizione e l’edificazione di un nuovo discorso pubblico fondato sul nonsense (con l’attiva partecipazione di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, altamente concorrenziali su questo terreno).
Non tedierò a questo punto il lettore con l’interminabile elenco di tutte le posizioni autocontraddittorie o semplicemente insensate assunte dai populisti dei vari schieramenti negli ultimi tempi, anche sulle questioni più delicate – letteralmente vitali – come vaccini e green pass.
Di recente Meloni è arrivata a mettere in dubbio la stessa efficacia dei vaccini contro il contagio, alimentando sfiducia e diffidenza sulla base di pseudo-argomenti e paralogismi ampiamente smentiti dalla realtà, in cui è sempre più difficile distinguere l’ignoranza dalla malafede, ma anche la maggioranza dall’opposizione, perché quegli stessi pseudo-argomenti si possono leggere ogni giorno sul Fatto quotidiano, organo ufficiale del contismo.
Il punto è che un confronto politico in cui non viga il principio di non contraddizione è come una partita di tennis in assenza di gravità. Chi abbia davvero a cuore le sorti della democrazia e del dibattito pubblico, invece di lamentarsi per la presunta sospensione della naturale dialettica tra gli schieramenti, dovrebbe dunque cogliere l’occasione per sforzarsi di rifondarla su basi più solide e razionali, che è poi la vera grande chance che il governo Draghi offre oggi a riformisti e liberali di destra e di sinistra, e prima di tutto al Partito democratico di Enrico Letta.
Il quale da parte sua, come ha dimostrato al Meeting di Rimini parlando di norme antitrasformiste e collegi uninominali, appare fermamente intenzionato a non coglierla.