Nuovi leoniPerché la resistenza afghana chiede aiuto alla Francia

La richiesta proviene da Ahmed Massoud, figlio del celebre Ahmad Shah Massoud, che ha deciso di portare avanti la battaglia del padre contro i talebani asserragliandosi in una valle quasi imprendibile. Ma per riuscirci ha bisogno di aiuto, anche internazionale

AP Photo/Jalaluddin Sekandar

Mentre dall’aeroporto di Kabul arrivano immagini di cittadini disperati in cerca di una via di fuga da un Paese finito nuovamente nelle mani dei talebani, nella valle del Panjshir c’è ancora chi resiste all’avanzata degli studenti coranici.

Ex guerriglieri e membri delle forze di sicurezza del governo appena caduto si sono radunati a nord della capitale afghana per dar vita al Fronte di resistenza nazionale, un movimento guidato dal giovane Ahmed Massoud e a cui si è di recente unito anche il vicepresidente Amrullah Saleh. Le possibilità di resistere del movimento, però, sono sempre più esigue a causa dell’isolamento a cui i talebani hanno condannato la valle del Panjshir.

Massoud tuttavia è deciso a non arrendersi e ha rivolto un appello alla Francia per ricevere quegli aiuti di cui lui e i suoi uomini hanno sempre più bisogno. Facendo leva sulla fama di cui il defunto padre, noto come il leone del Panjshir, gode tutt’oggi a Parigi.

Chi è Ahmed Massoud
Trentadue anni, figlio del leggendario Ahmad Shah Massoud, il capo della nuova resistenza contro i talebani ha vissuto nel Regno Unito fin dall’assassinio del padre, ucciso da due miliziani di al-Qaeda il 9 settembre 2001, pochi giorni prima dell’attacco alle Torri Gemelle che diede il via alla guerra in Afghanistan. Massoud ha studiato a Londra presso l’accademia militare di Sandhurst, si è laureato al King’s College e ha continuato a vivere all’estero fino al 2016, anno in cui ha deciso di fare ritorno in Afghanistan.

Una volta tornato in patria, Massoud ha iniziato a raccogliere intorno a sé uomini fedeli alla sua famiglia per far fronte alla minaccia dei talebani, arrivando a formare un movimento a cui aveva inizialmente dato il nome di Seconda resistenza in onore del padre.

Il leone del Panjshir si era infatti distinto per aver combattuto contro i sovietici prima e contro i talebani poi, ponendosi alla guida di quella che sarebbe stata l’Alleanza del nord e diventando così una figura leggendaria – nonché controversa – sia in Afghanistan che all’estero. Ora Massoud è pronto a seguire le orme del padre e a «difendere l’ultimo bastione dell’Afghanistan libero insieme ai miei miliziani», come da lui stesso dichiarato in un articolo uscito sul Washington Post il 18 agosto.

La resistenza però non può farcela da sola. I combattenti al momento sono asserragliati nella valle del Panjshir, nota per non essere mai caduta nelle mani dei sovietici né dei talebani, e si trovano tagliati fuori dalle linee di rifornimento con il vicino Tajikistan, indispensabili per ricevere cibo, armi e munizioni. Per cercare di aggirare il problema, Massoud ha deciso di rivolgersi alla Francia, un Paese in cui il nome del padre ha ancora una certa importanza.

I rapporti con Parigi
Da giovane, il padre dell’attuale leader della resistenza aveva studiato in Francia e il suo personaggio è diventato particolarmente popolare nel Paese grazie ad un documentario uscito nel 1998 in cui veniva raccontata la sua battaglia contro i talebani. Solo pochi mesi fa si è tenuta a Parigi una cerimonia per l’intitolazione di una via degli Champs Elysées ad Ahmed Shah Massoud a cui hanno preso parte il figlio, il presidente francese, Emmanuel Macron, e la sindaca Anne Hidalgo.

Come scrive Politico, per Massoud è quindi naturale cercare aiuto in Francia, anche grazie all’aiuto offertogli dal giornalista Bernard-Henri Lévy, che il 21 agosto ha pubblicato un’intervista a Massoud sul Journal du Dimanche. Il giovane combattente ha definito la Francia la sua ultima risorsa nella lotta contro i talebani e chiesto ai governi stranieri di inviare alla resistenza le risorse di cui hanno bisogno per continuare a combattere.

In un secondo appello alla Francia, Massoud era anche arrivato a paragonare la situazione in Afghanistan con quella dell’Europa nel 1940, chiedendo nuovamente ai francesi di unirsi a loro «nello spirito o con un sostegno diretto». Lo stesso appello è stato fatto a metà mese dalla sindaca di Parigi, che in un editoriale pubblicato sul giornale Le Monde ha chiesto alla Francia di sostenere attivamente Massoud e il suo movimento di resistenza contro il regime del terrore dei talebani.

Resta difficile capire che tipo di sostegno Parigi sia effettivamente disposta a dare al giovane Massoud. Le risposte date a Politico dal portavoce dell’Eliseo e dal ministro degli Esteri sono state piuttosto vaghe, mentre il portavoce di Massoud non ha rilasciato alcun commento in merito.

Secondo diversi analisti, il governo francese sarebbe poco propenso ad intervenire in una situazione così delicata armando una milizia che potrebbe contribuire a destabilizzare ulteriormente il Paese. Ma alcuni sospetti su un possibile aiuto francese, secondo Politico, rimangono. Le intelligence di Parigi sono da tempo in contatto con Massoud e lo hanno spesso descritto come una preziosa fonte di informazioni da utilizzare dopo il ritiro delle truppe internazionali dal Paese, rafforzando ulteriormente i rapporti con il capo della resistenza.

Va poi considerato che una simile fornitura di aiuti militari non potrebbe essere fatta alla luce del giorno, soprattutto adesso che i talebani si apprestano a governare il Paese, per cui la Francia potrebbe sostenere Massoud senza che l’opinione pubblica ne venisse immediatamente a conoscenza.

Ciò che è certo è che il tempo stringe e che senza un aiuto concreto in breve tempo anche quest’ultima resistenza ai talebani verrà spazzata via.

X