Già giudicare la recrudescenza no vax e la confusione boh vax come effetti socialmente collaterali della pandemia sarebbe un esercizio di cattiva coscienza. Ben prima dell’arrivo del Covid l’antagonismo vaccinale – di destra e di sinistra, naturistico e ideologico – galvanizzava contro la dittatura di Big Pharma minoranze rumorose e influenti, di cui divenne principale ricettacolo, ovviamente, quella discarica indifferenziata del “voto contro” congegnata da Casaleggio senior. Ne tengano conto Enrico Letta, Roberto Speranza, Dario Franceschini, Andrea Orlando e tutti i sostenitori dell’accordo strutturale PD-M5S come alleanza dei responsabili contro il Covid e contro le destre antivacciniste.
In quell’antagonismo si cumulavano paure e pregiudizi non solo scientifici, ma anche politici e l’asserita correlazione tra vaccinazioni e malattie – dall’autismo alla leucemia – appariva il corollario logico della correlazione (e subordinazione) delle decisioni di sanità pubblica agli interessi delle multinazionali del farmaco. C’è poco da stupirsi se, decomponendosi, i rifiuti tossici dei Vaffa Day e degli spettacoli politici di Beppe Grillo siano percolati nelle menti e nei sentimenti dell’opinione pubblica, visto che un italiano su tre nel 2018 ha votato per il M5S.
Ad armare però la diffidenza contro i vaccini non è stato solo il pregiudizio anti-scientifico, ma anche un’immagine paternalistica e propagandistica del metodo e della razionalità scientifica, contrabbandata dai media e dalla politica mainstream. Nel discorso pubblico, il termine scientifico è ormai politicamente usato come sinonimo di “indiscutibile” e “vero”. Non per indicare la corrispondenza di un’ipotesi con i risultati di una sperimentazione, che è scientifica proprio perché è discutibile e confutabile e dunque può essere dimostrata come falsa da un’ulteriore verifica.
Dall’inizio della pandemia sentiamo politici invocare una parola “definitiva” della scienza e così replicare e diffondere il duplice errore di considerare la razionalità delle decisioni pubbliche, ad esempio nelle strategie e nelle campagne vaccinali, come espressione di un sapere disciplinare e settoriale e di pretendere dalla scienza la rivelazione dell’essenza (e quindi della prevedibilità) dei fenomeni naturali, anche di quelli, come il nuovo coronavirus SARS-CoV-2, mai in precedenza apparsi sulla scena del mondo.
Anche questa ingenua e vetero-positivistica fede scientista è decisamente antiscientifica e suscita aspettative sbagliate. Se la scienza è tale se supera l’incertezza, allora la permanenza dell’incertezza priva di fondamento scientifico un trattamento sanitario e di fondamento razionale una decisione politica. Se niente è al cento per cento sicuro, niente è scientifico e tutto è arbitrario.
Questa idea del sapere scientifico come garanzia dell’effetto di una scelta individuale o collettiva (vaccinarsi o no, imporre direttamente o indirettamente un obbligo in ordine alle vaccinazioni) è stata purtroppo alla base di campagne di comunicazione sostanzialmente miracolistiche rispetto all’efficacia dei vaccini. Ora arriva il conto. La mancata scomparsa del Covid – che era stata implicitamente promessa per incentivare l’adesione alla campagna vaccinale – accresce la confusione dei confusi e gli argomenti retorici degli impresari del caos. Mi sono vaccinato, ma mi posso ammalare… Anche se sono vaccinato, posso contagiare… Quindi, il vaccino non funziona. Invece il vaccino funziona perfettamente, ma fuori dallo schema assoluto e scientisticamente superstizioso in cui era stata prima raccontata e ora viene contraddetta la sua efficacia.
Un concetto assolutistico della scienza ha strutturato anche un uso ideologico del principio di precauzione: non come riserva relativa all’utilizzo di conoscenze non consolidate, ma come riserva assoluta all’accettazione di verità non definitive. Anche in questo caso, il Covid non rappresenta l’inizio di nulla, ma una tappa di questo processo di analfabetizzazione politico-scientifica dell’opinione pubblica.
Sulla base di questo principio di precauzione, ad esempio, gli italiani e la grande parte degli europei si sentono da decenni raccontare che gli ogm non sono sicuri perché non è stata dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio la loro innocuità, quando tutto quello che la scienza può provare a dimostrare – e finora non c’è riuscita – è un rapporto causale tra l’uso alimentare (e non alimentare) degli ogm e i danni alla salute umana. La scienza non dimostrerà mai che gli ogm “non fanno male”. Potrà dimostrare solo, sulla base di risultati sperimentali, che “gli ogm fanno male”, ma fino a che non lo farà… gli ogm non fanno male. Abituati a pensare il contrario sugli ogm, molti cittadini finiscono per pensare lo stesso anche sui vaccini. Un autoriciclaggio del pregiudizio.
Tutto ciò dovrebbe suggerire una certa prudenza non rispetto all’implementazione della campagna vaccinale, che più procede spedita meglio è, ma rispetto alla tentazione di liquidare come scemenze e combattere “militarmente” (con obblighi vaccinali generalizzati) i dubbi e le perplessità dell’opinione pubblica. Questi, infatti, oltre alle profezie delle fattucchiere no vax, purtroppo riflettono e ovviamente distorcono anche l’incertezza della cosiddetta scienza ufficiale, l’idea metafisico-religiosa del sapere scientifico, l’inefficacia di campagne di comunicazione contraddittorie e anni e anni di uso politico-ideologico del principio di precauzione, non solo in ambito sanitario.