Viktor Orbán come punto di riferimento per la destra conservatrice degli Stati Uniti. Sembra una parabola impossibile, ma secondo quando ricostruito dal Washington post la frangia nazionalista e populista resa popolare da Trump e alimentata da una cricca di esperti e politici – che si stanno impadronendo del Partito Repubblicano – riconosce nel primo ministro ungherese un modello politico.
Per esempio: il conduttore di Fox News Tucker Carlson – probabilmente la voce più influente della destra americana – è in Ungheria. Da lì dovrebbe tenere una conferenza legata al movimento politico di Orbán. «Carlson è diventato la “voce del risentimento bianco” negli Stati Uniti, il più noto sostenitore di un marchio di politica di estrema destra formato da politici anti-immigrati e scettici nei confronti del libero scambio e del potere aziendale (tranne, ovviamente, quando si adatta ai loro interessi politici)», spiega il quotidiano.
Nel suo programma, Carlson ha spesso celebrato Orbán per aver difeso i suoi connazionali dai presunti pericoli dei migranti musulmani e dei tecnocrati di Bruxelles. «I leader ungheresi si preoccupano davvero di assicurarsi che il proprio popolo prosperi», ha detto Carlson nel 2019, riferendosi agli sforzi di Orbán per incentivare le famiglie ungheresi ad avere più figli. «Invece di promettere la ricchezza della nazione a ogni immigrato illegale dal Terzo Mondo, stanno usando i soldi delle tasse per elevare la propria gente».
Il nuovo filone trumpiano è un tipo di nazionalismo spesso religioso e implicitamente razzista, spinto da un sentimento di repulsione verso le minacce percepite del multiculturalismo, del femminismo, dei diritti Lgbt e del liberalismo.
In Orbán, quindi, Carlson e altri come lui «hanno negli ultimi anni trovato sia uno spirito affine che un campione pionieristico. Il dominio illiberale del primo ministro ungherese in patria è pari alla sua capacità di inimicarsi i liberali all’estero, in particolare le élite politiche al timone dell’Unione Europea», si legge.
L’ex consigliere di Trump Steve Bannon una volta ha definito Orbán come «Trump prima di Trump». Ovviamente non si fa mai caso alla natura dittatoriale di Orbán e alle sue contestabili ingerenze nei media e nella magistratura. Al contrario, come un certo numero di governi statali repubblicani negli Stati Uniti, Orbán ha cercato di rendere l’istruzione ungherese più “patriottica”.
E poco importa se «il parlamento ungherese ha recentemente approvato una legislazione anti-Lgbt e Orbán ha messo in campo spyware di livello militare per intercettare i telefoni di giornalisti indipendenti e dissidenti». Quello che la destra statunitense sta cercando di far emergere è un Paese ordinato e sano. «L’orbanismo sarà quasi certamente presentato non come un pericolo per le tradizioni americane, ma come la sua salvezza», ha osservato il giornalista Philip Bump.
Il conduttore di Fox News non è certo l’unico americano di destra che punta all’esempio di Orbán. L’influente commentatore Rod Dreher si è trasferito a Budapest all’inizio di quest’anno dopo aver propagandato l’Ungheria come una sorta di spazio sicuro per ospitare gli americani di destra che cercano disperatamente di sfuggire al liberalismo.
Insomma, l’Ungheria è vista come un oasi felice, libera dal giogo dei burocrati europei. Peccato che il Paese di Orbán viene sostenuto dai sussidi dell’Ue, e il suo governo va alla ricerca di prestiti cinesi.
«Un tale contesto, ovviamente, non sembra più così estraneo agli Stati Uniti, dove Trump e una miriade di legislatori repubblicani propagano falsità sulla loro sconfitta alle ultime elezioni presidenziali e tentano di mascherare o giustificare l’assalto del 6 gennaio al Campidoglio degli Stati Uniti», sottolinea l’articolo.
Nel frattempo, in Ungheria, i partiti di opposizione stanno lavorando per formare un fronte unito contro Fidesz il prossimo anno, e abbattere Orbán. La loro offerta insolita è stata annunciata come “l’ultima possibilità” per salvare la democrazia del paese e, potenzialmente, il suo futuro all’interno dell’Unione Europea. «Sappiamo da che parte tiferà Carlson», conclude il quotidiano.