Il possibile governo del rigore L’incertezza del dopo Merkel per la Germania e l’Europa

Il partito socialdemocratico Spd ha vinto le elezioni parlamentari, con il 25,7% dei voti, leggermente davanti ai conservatori della Cdu-Csu, che hanno ottenuto il 24,1%. I Verdi al terzo posto con il 14,8%, seguiti dai liberali di Fdp con l’11,5%, che hanno con tutta la probabilità la golden share del futuro esecutivo. Si affaccia il ritorno del rigorismo di bilancio

(AP Photo/Markus Schreiber)

Brutte notizie per l’Europa e ancor più per l’Italia: il risultato delle elezioni tedesche (secondo i risultati provvisori) impedisce la rapida formazione di un esecutivo a Berlino e la crisi di governo, a detta degli stessi leader della Spd e della Cdu-Csu si trascinerà quantomeno sino a Natale. Il previsto tracollo della Cdu-Csu (dal 32,93% al 24,1%) non si è  infatti concretizzato che in misura insufficiente in uno spostamento di voti a favore della Spd, che recupera il 5,5% e si attesta su un buon 25,7%, insufficiente però a assegnare con certezza la cancelleria a Olaf Scholz.

Oltre alla ipotesi di una nuova Grosse Coalition tra Spd e Cdu-Csu, che pare improbabile per la consunzione della formula, restano sul campo solo due ipotesi forti di governo: una alleanza tra Spd, liberali della Fdp e Grünen (gli unici vincitori netti nelle urne, perché passano dall’8,94% 14,8%) oppure una alleanza tra Cdu-Csu liberali della Fdp (che salgono dal 10,75% all’11,5%) e Grünen (i Verdi tedeschi non hanno nessuna preclusione di principio ad andare al governo anche con la Cdu-Csu, ne fanno solo questione di programma, anche per questo vincono).

Dunque, i liberali hanno con tutta la probabilità la golden share del futuro governo e da qui vengono le cattive notizie per l’Europa e per l’Italia. Infatti, Christian Lindner, leader della Fdp, che non fa mistero di puntare con buone carte al dicastero chiave delle Finanze, rappresenta il più netto rigorismo di bilancio (lo Schwarze Null, zero, nero, nessun debito), in piena sintonia con quella Bundesbank – alleato politico di enorme peso, ovviamente – che scatenò la più dura guerra contro il wathever it takes di Mario Draghi alla Bce.

Il suo motto è nessuna condivisione del debito europeo, quindi nessuna possibilità di replicare in futuro la logica del Next Generation Eu che si finanzia appunto con titoli di debito europei. Non solo, Lindner non fa mistero di volere ritornare alla rigidità del Patto di Stabilità di Maastricht quando, nel 2022, decadrà la sua sospensione dovuta alla crisi provocata da Covid. Nei fatti, l’Europa si troverà nei prossimi anni a convivere con una Germania con due leader deboli, di seconda fila quanto a caratura internazionale (tali sono sia Armin Laschet che Olaf Scholz) e con fortissima vocazione a imporre quella rigidità di bilancio che danneggia tutti i Paesi latini e meridionali (Francia inclusa).

L’unica notizia positiva di queste elezioni viene dal ridimensionamento delle estreme. A destra la Afd perde più di due punti passando dal 12,64% al 10,3% e soprattutto tracolla la Linke che tracolla dal 9,24% al 4,9%, perdendo così ogni chance di essere un interlocutore per un impossibile, ma ipotizzato prima delle elezioni, governo di sinistra-sinistra tra Spd, Grünen e appunto la Linke

Un tracollo al quale farebbe bene guardare il Pd di Enrico Letta con le sue marcate aperture a sinistra. La Linke, infatti, non è un partito di sinistra di tradizione estremista o radicale. È nata con una scissione dalla Spd nel 2007 a opera di un suo ex segretario, Oskar Lafontaine, e – fatto salvo un suo rifiuto dell’atlantismo – si colloca su una linea molto simile a quella di Articolo 1 di Roberto Speranza, e per certi versi anche dello stesso Enrico Letta sui temi dell’immigrazione e “di genere”.

Dunque, nel complesso, un voto tedesco centrista, con taglio delle estreme e con un buon successo dei Grünen che, sommato al recupero della Spd (ben lontana ancora però dal 38,5% del 2001 conseguito da Gerhard Schröeder) marca leggermente, ma molto leggermente, l’assetto dell’elettorato tedesco verso sinistra.

Un dopo Merkel incerto e burrascoso. Per la Germania e quindi per l’Europa.

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