Il tempo scorre, ma l’andatura del Piano nazionale di ripresa e resilienza sembra ancora troppo lenta. Il tabellone segna il raggiungimento di 13 obiettivi, ma entro fine anno bisognerà toccare quota 51, tra riforme e investimenti. Per questo, come emerso dal consiglio dei ministri ieri – con il governo che ha approvato il decreto contro il rincaro delle bollette da 3,4 miliardi di euro – il premier Mario Draghi ha deciso di dare una scossa. Altrimenti la prossima tranche di 24,1 miliardi (dopo l’anticipo di 24,9) prevista per l’inizio del 2022 è a rischio.
Tra i 13 obiettivi centrati, cinque sono investimenti (pari al 21% del totale) e otto le riforme (pari al 30% del totale). Resta un altro pezzo importante di strada da fare, come è scritto nella relazione presentata ieri in consiglio dei ministri dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli e dal ministro dell’Economia Daniele Franco. Che hanno richiamato l’attenzione dei ministri agli impegni da rispettare entro fine anno, evitando ogni ritardo – spiega Il Sole 24 Ore.
La relazione dice che il lavoro di attuazione è stato avviato, ma adesso tutti devono correre. Nel paragrafo tre, in particolare, ci sono i prossimi passi da compiere: tutti i ministeri dovranno mettere a punto – è scritto – «un preciso piano di adozione delle riforme e di compiuta realizzazione degli interventi da attuare entro il 31 dicembre 2021, in modo da consentire un costante monitoraggio delle specifiche tappe da rispettare». Una timeline, quindi, con impegni verificabili passo dopo passo.
Al 22 settembre, secondo la relazione presentata, il più virtuoso sul fronte degli investimenti è il ministero della Giustizia. La Funzione pubblica di Brunetta ha centrato un obiettivo su due. Un solo traguardo raggiunto anche per lo Sviluppo economico di Giancarlo Giorgetti e gli Esteri Luigi Di Maio. Altri nove ministeri, invece, registrano lavori in corso.
Passando alle riforme, si distinguono il ministro Brunetta con tre obiettivi su tre e la ministra per il Sud di Mara Carfagna, che ha completato il lavoro sulle Zes. Il ministero delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili di Enrico Giovannini è a due riforme su cinque, mentre il ministero dell’Università di Cristina Messa e quello dell’Economia devono completare ancora le due riforme previste. Tre riforme da fare aspettano poi sia la Transizione ecologica di Cingolani sia la Giustizia di Cartabia. Lavori in corso anche per la riforma attesa dal ministero del Lavoro di Andrea Orlando e Anpal sulle politiche attive.
Ai ministri si chiede anche «al più presto» una ricognizione di «ulteriori proposte di norme attuative abilitanti ritenute necessarie per proseguire nell’attuazione del Pnrr». La novità è che «a seguito della richiesta di alcune amministrazioni, il governo sta valutando l’adozione di uno o più provvedimenti, nei quali far confluire tutte le norme ritenute necessarie per semplificare e accelerare l’adozione delle misure del Pnrr».
Sarebbe in arrivo, quindi, un nuovo decreto sulle semplificazioni per un ulteriore alleggerimento delle procedure che favorisca il Pnrr.
La prossima settimana, inoltre, si dovrebbe tenere anche la prima riunione della cabina di regia politica. Per questo nella relazione si chiede ai ministeri di «far pervenire nei cinque giorni antecedenti la data di convocazione della cabina di regia» un rapporto che sarà poi illustrato nel corso della riunione. Con lo stato di avanzamento delle riforme e dei progetti che fanno capo all’amministrazione di riferimento, divisi tra 2021 e 2022; l’impostazione che ciascun ministero ritiene di seguire sui principali progetti di competenza; l’individuazione degli ostacoli e delle criticità eventualmente riscontrate sui progetti.
Compiti a casa, insomma. Da fare subito.