Il Recovery Plan destinerà al Mezzogiorno il 40% dei fondi, anziché il 34% già in vigore per legge. Con l’obiettivo di colmare il divario territoriale, anche perché senza il Sud l’intero Paese cresce poco nel complesso. Ma ad alcune Regioni non tornano già i conti. E ora che arrivano i primi bandi su infrastrutture e asili nido, i governatori scoprono che quel 40% viene calcolato non sul totale delle risorse messe a disposizione dall’Europa all’Italia – spiega Repubblica – ma solo su una parte di queste. Ovvero su 206 miliardi «ripartibili secondo il criterio del territorio» anziché 222 miliardi, frutto della somma tra Piano nazionale di ripresa e resilienza più fondo complementare. Al Sud dunque andranno 82 anziché 89 miliardi: meno del 40%. Sette miliardi in meno, che creano malumore tra gli enti locali meridionali.
Il ministro delle Infrastrutture e mobilità sostenibili Enrico Giovannini spiega a Repubblica che il collega dell’Economia, Daniele Franco, ha fatto i conti «in maniera accurata». E anzi, dice, «pensi che dei 62 miliardi assegnati al nostro ministero dal Pnrr circa il 56% andrà alle regioni meridionali». Oltre la metà dei cantieri, insomma.
Ma a scavare nelle sei missioni che compongono il Pnrr, si scopre che solo due missioni rispettano il criterio del 40%, anzi lo superano: Infrastrutture (53%) e Istruzione (46%). Una sola missione – Lavoro e Inclusione sociale – sfiora l’obiettivo, con il 39%. Le altre tre – Digitale, Verde e Salute – sono al di sotto. La media delle sei missioni fa però 40%.
La questione è emersa anche ieri a margine del ministero di Giovannini sul decreto che destina 2,8 miliardi del Recovery a 159 progetti di rigenerazione urbana ed edilizia: il 40% va al Sud, ma nella missione Infrastrutture la percentuale dovrebbe essere del 53%. In ogni caso, si potrà compensare e solo alla fine i conti torneranno. Ma non tutti sono convinti.
La ministra per il Sud Mara Carfagna proprio ieri sottolineava come nella cabina di regia del Pnrr dedicata a Scuola e Università sia stato ribadito «il principio di un 40 per cento dei fondi riservato al Mezzogiorno». Carfagna apre poi a «una verifica degli esiti del primo bando per l’edilizia scolastica», e ringrazia “«i colleghi per aver convenuto sulla linea di assoluta fermezza» relativa a quella quota perché «questo ci consentirà di evitare che si ripeta l’errore di marzo scorso, con il bando di 700 milioni predisposto da chi ci ha preceduto, un bando che vincolava al Sud una quota già bassa, il 34 per cento». La ministra si impegna a capirci di più: «Voglio capire quanto è andato a ogni singola regione meridionale. Se le quote risulteranno inferiori, saranno compensate da future assegnazioni di risorse».
Ma la preoccupazione delle Regioni è che si spaccino per fondi del Pnrr quelle risorse che invece vengono direttamente dai Fondi europei 2021-27 ed erano già destinati alle stesse regioni. Il governatore pugliese Michele Emiliano va dritto al punto: «La quota del 40% al Sud è nel piano approvato dalla Commissione Ue il 13 luglio. Qualunque atto esecutivo del piano deve rispettare quel principio, altrimenti non è rendicontabile alla stessa Ue». Insomma, è scritto nelle carte.
Il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha più volte lanciato un avvertimento: «Sostenere che al Sud è destinato il 40 per cento delle risorse non è fondato. Si arriva al 40 solo tenendo conto del trasferimento di fondi operato a danno del Fondo Sviluppo e Coesione, risorse peraltro già destinate al Mezzogiorno. In ogni caso, sarà un’impresa ardua realizzare le opere previste, se non si opera una sburocratizzazione radicale nelle procedure».
La questione, insomma, non è solo il denaro. Per poter mettere a terra il Pnrr, i comuni del Sud hanno bisogno di tecnici e figure della pubblica amministrazione. Il ministro Giovannini dice che saranno formati 40mila tecnici con la “Pnrr Academy”.