Uno spettro si aggira per l’Europa in vista della stagione invernale: i prezzi dell’energia, che determinano quelli di luce e gas pagati dai cittadini, sono in forte aumento. Il problema riguarda sia i governi nazionali, impegnati a fronteggiare gli aumenti con misure ad hoc, sia l’Unione europea, chiamata da più parti a un intervento comune.
Dall’inizio di settembre il costo di petrolio e gas naturale ha registrato un forte incremento sui mercati globali. L’aumento nei prezzi delle materie prime provoca a cascata quello sui prodotti finali, l’energia elettrica e il metano utilizzati nelle abitazioni. La tendenza è chiara in tutti i Paesi europei, come si evince dal grafico dell’agenzia specializzata EnergyLive, ma varia a seconda del «mix energetico» di ciascuno, cioè dall’impiego delle fonti scelte per produrre energia. I livelli più alti si toccano negli Stati del Sud Europa: in Italia, Spagna e Portogallo i costi sono già oltre i 200 euro per megawattora (MWh).
I rincari sono destinati a salire, ha avvertito di recente l’Agenzia Internazionale dell’Energia, soprattutto se si verificassero «interruzioni impreviste» nelle forniture di gas o forti ondate di freddo, che incrementano la domanda e quindi i costi. Il problema principale è il gas, importato dall’Unione europea per circa il 90% del suo fabbisogno e utilizzato per produrre un quinto della sua elettricità. I prezzi di questo combustibile fossile sono saliti del 170% dall’inizio del 2021, a causa di una combinazione di fattori: la ripresa a pieno regime delle attività produttive, le ondate di calore che hanno innalzato i consumi di corrente per l’aria condizionata prima e quelle di freddo che richiedono più riscaldamento poi. I rifornimenti, nel frattempo, non sono cresciuti: secondo un’analisi del think tank europeo Bruegel, la Russia ha mantenuto limitate le sue esportazioni verso l’Ue, che si trova così in sofferenza. Non è chiaro quanto questa linea poggi su ragioni geopolitiche o semplici interessi di mercato: il sospetto ha portato un gruppo di parlamentari europei a chiedere alla Commissione di indagare sulla condotta della compagnia di gas russa Gazprom, per possibili aumenti ingiustificati dei prezzi.
Pesa in parte sulle bollette anche l’Emissions Trade System europeo (Ets), che per favorire la transizione alle energie rinnovabili stabilisce una tassa sulle emissioni di gas a effetto serra, come quelli generati proprio dalla combustione del gas metano. Il prezzo dei permessi Ets si è impennato di recente, superando i 60 euro a tonnellata, anche a causa delle misure legislative annunciate dalla Commissione per contenere le emissioni. Come ha sottolineato anche il ministro alla Transizione ecologica italiano Roberto Cingolani, tuttavia, questo fattore incide per il 20% circa degli aumenti totali in bolletta, mentre il resto dipende dall’incremento delle materie prime.
Un problema europeo
Nell’attesa di svincolarsi dalla dipendenza dal gas grazie al piano di riconversione del Green Deal, la Commissione europea ha l’urgenza di rispondere alle richieste d’aiuto degli Stati membri, che a loro volta devono fornire energia a buon mercato ai propri cittadini. Per questo il tema è stato oggetto di discussione sia all’Ecofin, la riunione dei ministri dell’Economia e delle Finanze dei Paesi Ue, sia all’incontro informale fra i leader dei 27 Paesi membri tenutosi a Brdo, in Slovenia.
Il commissario europeo Paolo Gentiloni ha annunciato misure «specifiche e temporanee» per fronteggiare l’emergenza, che saranno presentate a breve. La presidente Ursula von der Leyen ha parlato invece di una «riserva strategica» di combustibile da costituire a livello comunitario: l’iniziativa verrà analizzata e dibattuta nei prossimi giorni e potrebbe essere approvata già nel Consiglio europeo del 21 e 22 ottobre.
L’approccio comune a un problema che riguarda, pur in misura differente, tutti gli Stati dell’Ue, è stato caldeggiato in particolar modo dalla Spagna. Il governo di Madrid ha inviato una lettera formale alla Commissione, chiedendo tra le altre cose l’istituzione di una piattaforma europea per l’acquisto del gas, in modo da evitare speculazioni ed eccessive fluttuazioni del mercato. Nel presentare la proposta, la ministra spagnola dell’Economia Nadia Calviño ha fatto espressamente riferimento a quanto accaduto con i vaccini anti-Covid19: un sistema di acquisto e redistribuzione europeo, perché «è meglio parlare con una voce sola piuttosto che con 27, al momento di trattare con i grandi fornitori di energia».
Con sfumature diverse, si sono mostrati favorevoli all’idea di una piattaforma comune anche il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire e il sottosegretario agli Affari Europei italiano Enzo Amendola. In una recente intervista a Bloomberg, la commissaria europea all’Energia Kadri Simson ha invece ipotizzato di compensare i consumatori europei con i proventi dell’Ets: una pratica che forse allevierebbe la sofferenza nel breve termine, ma non supporterebbe la transizione ecologica, a cui sono destinati i fondi del sistema di tassazione delle emissioni.
Aspettando le mosse della Commissione, diverse capitali europee hanno cominciato ad agire per conto proprio. Il consiglio dei ministri italiano ha da poco approvato un decreto legge per compensare i rincari nell’ultima parte dell’anno: tre miliardi di euro in tutto per abbassare l’Iva sul gas, tagliare alcune voci della bolletta e aiutare i nuclei familiari in difficoltà. Un pacchetto di misure per limitare la fattura dell’energia elettrica è stato adottato anche dalla Spagna, mentre il governo francese ha concesso un sussidio da 100 euro a quasi sei milioni di famiglie a basso reddito.
In mezzo a chi cerca disperatamente di abbassare i prezzi al consumo, l’Austria decide invece di tassare i combustibili fossili, per disincentivare soprattutto l’utilizzo delle automobili. Una riforma «eco-sociale» della tassazione annunciata dal cancelliere Sebastian Kurz imporrà da metà 2022 un’imposta di 35 euro per ogni tonnellata di gas a effetto serra prodotto. La scelta, che non ha convinto del tutto nemmeno gli ambientalisti, potrebbe provocare proteste nelle zone meno urbanizzate del Paese, come già successo in Francia con il noto movimento dei gilets jaunes. Evitare che la crescita dei costi in bolletta coincida con l’esplosione di un simile malcontento popolare è oggi la prima preoccupazione dei governanti europei.