Col cuore in manoUniti per il Duomo, con gusto

Chef e aziende vinicole offrono i loro prodotti per sostenere le casse della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, riscoprendo tradizioni antiche di secoli

Difficile immaginare che il vino tutto milanese che arriverà dalla Valpolicella potrà essere consumato gratis. O, più correttamente, a ufo. E tanto meno ipotizzare che produttori e distributori potranno commerciarlo serenamente coperti da una meravigliosa esenzione dalle tasse. Eppure l’idea si affaccia inevitabilmente di fronte alla notizia che il “Vino del Duomo”, un rosso Igt Verona prodotto dall’azienda La Collina dei ciliegi, in Valpatena, sosterrà la Veneranda Fabbrica del Duomo, che da più di 600 anni si occupa della costruzione, dell’ampliamento e della manutenzione della Cattedrale meneghina. Ed è proprio risalendo nel tempo di cinque o sei secoli che possiamo trovare le radici del dubbio (assolutamente infondato) di oggi. Perché la sigla ufo ai nostri tempi viene automaticamente interpretata come acronimo di Unidentified Flying Object (o Unknown Flying Object), ovvero oggetto volante non identificato: simbolo di tutti i più affascinanti misteri del cielo, sinonimo, più nobile e tecnologico, del popolare dischi volanti. Ma non è sempre stato così. Per centinaia di anni, almeno a Milano e dintorni, ad ufo ha significato esentasse, come tutti i materiali necessari alla costruzione del Duomo, che arrivavano in città su carri e soprattutto barconi, mettendo in bella mostra la scritta Ad usum Fabricae. Utilissimo lasciapassare grazie al quale non erano tenuti a pagare dazi e gabelle riservati alle materie prime destinate ad altre costruzioni. Così l’Ad usum Fabricae (la Veneranda, appunto) sintetizzato in a ufo è diventato per i milanesi sinonimo di gratis, di ottenuto senza pagare, magari anche con qualche trucco o furbizia. Quindi: mangiare, bere o assistere a uno spettacolo a ufo, grazie alle astute manovre dello scroccone.

E già che ci siamo c’è un altro classico modo di dire milanese strettamente legato alla Veneranda Fabbrica. Un’espressione che i produttori del nuovo vino sperano vivamente non venga mai utilizzata nei confronti della loro iniziativa. Quando una cosa veniva tirata in lungo senza mai essere completata, il vecchio milanese commentava: la par la fabrica del Domm, sembra la fabbrica del Duomo. Del resto la costruzione della Cattedrale metropolitana della natività della beata Vergine Maria è iniziata nel 1386 ed è proseguita fino ai primi anni del 1800 con il completamento della facciata, per poi continuare con l’aggiunta di statue e guglie. Fino ai giorni nostri. Insomma, una costruzione infinita. Da qui il modo di dire appioppato nel tempo a tantissime realizzazioni, come le linee del metro o gli ampliamenti della tangenziale, tanto per restare ai nostri giorni. Dunque ovvio che dalla Valpatena al centro di Milano tutti si augurino che il nuovo vino sia firmato dalla Fabbrica, ma non ne riproponga le tempistiche. Eppure, il vino è stato scelto proprio per portare nuova linfa economica a questi lavori infiniti, che sempre necessitano di sovvenzioni.

In realtà l’iniziativa solidale della Veneranda Fabbrica del Duomo a distanza di sette secoli riscopre un’altra antica tradizione: quella di utilizzare il vino come fonte di finanziamento per sostenere i restauri della Cattedrale. Il vino del Duomo interpreta l’evoluzione di un mecenatismo virtuoso che, nel XIV secolo, vedeva cittadini e intere comunità consegnare agli officiali della Veneranda Fabbrica, brente di vino (75,55 litri) i cui proventi venivano destinati a coprire le spese di cantiere dell’erigenda Cattedrale.

«La storia del Duomo è fatta di sorprendenti intrecci tra cibo, gastronomia e arte» dichiara Fedele Confalonieri, presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, che continua: «Sui suoi ponteggi, del resto, si viveva e si trascorreva molto tempo. I prodotti della terra, alcune volte, rappresentavano non soltanto un nutrimento per gli operai che qui lavoravano, ma anche una preziosa fonte di ricavo per contribuire alla costruzione della Cattedrale. È il caso del vino: non tutti sanno che, ad esempio, la Veneranda Fabbrica possedesse dei vigneti fin dal XV secolo a Volpedo, la cui uva veniva venduta e i relativi proventi destinati a finanziare il cantiere. Recuperando questa antica tradizione, abbiamo trovato ne La Collina dei Ciliegi un interlocutore sensibile e generoso. In particolare, ringrazio il presidente e amministratore delegato Massimo Gianolli, coraggioso mecenate che ha anche voluto adottare la statua del Gigante 29 che, dallo scorso 4 settembre, è esposta nell’ala nobile della Barricaia». Grazie al sostegno di Generalfinance che ha aderito all’iniziativa di raccolta fondi “Adotta una Statua” della Veneranda Fabbrica, la Collina dei Ciliegi ospita dal mese di settembre una statua del Duomo, quella del Gigante 29.

Per chi vuole acquistare il vino del Duomo, un’elegante bottiglia di Corvina in purezza, con etichetta firmata dal wine designer più premiato al mondo Mario di Paolo, sarà in vendita nei prossimi giorni negli store della cattedrale milanese, presso La Rinascente Milano, negli e-shop del Duomo e de La Collina dei Ciliegi, e sarà, inoltre, il vino del mese di ottobre al Maio Restaurant (terrazza Rinascente Milano) e allo Sheraton Milan Malpensa Airport Hotel.

Solo vino, per aiutare il Duomo? No, anche cibo. Dall’incontro della Veneranda con l’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto (AdG) nasce il progetto Il gusto del Duomo, ancora una volta per sostenere le opere di restauro della Cattedrale. Il progetto si articola in due iniziative: la prima, intitolata “Il Gusto del Duomo. Insieme per il Simbolo di Milano”, consiste nella realizzazione da parte di Ambasciatori del Gusto di alcuni prodotti enogastronomici che, con i loro ingredienti, ricordano la tradizione milanese. La vendita di tali prodotti, nello shop fisico e digitale di Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, contribuirà alla raccolta fondi dell’ente. I primi tre Ambasciatori del Gusto protagonisti del progetto sono Cesare Battisti, Carlo Cracco e Gianluca Fusto che per l’occasione, anche in vista delle imminenti festività natalizie, presentano un trittico d’autore all’insegna della dolcezza: Il Torrone del Ratanà, I Baci di Cracco e i Biscotti di Milano. Cesare Battisti, chef patron del Ratanà e segretario generale degli Ambasciatori del Gusto, spiega come «la storia del torrone, natìo di Cremona, si fonde con quella di Milano. Sappiamo infatti che la storia lo consacra come il dolce preparato a Cremona per il banchetto di nozze di Francesco Sforza con Bianca Maria Visconti. La nostra versione guarda a Milano e ai due suoi ingredienti rappresentativi: il riso, soffiato, e lo zafferano, in pistilli». I Baci di Cracco sono il prodotto icona del laboratorio di pasticceria che sorge nel cuore di Milano: «Nati a Tortona nell’Ottocento furono presentati alla fiera internazionale di Milano nel 1906 – spiega Cracco – vincendo la medaglia d’oro, massimo riconoscimento di pasticceria del tempo». Infine i Biscotti di Milano, «unici nel loro genere – spiega l’Ambasciatore del Gusto Gianluca Fusto – studiati e concepiti per l’apertura della Boutique Laboratorio e per questo rappresentano un connubio speciale con la città, esaltato dalla confezione esclusiva dedicata al Duomo di Milano».

Nelle prossime settimane verranno rivelati i dettagli della seconda iniziativa del progetto, intitolata “Un Piatto per il Duomo. Insieme per il simbolo di Milano”. Una call to action con alcuni Ambasciatori del Gusto e i loro ristoranti impegnati nell’offerta di un piatto solidale che permetterà di ampliare la raccolta fondi e rafforzare la campagna di sensibilizzazione promossa insieme a Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Insomma, ancora oggi, dopo secoli, la fabbrica del Duomo non si ferma.

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