Giorgia Meloni ha un problema, che non è tanto la risaputa presenza di fascistoni nel suo partito, ché questa è cosa nota a tutti, ma piuttosto il fatto che a quanto pare questi fascistoni – patetiche maschere da commedia all’italiana – esprimano dirigenti di primo piano, consiglieri, parlamentari e addirittura eurodeputati. Che gruppi di fascisti veri siano organici e funzionali a Giorgia. E improvvisamente lei è sola in questo cimitero senza luna tra fantasmi e buffoni.
Dice questo il filmato di Fanpage, una piccola parte di un documento di ore sul retrobottega nero di Fratelli d’Italia a Milano, ove si vede che certi trafficoni-fascistoni costituiscono la struttura organizzativa di vari personaggi tra cui il parlamentare europeo Carlo Fidanza, uno molto vicino al nuovo corso di Giorgia. Il quale Fidanza si è autosospeso, mollato dalla Meloni che ora lo considera un dirigente come tanti, manca poco che dica che è una mezza calzetta, peccato che questo sieda al Parlamento europeo (che speriamo chieda conto dei suoi comportamenti, dalle richieste di denaro in nero alle frequentazioni di certa gente).
In una Milano che sembrava Shanghai, magnifica nello svettare dei nuovi grattacieli, si vedono questi personaggi fare il verso alla Milano da bere di quattro decenni fa o a quella gaudente del berlusconismo ma in una versione da rubagalline travestiti da gerarchetti come in certi film comici di terz’ordine, persino il «boia chi molla» scandito da uno di questi figuri fa quasi ridere, altro che la rivolta di Reggio Calabria, altro che Ordine nuovo, altro che Terza posizione, qui siamo davanti a un Bagaglino lugubre che più che paura fa pena.
E tuttavia questo non è ciarpame uscito da qualche baule dimenticato nella cantina di Fratelli d’Italia ma le suppellettili nel salotto di casa, è purtroppo realtà malata ma viva, è qualcosa che appartiene alla dispensa di Giorgia l’Italiana: cibo avariato ma sempre cibo, non mondezza da portare via.
Il fascismo, per quanto parodiato, in qualche modo circola tuttora nelle arterie di quel partito, e questo non è un affare di leggi violate e neppure (solo) di modalità nauseabonde di fare politica, in quanto il tema politico vero è la povertà intellettuale e morale di questi personaggi che – va ripetuto – non sono mele marce od ottantenni nostalgici ma l’archetipo di un certo modo di essere di destra, persino al giorno d’oggi.
Di qui il vero dramma politico di Giorgia Meloni, la cui lunga estate è già terminata, dovendosi mantenere sospesa sul filo tra nostalgia e futuro, la prima scivolosa e penalmente dubbia e il secondo totalmente indefinito: come se dovesse scendere sulla neve senza saper sciare. Hanno impapocchiato questo partito, Fratelli d’Italia, con un balzo all’indietro saltando Gianfranco Fini e ritrovandosi in un lunare panorama almirantiano in versione molto minore, senza uno straccio di classe dirigente che sapesse elevarsi al di sopra della mediocrità di un Fidanza e della sua corte dei miracoli con un Martini in mano e un pensiero a Hitler, e invece si scopre che malgrado i consensi di chi si fida di Fidanza la sfida richiede ben altro che questi meloniani-brava-gente che devono guardarsi dalla ruota che gira e da un passato che non passa.