Il fattore “M” fa capolino nel rush finale della campagna elettorale per le amministrative di domenica e lunedì. Il “fattore M” non circola certo per la prima volta, a volte avvelenandole, durante le competizioni elettorali: certo non può sospendere il suo movimento ma se tre indizi fanno una prova come recita il citatissimo aforisma di Agatha Christie, qui siamo proprio davanti a tre casi.
Questo “fattore M” dove, come avrete capito, “M” sta per Magistratura, in questi ultimi giorni si è segnalata per decisioni formali e per fughe di notizie relative a indagini, e questi episodi sono accomunati dal fatto di riguardare esponenti vicini alla politica, segnatamente a tre leader molto importanti: Matteo Salvini, Matteo Renzi e Giuseppe Conte (qui non si tratta di una vera e propria indagine ma di una segnalazione all’anticorruzione).
Sembra essere stato usato un perfetto bilancino politico ma anche questo deve essere un caso. Per esperienza decennale, quando le pagine dei giornali mescolano politica e cronaca nera c’è da farsi una domanda: siamo agli antipasti di qualche cosa di grosso? In un quadro politico dominato dall’incertezza sulla partita del Quirinale e sul futuro della legislatura (hanno ripreso forza i fautori delle elezioni anticipate), manca solo qualche “bomba giudiziaria” per influire sulla situazione italiana. Si vedrà.
Intanto, ci sono i tre fatti. Ovviamente si tratta di tre situazioni completamente diverse l’una dalle altre e non è il caso di entrare nel merito di ciascuna di esse ma le richiamiamo per completezza d’informazione.
La vicenda più eclatante è naturalmente quella che riguarda Luca Morisi, l’inventore della “Bestia” salviniana, dimessosi da ogni incarico “per motivi familiari” poi integrati, diciamo così, da un’indagine su un presunto possesso di droga e (ma non è chiaro) un altrettanto presunto spaccio della medesima.
L’uomo è politicamente finito e umanamente distrutto dalla Bestia di internet, madre della “sua” Bestia. Morisi si proclama estraneo ai fatti ma si è scusato lo stesso, ha evocato problemi psicologici. La Lega, già in preda a inedite convulsioni, è molto scossa. Finiamola qui, il resto lo dirà la cronaca giudiziaria. In tutto questo, nessuno si è posto il problema di come la notizia di un’indagine sia finita in mano ai cronisti di Repubblica. Come al solito.
Così come ai giornalisti del Domani sono state riferite le notizie di una segnalazione all’antiriciclaggio (che ripetiamo non è l’avvio di un’indagine) di un grande sodale di Giuseppe Conte, l’avvocato Luca Di Donna, per alcuni bonifici sospetti: secondo la segnalazione ci sarebbero molti soldi di provenienza da chiarire legati a complicati giri d’affari in cui si trova l’avvocato che, secondo quanto scrisse Il Fatto, è talmente vicino a Conte che avrebbe dovuto dirigere la scuola di formazione politica del Movimento 5 stelle, uno dei progetti che più stanno a cuore all’ex premier.
Infine, poteva mancare Tiziano Renzi? Certo che no. E così dopo cinque anni di indagini sulla vicenda Consip è giunto tre giorni fa il rinvio a giudizio per il padre di Matteo Renzi a cui è stato contestato solo il reato (uno dei più evanescenti della del diritto penale) di traffico di influenze mentre è stato prosciolto dall’accusa di turbativa d’asta e da un altro episodio di traffico di influenze.
Tutte storie diverse. Il colpo a Matteo Salvini è chiaramente il più duro, sul collega-amico di Conte c’è per ora un polverone potenzialmente tossico, su Renzi una roba ormai stra-digerita dall’opinione pubblica e che rispetto ai tempi in cui Marco Travaglio la giudicava degna del processo di Norimberga ora si è ridotta a cosa minore.
E dunque per ora è il solito rumore di fondo che accompagna i momenti caldi della politica italiana, con il consueto cortocircuito magistratura-giornali (stavolta le Procure hanno schifato il Fatto, tradizionalmente destinatario di avvisi di garanzia per altri cittadini), l’abituale dose di veleni a rilascio lento come quello usato in “Notorious” ai danni di Ingrid Bergman. Solo che qui non c’è Alfred Hitchcock a dirigere il film ma un “fattore M”, eterna spada di Damocle sullo stato delle cose, sempre pronto a appestare l’aria, a orientare il corso del fiume italiano, a tessere ragnatele appiccicose ove vanno a intrupparsi insetti di tutti i tipi.
Nessuna giustizia a orologeria, nessun complotto, nulla di nulla, per carità: Salvini oggi sembra il Berlusconi di ieri, ma, come si dice, la giustizia faccia il suo corso. E però forse ha ragione Agatha Christie, tre indizi fanno una prova.