Quesiti linguisticiSi dice “uguale” o “eguale”? Risponde la Crusca

Le forme con ug- non risultano sempre vincenti. Quindi questo caso di “polimorfia” sembra destinato a durare ancora a lungo

(Pixabay)

Tratto dall’Accademia della Crusca

Alcuni lettori ci domandano se esistano differenze di significato e d’uso tra uguale ed eguale, uguaglianza ed eguaglianza.

Risposta
Nei dizionari moderni e contemporanei alla voce eguale si trova il rimando al lemma uguale, definito con i diversi valori di aggettivo, avverbio e sostantivo. Riportiamo qui le molteplici accezioni che si leggono alla voce uguale del Devoto-Oli 2021: come aggettivo, il termine si riferisce a qualcosa o qualcuno ‘che presenta le stesse caratteristiche di un’altra cosa o persona con cui viene posto a confronto’ ed è impiegato anche con la preposizione a (due auto uguali, vorrei una penna uguale a quella); quando è riferito a sostantivi astratti, può assumere il valore di ‘stesso, identico’ (abbiamo tutti uguali diritti e uguali doveri); l’aggettivo indica inoltre qualcosa ‘che è sempre lo stesso indipendentemente dal mutare delle condizioni’ (la legge è uguale per tutti), ‘che resta uniforme in tutta la sua durata o estensione’ (parlare con voce sempre uguale), che è ‘privo di asperità o di dislivelli; piano, liscio’ (una superficie, un terreno uguale); infine, l’aggettivo è impiegato come tecnicismo nell’ambito matematico, nella locuzione essere uguale a (5 più 3 è uguale a 8), ed è detto ‘di due enti o espressioni che sono equivalenti rispetto a qualche criterio (per es. rispetto al loro valore numerico).

Anche come sostantivo, uguale ricopre diversi significati: può essere maschile e femminile nelle accezioni di ‘chi appartiene alla stessa posizione sociale o allo stesso grado gerarchico’ − e in questo caso è usato prevalentemente al plurale (trattare con i propri uguali) − e per indicare ‘chi ha lo stesso valore, la medesima abilità e bravura’, perlopiù in espressioni enfatiche contenenti una negazione (un campione / una campionessa senza uguali). Il sostantivo uguale resta invece invariabile quando esprime ‘la stessa cosa’, usato nelle espressioni che denotano indifferenza (se non vuoi andarci, per me è uguale), e nei significati tecnici di ambito musicale (“composizione musicale per voci e strumenti dello stesso timbro; contrappunto nota contro nota; didascalia musicale che richiede un’esecuzione rigorosamente fedele a quanto scritto”) e matematico (il simbolo = usato per indicare l’uguaglianza).

Infine, uguale ha valore di avverbio quando indica ‘nella stessa misura, allo stesso modo’ in espressioni come due ragazzi alti uguale (il plurale alti uguali è segnalato dal dizionario come uso popolare).

In tutti questi significati uguale ed eguale sono perfettamente sinonimi e rappresentano dunque due varianti, alle quali possiamo aggiungerne altre più antiche, come equale o iguale, ormai da tempo in disuso (ma, giusto per citare un esempio illustre, iguale è la forma preferita da Dante e conta nove occorrenze nella Commedia; cfr. DELI). Le due varianti uguale ed eguale hanno prodotto diversi derivati realizzando quindi altrettante coppie di varianti: ugualmente / egualmente, uguagliamento / eguagliamento, uguaglianza / eguaglianza, uguagliatore / eguagliatore, uguagliare / eguagliare, ugualità / egualità. Antichi e letterari sono inoltre i derivati in ig- segnalati dal GDLI: igualità, iguaglianza, igualare, igualmente.

Naturalmente, uguale ed eguale condividono l’etimologia. Come si può leggere sull’Etimologico, alla base c’è una formazione latina di origine indoeuropea, l’accusativo aequāle(m) (nominativo aequālis, -e) ‘piano, uniforme, uguale’, a sua volta derivato di aeqŭus ‘uguale, pari’ (che è la base latina dell’italiano equo). In italiano le forme in eg- sono quelle più vicine alla base etimologica, ma si alternano con quelle “non meno frequenti” in ug-, “che si spiega col richiamo per assimilazione alla u di -qua-” (cfr. DELI). La prima attestazione riportata nei dizionari etimologici è il 1282, nella variante con ug- (“Quello primo cielo è diviso en dodeci parti uguali”, Ristoro d’Arezzo).

L’alternanza tra le varianti è presente fin dalle origini della nostra lingua ed è testimoniata dai dizionari storici – come il GDLI, che rimanda da eguale a uguale − e dai sincronici dei secoli scorsi. Il TLIO, Tesoro della Lingua Italiana delle Origini, rimanda da uguale a eguale e fornisce una lunga lista di varianti, oltre a quelle già note, come aguale, aquale, aval, eguae, egual, eigual, enguale, equal, inguale, oguale, ughuale, ygual. La prima attestazione che riporta il dizionario risale al XIII secolo, nella forma ’gual con aferesi della vocale iniziale: “Qi per ben rende ben, l’un co l’autro è ’gual, / mai per mal rendre ben cento cotanto val” (Girardo Patecchio, Splanamento de li Proverbii de Salamone). Il Vocabolario degli Accademici della Crusca pone a lemma entrambe le varianti in tutte e cinque le sue edizioni: fin dalla prima, del 1612, troviamo il rimando da uguale ad eguale, e anche nella quinta edizione (1863-1923) si privilegia la variante con e- iniziale, ponendola a lemma come prima forma: “eguale o uguale”. Anche nel Vocabolario italiano della lingua parlata di Giuseppe Rigutini e Pietro Fanfani, del 1875, si trova il rimando da eguale a uguale, mentre il Tommaseo-Bellini propone una riflessione che oggi può forse far sorridere:

E Uguale e Eguale sono dell’uso; ma il secondo, rimanendo più fedele all’origine, gioverebbe forse trasceglierlo sempre. Se mai si ritenessero tutti e due, Uguale pare che potrebbe cadere più acconcio nelle cose corporee. Filo uguale; Eguaglianza d’umore. Ma gli abborraccioni grideranno, al solito, che l’è una sofisticheria.

Infine, nei dizionari novecenteschi la situazione è pressoché identica a quella odierna: lo Zingarelli 1994 e il Dizionario della lingua italiana di Palazzi-Folena del 1991 rimandano da eguale a uguale senza alcuna specificazione, mentre il Dizionario della lingua e della civiltà italiana contemporanea di Emidio De Felice e Aldo Duro del 1974 segnala che la variante con e- iniziale è meno comune rispetto a quella con u- iniziale.

Le due varianti dunque concorrono nell’italiano scritto fin dal XIII secolo, ma, stando alle indicazioni delle opere lessicografiche, almeno a partire dal XX secolo eguale è forma meno comune rispetto a uguale. Tale distinzione d’uso è segnalata anche da alcuni dizionari contemporanei, come il Vocabolario Treccani online che alla voce eguale scrive: “variante di uguale, che è forma più comune”.

Le ricerche su corpora e banche dati confermano l’uso prevalentemente letterario di eguale e il maggior impiego di uguale, e lo stesso vale in generale per i derivati.

CONTINUA A LEGGERE

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club