L’Austria è il primo Stato dell’Unione europea, e uno dei pochi al mondo, dove sarà obbligatorio vaccinarsi contro il Covid19. L’aumento dei contagi nel Paese e il tasso di vaccinazione relativamente basso hanno spinto il governo del Cancelliere Alexander Schallenberg a prendere questa decisione, annunciata insieme a un nuovo lockdown generale di minimo dieci giorni. L’obbligo vaccinale sarà valido dal febbraio 2022 e in questi mesi verranno valutati i dettagli della misura: età dei cittadini coinvolti, esenzioni accettate, sanzioni per chi non rispetta la norma.
«Nonostante mesi di persuasione, discussioni e sforzi, non siamo riusciti a vaccinare abbastanza persone. Dobbiamo guardare in faccia la realtà», ha affermato Schallenberg, motivando la sua scelta. L’Austria ha un tasso di vaccinazione del 64,1%, di poco inferiore alla media nell’Unione europea (65,5%), secondo gli ultimi dati dell’Ecdc, il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie. Si tratta di un dato inferiore a quello di molti Paesi d’Europa, compresi Germania (69,1%) e Italia (72,9%). Guardando alle sue frontiere orientali, però, Vienna vede solo percentuali più basse della propria, così come sono inferiori tutti i numeri dei Paesi dell’Europa dell’est, dalla Grecia all’Estonia.
Se la situazione è critica ma non catastrofica per quanto riguarda i vaccini, le preoccupazioni governative poggiano soprattutto su una rapida crescita dei casi di Covid19 nel Paese, che le misure restrittive imposte ai non vaccinati non hanno frenato. Per la prima volta dall’inizio della pandemia, l’incidenza ha superato i mille casi su 10mila e l’ultimo bollettino diramato dal ministero della Salute di Vienna riporta la cifra di 15,809 contagi. Le regioni più colpite si trovano nel Nord del Paese (Salisburgo e Alta Austria), ma gli ospedali si riempiono in tutto il territorio nazionale. Quasi 3mila persone sono al momento ricoverate, di cui 520 in terapia intensiva: più dei pazienti gravi attualmente curati in Italia, che ha quasi sette volte la popolazione dell’Austria.
Per questo l’esecutivo austriaco, formato dall’alleanza tra i Popolari e i Verdi, ha optato per un doppio provvedimento. Il lockdown, che comincerà lunedì 22 novembre e durerà dieci giorni (prorogabili di altri dieci), serve a contrastare la quarta ondata della pandemia. Ma non basta: «Non vogliamo una quinta, una sesta e una settima ondata. Il virus non se ne andrà», ha detto il capo dell’esecutivo di Vienna per giustificare una mossa così drastica.
I dubbi legali e la protesta dell’estrema destra
Al momento non è chiaro come funzionerà concretamente l’obbligo vaccinale austriaco. Rispondendo ad alcune domande nella conferenza stampa organizzata per diramare l’annuncio, ad Achensee, il ministro della Salute Wolfgang Mückstein ha spiegato che il governo lavorerà con giuristi, sindacati e altre componenti della società civile per definire la misura.
Ancora incerte sono l’età a partire dalla quale le persone saranno tenute a vaccinarsi e le tipologie di esenzioni che saranno accettate per non sottostare all’obbligo. Dalle parole del ministro, sembra probabile che le misure punitive si limiteranno a sanzioni amministrative pecuniarie. I prossimi mesi, comunque, saranno necessari per stabilire i contorni dell’imposizione, per assicurarne la compatibilità con le leggi nazionali.
Ma la vaccinazione obbligatoria è sicuramente incostituzionale per il partito di estrema destra austriaco, l’FPÖ (Freiheitliche Partei Österreichs), che è terza forza del governo di Vienna e ha governato con i Popolari nella precedente legislatura. «L’annuncio di oggi calpesta le basi della nostra costituzione federale e porta il Paese in un regime di dittatura» ha affermato in un duro comunicato stampa il suo leader, Herbert Kickl, che definisce l’attuale esecutivo «il governo dei bugiardi e dei fallimenti».
Il partito della libertà critica da tempo le scelte in materia di gestione della pandemia della coalizione guidata da Sebastian Kurz prima e da Alexander Schallenberg ora. Nel suo intervento, Kickl ricorda le promesse fatte dal governo in passato, tra cui la fine dei lockdown generalizzati annunciata da Kurz e la contrarietà all’obbligo generalizzato di vaccino chiarita da Mückstein in un’intervista del luglio scorso. Contro la decisione, l’FPÖ ha già lanciato una protesta di massa, lanciata per le 12 di sabato 20 novembre a Vienna. Non sono i soli a contestare la misura: la stampa locale riporta raduni previsti in vari punti della capitale, per quella che sarà molto probabilmente «la più grande manifestazione di sempre contro le misure anti-Covid19».
Al di là della posizione prevedibile delle opposizioni più radicali, infatti, restano i dubbi per una strategia che potrebbe rivelarsi impopolare fra gli austriaci e che finora è stata adottata da pochissimi Paesi nel mondo, come Indonesia, Micronesia e Turkmenistan. Nell’Unione europea il dibattito è aperto da tempo e ora i governi del continente dispongono di un precedente. Il ministro degli Esteri della Germania Heiko Maas ha subito chiarito che il suo Paese non seguirà l’esempio dell’Austria, almeno finché sarà in carica Angela Merkel. Ma altri potrebbero farlo presto.