Post LeopoldaCalenda risponde a Renzi e detta le condizioni per creare un partito riformista

Secondo il capo di Azione, la linea politica dei renziani non è chiara. E spiega che «da lui non è mai arrivata una proposta seria di collaborazione». Porte aperte per un dialogo, però «come si fa a far politica con un movimento che parla solo del proprio leader?». Intanto il leader di Italia Viva avrebbe incontrato Gentiloni a Bruxelles per il Quirinale

Gaia Menchicchi

«Mi sembra impossibile andare divisi alle prossime elezioni», ha detto Matteo Renzi alla Leopolda rivolgendosi al suo compagno di partito Enrico Costa. Carlo Calenda, leader di Azione e già ministro nei governi Renzi e Gentiloni, al Corriere risponde così: «Come Matteo sa bene, è più complicato di così, perché non si capisce qual è la sua linea politica. Renzi è andato alleato con i Cinque Stelle in molti Comuni, senza contare gli accordi con il forzista Miccichè in Sicilia». E aggiunge: «Renzi sa che ci sono delle condizioni imprescindibili: in primo luogo che smetta di fare il businessman ed essere pagato da paesi stranieri, poi di farla finita con i tatticismi. Dopodiché, a parte queste battute sul palco, da lui non è mai arrivata una proposta seria di collaborazione».

Dopo il successo del 20% di Azione a Roma, Calenda scommette: «Vedrete che arriveremo almeno al 10% alle prossime Politiche». Ma non crede alla nascita di un nuovo grande centro. «Credo alla necessità di un grande partito liberaldemocratico e riformista che porti avanti il modo di governare di Draghi», dice. «Una formazione che non nasce dalla fusione di qualche sigla parlamentare, ma da un profondo lavoro sul territorio. Oggi Azione è aperta a collaborare con i movimenti politici che condividono questa prospettiva: da +Europa a Base dell’ex leader Fim Bentivogli, comprese singole personalità civiche».

Dopodiché, aggiunge, «porte aperte a un dialogo con Italia viva: però, mi domando, come si fa a far politica con un movimento che parla solo del proprio leader?».

In questa ipotetica unione, in effetti, ci sarebbero troppi aspiranti leader. Si fa il nome di Mara Carfagna per far fare un passo indietro agli altri. Calenda però lo esclude: «Penso che Mara stia facendo il suo percorso all’interno di Forza Italia e non abbia intenzione di fare altro. Sono chiacchiere oziose, credo. C’è un lavoro politico e su questa linea andremo avanti. Altre cose sono materiale per retroscena».

Ma l’apertura agli elettori di Forza Italia resta. «Credo che lo spazio liberaldemocratico e popolare che comprende gli elettori di Forza Italia necessiti di rappresentanza», dice Calenda. Il partito di Berlusconi «è alla fine di un ciclo politico: ci sono tante persone con cui vale la pena aprire una interlocuzione». Ma niente Berlusconi al Colle, perché è stato «un uomo di parte, mentre il Quirinale ha bisogno di una persona che rappresenti il pezzo più ampio possibile del Paese».

Intanto, come racconta Repubblica, lo scorso 9 novembre Matteo Renzi avrebbe avuto a Bruxelles una cena riservata con il commissario all’Economia Paolo Gentiloni in cui si sarebbe parlato della partita del Quirinale. Il disegno di cui parlano i giornali da alcuni giorni sarebbe quello di Draghi a Palazzo Chigi senza andare a elezioni nel 2022 e Gentiloni al Colle.

Bruxelles – spiega Repubblica – ormai da almeno un anno è diventata il crocevia della politica italiana. Non è un caso che la processione dei leader nostrani nei palazzi europei sia ormai costante. Dopo Renzi, nell’ufficio di Gentiloni sono entrati il segretario del Pd Enrico Letta (la mattina di giovedì 11 novembre), il governatore emiliano Stefano Bonaccini (il pomeriggio dello stesso 11 novembre), la ministra forzista Mara Carfagna giovedì scorso.

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