Collocamento accompagnatoCome far funzionare bene l’inserimento al lavoro per le persone disabili

«Quello che manca oggi è la connessione tra la persona in carico ai servizi sociali e l’ingresso nel mondo del lavoro. Questo ponte non esiste e deve essere creato», racconta Lorella Da Campo, esperta di Politiche Attive nell’area inclusione sociale della Divisione Welfare di IG Samsic HR

(Unsplash)

I servizi sociali da un lato, il mercato del lavoro dall’altro. Questi due mondi, spesso, fanno fatica a incontrarsi quando si tratta di persone con disabilità. Lorella Da Campo, esperta di Politiche Attive nell’area inclusione sociale della Divisione Welfare di IG Samsic HR , è la prova che questa distanza, seppure con fatica, può essere colmata. «Quello che manca oggi è la connessione tra la persona in carico ai servizi sociali e l’ingresso nel mondo del lavoro. Questo ponte non esiste e deve essere creato», racconta.

Dopo una formazione da assistente sociale e una lunga esperienza come coordinatrice di progetti di inclusione nei comuni milanesi, Lorella Da Campo dalla scorsa estate ha iniziato una nuova esperienza professionale in IG Samsic HR, occupandosi del collocamento accompagnato di persone diversamente abili.

«Ho sempre voluto fare una professione che fosse uno strumento di cambiamento per gli altri», dice. «Nell’ultimo periodo avevo iniziato a lavorare a stretto contatto con il mondo del lavoro, coordinando un’equipe di assistenti sociali. E così ho toccato con mano ancora di più l’assenza del mondo del lavoro nei progetti di inclusione. Per una persona diversamente abile lavorare vuol dire essere incluso in un sistema di vita normale. Tutti dovrebbero alzarsi la mattina, avere un obiettivo, sentirsi utili. E quindi mi sono chiesta cosa potessi fare».

Da qui la scelta di approdare in un’agenzia per il lavoro, per occuparsi di politiche attive. «Avendo maturato anni di esperienza nel mondo del sociale, so che purtroppo anche i servizi sociali non sempre sanno quali siano gli strumenti a disposizione nel mondo del lavoro per le persone con disabilità», spiega. «Così ho provato a unire i due mondi, con l’obiettivo di realizzare progetti veramente efficaci in favore delle persone diversamente abili».

Il suo lavoro consiste nell’«unire i puntini» di un sistema complesso di accompagnamento che parte dalle famiglie, passa per l’agenzia per il lavoro e arriva all’azienda. Al centro di questo processo c’è la persona da valorizzare. «La incontri, misuri i limiti e le competenze, capisci quali sono le imprese e le cooperative del territorio che potrebbero essere adatte, resti in contatto con i genitori e a volte anche con i medici e le fondazioni che conoscono le patologie specifiche», racconta. «Dietro quella persona c’è un mondo che devi prendere e accompagnare».

Il primo passo è stabilire una connessione con la famiglia di provenienza. «Questo fa la differenza», dice la dottoressa Da Campo. Poi si passa al «bilancio delle competenze, cercando di capire quali siano i desiderata e i possibili sbocchi professionali». E l’accompagnamento non si ferma all’inserimento, ma «la persona viene seguita anche quando entra in azienda».

Allo stesso modo, le aziende vengono accompagnate ad accogliere la persona diversamente abile nel team. «Sebbene la normativa sia andata avanti, culturalmente siamo ancora indietro», dice Lorella Da Campo. «Le aziende hanno ancora molte difficoltà ad accogliere la diversità, soprattutto nel caso di disabili psichici. Stiamo promuovendo tanto il corso di formazione del Disability Manager istituito dal Jobs Act, un professionista che formiamo per aiutare le aziende nella gestione dell’inclusione di personale diversamente abile. E nello stesso tempo facciamo consulenza, perché spesso le aziende non conoscono gli strumenti normativi a disposizione, dagli incentivi alle assunzioni al tirocinio».

Il percorso che parte dal rivolgersi a un’agenzia per il lavoro e arriva all’inserimento lavorativo il più delle volte è in salita. Ma le storie a lieto fine non mancano. «Qualche mese fa ho conosciuto una ragazza con una disabilità fisica in grande difficoltà», racconta la dottoressa Da Campo. «Abbiamo iniziato a vederci settimanalmente, usando gli strumenti del bilancio delle competenze e dell’orientamento. E, di settimana in settimana, quella ragazza cambiava luce e atteggiamento. Fino a che, due settimane fa, è arrivata una proposta di un contratto di lavoro. Ecco, veder crescere una persona in questo senso, motivarla facendole capire che anche se hai un’invalidità non sei un problema per la società, è una grande storia di successo».

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