Dopo l’accordo sul fiscoMario Draghi convoca i partiti sulla manovra per evitare il caos

La prossima settimana a Palazzo Chigi arriveranno le delegazioni delle singole forze politiche. Intanto sindacati e Confindustria bocciano l’intesa sulla distribuzione degli 8 miliardi destinati al taglio delle tasse

(AP Photo/Andrew Medichini)

Chiuso il dossier del Super Green Pass e incassato l’accordo di maggioranza sulla ripartizione degli 8 miliardi di tagli alle tasse, per Mario Draghi ora in agenda c’è tutta l’altra fetta della manovra di bilancio. Dopo lo scontro sui relatori in Senato, che sarebbe stato solo in parte sanato visto che Forza Italia continua a protestare, e la solita raffica di emendamenti al testo approvato dal consiglio dei ministri, il premier vuole mettere un punto fermo.

E per questo la prossima settimana Draghi ha convocato i capigruppo di Camera e Senato e i capi delegazione delle forze politiche di maggioranza. Il premier vuole evitare che le fibrillazioni dei partiti in vista delle elezioni del presidente della Repubblica si riverberino sulla legge di bilancio. I tempi si accorciano e le Camere dovrebbero essere convocate in seduta comune già nella seconda metà di gennaio.

Il primo tema caldo sul tavolo sarà quello del reddito di cittadinanza. Con i Cinque Stelle sulle barricate da un lato e i partiti di centrodestra dall’altro, che vorrebbero invece qualcosa in più sul taglio dell‘Irap. Poi c’è il Superbonus: in questo caso è tutta la maggioranza che vorrebbe cancellare il tetto dell’Isee previsto per le villette.

Tutti chiedono più soldi. Lo spazio finanziario però è esiguo: la dote per i ritocchi non va oltre i 600 milioni al momento. Draghi ha aperto al confronto con i partiti, ma a sua volta vuole richiamare al senso di responsabilità per scongiurare la tentazione di assalto alla diligenza e il ripetersi di incidenti di maggioranza come accaduto con il ddl capienze, che ha visto il governo battuto due volte. Anche perché la legge di bilancio, arrivata al Senato in ritardo, ha tempi ormai strettissimi per essere approvata entro il 31 dicembre. E passerà dalla Camera solo per il via libera definitivo.

L’accordo trovato tra i partiti sulla destinazione degli 8 miliardi del taglio delle tasse, con 7 miliardi all’Irpef e uno all’Irap, intanto è già stato bocciato dalle parti sociali. Sia dalle imprese sia dai sindacati. «Scelte senza visione, il governo ci convochi», dicono da Confindustria. Anche i sindacati non sono soddisfatti e chiedono di essere interpellati. «Non è questo il momento per l’Irap, gli 8 miliardi dovrebbero andare tutti a lavoratori e pensionati», dice Maurizio Landini, leader Cgil. Malumori anche di Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Alleanza delle Cooperative, che in un comunicato congiunto tornano a chiedere il taglio del cuneo contributivo, non quello fiscale.

Gli industriali volevano un taglio del cuneo contributivo da 13 miliardi – metà a favore delle imprese, metà dei lavoratori – e l’abolizione dell’Irap per tutti. Invece si trovano un intervento tutto sbilanciato sull’Irpef e l’abolizione dell’Irap solo per ditte individuali e partite Iva. «Scelte che suscitano forti perplessità», sostiene Confindustria. «La sforbiciata alle aliquote Irpef disperde risorse limitate a soli 8 miliardi, con effetti impercettibili sui redditi netti delle famiglie italiane, soprattutto qualora il taglio fosse finanziato anche da una copiosa eliminazione delle agevolazioni Irpef».

Dalla Cisl, il segretario confederale Giulio Romani dice «no a un accordo già confezionato con i partiti che renderebbe solo consultivo il ruolo dei sindacati».

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