A novembre non è poi così fuori luogo raggiungere la Sicilia, quando il caldo torrido dei mesi estivi è domato, i turisti sono pochi e l’ospitalità isolana raggiunge il suo massimo. Si parte magari per pochi giorni, si sceglie una meta non troppo lontana, non troppo affollata, che abbia qualcosa da dire – arte, enogastronomia, natura in Sicilia davvero non mancano – al di fuori delle date classiche da calendario vacanziero.
Noto, ad esempio, è generosa con chi non va di fretta. Nella capitale del Barocco c’è un palazzo di gusto neoclassico che dietro la facciata austera nasconde un’autentica macchina del tempo. L’origine di tutto si deve a Niccolò di Lorenzo, marchese di Castelluccio, che nel 1782 costruisce una dimora prestigiosa secondo i nuovi canoni stilistici dell’epoca. Il fulgore in due secoli si smorza e inizia il lento declino: la proprietà va all’ordine dei cavalieri di Malta, gli arredi venduti uno a uno. La sua parabola sfortunata arriva a un produttore televisivo francese con la passione per l’arte. È il 2011, il palazzo è in completo abbandono, un incendio ha compromesso anche il tetto, restano i muri anneriti e i pavimenti rivestiti in maioliche multicolori. In un angolo della vecchia rimessa delle carrozze c’è un televisore rotto, quasi un segno premonitore che chiama in causa il futuro proprietario. La storia, forse, può ripartire.
In sette anni palazzo Castelluccio riprende vita, gli affreschi restaurati, le stanze riarredate con pezzi d’arte in arrivo da tutta Europa. La dimora di un gentiluomo illuminato di fine 18esimo secolo ricostruita come in un set cinematografico: la galleria omaggio al Gattopardo di Visconti, la libreria con volumi antichi, la stanza allestita a cabinet de curiosités dove è esposta una collezione di minerali appartenuta a Maria Carolina Ferdinanda Luisa di Borbone, duchessa di Berry. Il palazzo è aperto al pubblico ma la visita delle stanze private fa parte di un tour esclusivo riservato ai clienti del Grand Hotel Timeo di Taormina, gruppo Belmond, così come la possibilità di organizzare eventi privati.
Fuori dalle mete consuete, con calma, scegliendo di andare controcorrente. I Curiosity circle organizzati dal gruppo Belmond hanno questa caratteristica: sorprendere, lasciando una traccia nella memoria. Nella sala da pranzo del piano nobile del palazzo, su una tovaglia di pizzo chiacchierino, gli ospiti trovano il dolce benvenuto di Corrado Assenza, il pastry chef più conosciuto della Sicilia. Una selezione di piccola pasticceria del Caffè Sicilia, il regno degli Assenza da quattro generazioni: amaretti, biscotti di mandorla, cassatine, il diplomatico alla ricotta. Assaporarli a lume di candela nella stanze affacciate sul giardino interno, tra palme e gelsomini, è un’emozione difficile da raccontare ma vedere come nascono questi capolavori del gusto è un privilegio ancora più raro.
La cassatina, ad esempio. Difficile immaginarla come un dolce di sfoglia eppure per realizzarla si parte da spianatoia e matterello per tirare il marzapane a tre-quattro millimetri. Per la farcitura solo ricotta di pecora lavorata con il 40% di zucchero, incastonata in due dischi di pan di Spagna. Poi la ghiaccia reale, spalmata a coltello con precisione millimetrica. Un lavoro da artigiano. Come un piccolo gioiello forgiato a mano, ogni cassatina nasce dall’estro e dall’amore del pasticciere che la crea. La decorazione con scorza d’arancia candita? «È la firma della maison, ciascuno ha la sua. La mia risale al 1892».
Al bancone in marmo verde del Caffè Sicilia l’italiano si mescola all’inglese, al francese, al tedesco. Turisti arrivati fin qui dopo che Netflix ha dedicato a Corrado Assenza un’intera puntata di “Chef’s Table Pastry“. Oltre cento ore di girato per raccontare la sapienza antica di ricette tramandate di generazione in generazione e un legame strettissimo, vitale, con la terra, i contadini, i “pusher” di gelsi e di limoni, di amarene e pistacchi di Bronte. La frutta raccolta alle pendici dell’Etna e la ricotta dei pastori appartengono a un piccolo mondo antico che resiste grazie alla tenacia di chi, come Assenza, crede nel valore assoluto delle materie prime ma che un giorno potrebbe sparire. «Sarà il cibo la chiave di volta del cambiamento. Se sapremo difendere la ricchezza del territorio, la nostra biodiversità, allora avremo qualcosa da tramandare ai nostri figli. Diversamente, avremo perso». In questo senso la cassatina, fatta con latte di pecora a chilometro zero, è a rischio perché è sempre più difficile per i pastori trovare terreni non recintati dove far pascolare gli animali».
Un equilibrio sottile che si rispecchia in micro produzioni legate ai cicli della natura, alla campagna che regala modi nuovi di pensare il cibo, al di là delle classiche distinzioni tra dolce e salato. Andare controcorrente in questo caso significa eliminare le barriere per arrivare all’essenza del sapore, cogliendone la natura ibrida, fluida, decisamente più complessa di qualsiasi etichetta. Nell’universo di Assenza, cucina e pasticceria non sono Scilla e Cariddi, non si guardano da rive opposte e se lo fanno, tutt’al più si specchiano l’una nell’altra. Nasce così il gelato al basilico, delicatissimo, o la marmellata di gelsi, dal sapore deciso, quasi sfacciato, perfetta per accompagnare una coppa di gelato tanto quanto una carne insaccata o un formaggio lungamente stagionato. Come pure il Bergamotto, il frutto dello Stretto di Sicilia, partner ideale di formaggi a lunga stagionatura o erborinati, carni di insaccati e salumi speziati, carpacci di pesce e caviale.
Altra scelta controcorrente: puntare alla stella Michelin in un albergo di lusso. Un traguardo non facile, centrato dal Grand Hotel Timeo nel 2018 grazie alla mano esperta del giovane e talentuoso chef Roberto Toro, approdato a Taormina dopo varie esperienze all’estero. All’Otto Geleng si cena nell’estensione della terrazza panoramica dell’albergo affacciata sul golfo, cullati dalle note del pianoforte mentre lo sguardo spazia fino all’Etna. La stessa vista che incantò il pittore tedesco Otto Geleng che iniziò a dipingere questo angolo di Sicilia facendolo conoscere in tutto il mondo. Il nome del ristorante è un omaggio a lui. Nel piatto, c’è il mediterraneo riproposto in chiave fine dining – ventresca di tonno, mosto cotto, verza marinata – e qualche deviazione meno consueta come il risotto con zucca, tartufo bianco, gorgonzola di capra e riduzione di quaglia arrosto o il carciofo con liquirizia e dragoncello.
A colazione, per coccolare gli ospiti, confetture fatte a mano custodite in vasi di porcellana e ogni giorno un benvenuto diverso e iperlocal come la mini raviola ripiena di ricotta o il biancomangiare alle mandorle. Chi ha detto che la Sicilia è incantevole soltanto d’estate, non conosce la magia delle nuvole d’autunno.