I democratici si stanno radicalizzando e per questo pensano di mobilitare la base del partito, non comprendendo che quella cui si rivolgono in realtà è soltanto la base della base. E siccome vivono su Twitter e nei talk show serali che non vede quasi nessuno finiscono per credere alla loro stessa propaganda e si rifugiano sempre più nel proprio bunker, dal quale non sono più in grado di uscire.
Questa analisi perfetta, esatta, dello stato del Partito democratico non è di un osservatore dello stile gruppettaro del partito democratico italiano, ma di un consigliere di Glenn Youngkin, il neo eletto a sorpresa governatore della Virginia, uno Stato che da 13 anni votava per i Democratici e che martedì, assieme ad altri risultati in giro per gli Stati Unit, ha fatto capire che sta succedendo qualcosa di notevole nella politica americana. Questo qualcosa lo ha sintetizzato in poche battute Andrew Sullivan: «Con l’elezione di Biden, i Democratici hanno avuto l’occasione di occupare il vuoto lasciato libero al centro, ma l’hanno sprecata».
C’è, infatti, una sinistra convinta che bisogna riscrivere la storia americana come una storia di oppressione razziale e nei suoi confronti è scattata la reazione politica di quelli che il giornalista di estrema sinistra Matt Taibbi ha definito “genitori informati” che si sentono dare di suprematisti bianchi dai giornali liberal soltanto perché vogliono che i propri figli studino matematica o altre materie senza una connotazione militante antirazzista.
I politici come il neo governatore della Virginia, ma non solo lui perché gli esempi sono stati numerosi alle elezioni di martedì, offrono agli elettori americani un’alternativa davvero surreale rispetto all’impalatabile Donald Trump, ovvero la possibilità di un trumpismo senza Trump, quindi necessariamente più moderato e meno cialtrone rispetto al predecessore ma proprio per questo più credibile e più forte elettoralmente, a maggior ragione se i democratici continuano a lisciare il pelo ai suscettibili che si offendono per qualsiasi cosa e poi a spendere quante più migliaia di miliardi possibili a carico dei contribuenti.
È sempre acrobatico fare paragoni tra la politica americana e quella italiana, ma così come c’è stato un filo rosso a unire il nazional populismo trumpiano con quello nostrano non si possono sottovalutare le somiglianze con le tensioni ideologiche interne alla sinistra occidentale, a cominciare dalla repressione americana del pensiero critico fino alla cocciutaggine identitaria del ddl Zan.
La cosa, peraltro evidente a occhio nudo, conferma lo stato confusionale di un Pd che insegue i populisti, grida al fascismo, minaccia più tasse per tutti ma che si occupa soltanto di perdere ininfluenti battaglie di bandiera per poi recriminare i torti subiti e denunciare le ingiustizie subite con cancelletti su Twitter e stories su Instagram.
Il principale calco dalle scemenze americane che in patria stanno facendo fallire la presidenza Biden è quel «maschio, bianco, cis e privilegiato» usato anche dai nuovi puritani di casa nostra per concludere in barzelletta qualsiasi discussione seria (anche perché non si capisce che cosa ci sia di strano o di ributtante nell’essere bianco in un dibattito italiano che non tratti dell’Alabama o della South side di Chicago).
La scelta del Pd di abbracciare la politica identitaria e di tornare a ricette economiche dirigiste sta regalando il centro agli avversari, anche se gli avversari di destra sono così poco dotati dal non averne approfittato, al contrario dei conservatori statunitensi. I partiti riformisti, poi, sono litigiosi. Insomma non c’è nessuno a interpretare il ruolo dell’adulto, a parte Draghi. E infatti vogliono promuoverlo al Quirinale per rimuoverlo da Palazzo Chigi.