«Ammontati per terra, quasi a formare una specie di trono, vedevansi tacchini, forme di cacio, caccia, polli, gran tocchi di carne rifredda, porcellini di latte, lunghe ghirlande di salsicce, focacce e pasticcini, barili di ostriche, castagne bruciate, mele rubiconde, arance succose, pere melate, ciambelle immani, tazzoni di ponce bollente, che annebbiavano la camera col loro delizioso vapore. Adagiavasi su cotesto giaciglio un allegro Gigante, magnifico all’aspetto». Il trionfo di bontà e ricchezze gastronomiche che si stende ai piedi dello Spirito del Natale presente nel Canto di Natale di Dickens trova il suo cuore nei barili di ostriche: segno di un lusso senza fine, presenza nobile che rende davvero preziosa la tavola delle feste. Ma se vogliamo proporre questo “cibo degli dei” nel nostro menu, dobbiamo essere sicuri di scegliere prodotti di altissima qualità, e di servirli in modo corretto.
La scelta: dalle coste francesi
Per scegliere le ostriche dobbiamo viaggiare, in compagnia di Longino & Cardenal, l’azienda specializzata in cibi rari e preziosi, fino alle coste della Charente-Maritime, regione francese da cui provengono le ostriche di Daniel Sorlut, selezionate e distribuite dall’azienda: qui vengono allevate da secoli in un ecosistema unico, in grandi piscine naturali con acque poco profonde e ricche di nutrienti alghe. E nelle fredde e calme di Marennes Olèron, ricche di fitoplancton, le ostriche affinano il loro gusto, arrotondandolo. Il risultato sono ostriche dalla consistenza unica, delicata e fondente in bocca, dal sapore iodato e intenso, che termina in una decisa nota di nocciola.
In tavola: aprire e servire
Per aprire le ostriche occorre afferrarle, una per volta, tenendo la parte piatta rivolta verso l’alto: per una presa sicura è bene utilizzare l’apposito guanto anti taglio o un canovaccio. Si inserisce la lama del coltello per ostriche, corto e resistente, tra le valve, quindi si fa leva; la valva piatta andrà eliminata. Si stacca poi dalla conchiglia il mollusco: questo deve ritrarsi appena toccato, a significare che l’ostrica è viva.
Il modo più comune di consumare le ostriche è a crudo: si dispongono su un letto di ghiaccio e si assaporano da sole, al naturale, oppure accompagnate da una fetta di pane imburrato, magari con il burro leggermente salato, a marchio AOP, proveniente, anch’esso, dalla Charente. Un altro “classico” consiste nel condire le ostriche con qualche goccia di succo di limone e poco pepe appena macinato. La classica degustazione di ostriche, da proporre in apertura del pasto, prevede una mezza dozzina (ma possono essere anche 12 o 18) di molluschi a testa, ovviamente vivi e ben freddi. Ovviamente le ostriche si possono anche proporre come parte di un plateau di frutti di mare crudi, per evocare tutta la ricchezza e il profumo del mare.
Se invece si decide di cuocere le ostriche, si apre un mondo di possibilità: fritte, in pastella, al vapore, sautè, gratinate, occorre semplicemente ricordare di non eccedere con i tempi di cottura né con i condimenti, per non rovinare il gusto naturale del prodotto. Via libera a un trito di pane, capperi, acciughe, timo e maggiorana per una gratinatura leggera ma saporita, oppure a un velo di salsa Mornay, per un classico dall’eleganza senza tempo; sì anche a una goccia di salsa di soia per una preparazione dal gusto orientale, e sì a una salsa tartara per accompagnare un fritto di ostriche.
Ostriche e Champagne, ma non solo
Il compagno più classico per una degustazione di ostriche è un calice di Champagne: Veuve Clicquot La Grand Dame 2012 cuvèe de prestige della Maison, perfetta per un incontro tra sapori di classe; un altro matrimonio tutto francese è quello tra ostriche e Chablis: quello firmato Chartron et Trébuchet, dal delicato gusto burroso, è sicuramente una scelta perfetta. Un vino italiano? Torbato Spumante Rosè Brut di Sella&Mosca, elegante e prezioso.