Sale a 3,8 miliardi di euro lo stanziamento del governo per frenare il nuovo aumento delle bollette di luce e gas che scatterà da gennaio 2022. Ieri il consiglio dei ministri ha varato un nuovo decreto contenente «misure urgenti finanziarie e fiscali» ,che anticipa al 2021 circa 3,3 miliardi di spese previste per l’anno prossimo, in modo da liberare spazio sul bilancio del prossimo anno.
Ma anche questo miliardo in più potrebbe non bastare, spiega alla Stampa Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. In assenza di interventi, aveva avvisato nei giorni scorsi Nomisma, a causa della speculazione internazionale e della fame di energia innescata dalla ripresa, dal 1 gennaio in Italia si rischia un aumento del 50% dei prezzi del gas e del 17-25% di quelli della luce. Che per una famiglia media italiana significa 1.000-1.200 euro in più su base annua.
Anche con i 3,8 miliardi stanziati dal governo, «ci saranno dei rincari un po’ meno forti, ma sempre insostenibili per migliaia di famiglie e di imprese italiane», dice Tabarelli. «Se le cose venissero lasciate andare senza interventi della politica, il 1 gennaio le tariffe italiane del metano aumenterebbero del 50 per cento e quelle dell’elettricità del 25 per cento. Invece con il sussidio di 3,8 miliardi di euro le bollette del metano a gennaio rincareranno del 35 per cento e quelle dell’elettricità del 15 per cento, rispetto al livello già altissimo raggiunto negli ultimi mesi di esplosione dei prezzi dell’energia. Rincari del 35 e del 15 per cento sono insostenibili per il sistema economico».
Secondo Tabarelli, «la situazione è talmente grave che si deve intervenire in tutt’altra maniera». Ovvero, spiega, «bisognerebbe tornare alle tariffe amministrate, cioè stabilite dalla mano pubblica. Ma a Roma e a Bruxelles dicono che quella a cui stiamo assistendo è una normale manifestazione del libero mercato, e che si aggiusterà tutto automaticamente. Io dico: è vero, il mercato aggiusterà tutto, ma nel senso che da gennaio migliaia di famiglie e di piccole imprese smetteranno di pagare le biollette, perché non saranno più in grado di farlo, ci sarà un’esplosione di insoluti, e le compagnie di distribuzione del gas non incasseranno. Ci saranno fallimenti a catena di pmi per l’energia troppo cara. Se vi piace chiamatelo pure libero mercato».
Il problema, aggiunge, è che «il mercato sta producendo prezzi irrazionali. In Europa il costo di estrazione del gas è di 5 euro per Megawattora, non ha senso che alla fine della filiera costi 102 euro. In America il prezzo del metano è in calo dai recenti 20 euro per Mwh ai 15 attuali».
C’è quindi «la speculazione», ma non è questa «la radice del problema. In Europa in questo momento c’è una modesta carenza di gas, ma si potrebbe risolvere il problema facilmente, aprendo al più presto il nuovo gasdotto Nord Stream russo, che l’Ue tarda ad autorizzare. E se ci preoccupa la dipendenza dalla Russia, si possono costruire nuovi rigassificatori per diversificare le fonti. Se non si fa nessuna di queste cose il problema non si risolverà mai. E invece un po’ tutti, specialmente i politici a Roma e a Bruxelles, dicono che la soluzione è avere più energie rinnovabili che sotituiscano il metano. Ma intanto non c’è tempo da perdere, a gennaio io prevedo un disastro economico e sociale. Il prezzo di 102 euro per MegaWattora è irrazionale. Poi chiamiamoli pure mercato e transizione verde». Adesso «avremmo bisogno di interventi immediati della politica, che invece non ci saranno. Siamo in una situazione paragonabile a quella del petrolio a 1.000 dollari al barile».