Quest’anno «l’Italia è cambiata». Grazie a Mario Draghi ha «un primo ministro competente e rispettato a livello internazionale. E per una volta, un’ampia maggioranza dei suoi partiti ha messo da parte le differenze per sostenere un programma di riforme importanti». Parola dell’Economist, che ha scelto l’Italia come “Country of the Year”,
Il riconoscimento viene assegnato ogni anno al Paese che ha dimostrato i maggiori miglioramenti. Quest’anno, spiegano, è stato difficile trovare il vincitore.
Nella temperie politica internazionale, segnata dalla lotta al Covid-19 e dall’erosione delle democrazie, gli esempi brillanti non sono mancati. Nelle isole Samoa è stata evitata una crisi costituzionale, il partito al potere da 33 anni è stato allontanato ed è stato messo nel ruolo di primo ministro una donna, riformista. In Moldova, a lungo centro del riciclaggio di denaro sporco russo, è stata eletta nel 2020 Maia Sandu, la cui politica anti-corruzione è un vessillo. Al tempo stesso lo Zambia ha salvato la sua democrazia eleggendo l’imprenditore liberal Hakainde Hichilema e contrastando i tentativi di frodare le elezioni.
E ancora: la Lituania ha preso posizione contro la politica espansionista cinese su Taiwan, ha ospitato i dissidenti russi e bielorussi (come la legittima vincitrice delle passate elezioni Sveltana Tikhanovskaya) distinguendosi come bastione contro i regimi dittatoriali. Tuttavia non le è stato sufficiente per vincere.
L’Italia, ricorda con sportività l’Economist, trionfa non grazie «alla bravura dei suoi calciatori o delle sue pop star» ma «per la sua politica». In altri tempi e altre occasioni, ricorda, non avevano esitato a far piovere critiche su Roma (soprattutto contro Berlusconi, e tutti ricordano la copertina “Unfit”).
Stavolta la guida di Supermario ha garantito unità al governo con una classe di partiti rissosi e il successo della campagna vaccinale, che ha messo al riparo il Paese dalle peggiori conseguenze della quarta ondata. Dopo il crollo del 2020, poi, l’economia «sta recuperando in modo più veloce rispetto a Francia e Germania».
Il pericolo, continua il magazine, è che questo insolito exploit di capacità di governo finisca presto. Il primo ostacolo sono le elezioni del presidente della Repubblica. Certo, Draghi sarebbe un ottimo capo dello Stato, ma a prendere il suo posto potrebbe venire un presidente del Consiglio meno capace. E la cosa vanificherebbe il lavoro fatto.
Sarebbe un peccato. Tuttavia, per il momento, una cosa resta sicura: l’Italia di oggi «è un posto migliore rispetto a quella di dicembre 2020».