Nel settembre del 2015 Elon Musk fu ospite del Late Show di Stephen Colbert, che aveva da pochi giorni preso lo scettro da David Letterman. Nel corso dell’intervista, Colbert gli fece notare come la sua mission fosse quella di «salvare il mondo», pur essendo un miliardario: «O sei un super eroe o sei un super cattivo», disse il comico tra le risate del pubblico.
Riguardare quel video dalle macerie del 2021 fa un effetto strano. All’epoca Musk era “solamente” un imprenditore: il capo di Tesla, quello di Spacex, il CEO di Solar City (l’azienda di pannelli solari che Tesla avrebbe comprato nel 2016). Mancava ancora un anno alle elezioni che avrebbero portato Donald Trump alla Casa Bianca; ma anche alla fondazione di The Boring Company, la sua bizzarra azienda che vuole traforare la California per far viaggiare macchine a tutta velocità sottoterra (non dite a Elon che esistono i treni).
Nell’arco di questi sei anni il mondo è cambiato, ma forse non quanto Musk, che ha trasformato il suo account Twitter in un seguitissimo mix di meme edgy, polemiche politiche, battute anti-comuniste, riferimenti al 69, attacchi diretti a Bernie Sanders («Mi dimentico sempre che esisti», lo scorso novembre), e tweet con cui manipola – volente o nolente – il business trilionario dei Bitcoin e delle criptovalute in genere. Il tutto mentre le azioni di Tesla sono aumentate del 2378,52% in cinque anni, e la sua SpaceX lancia astronauti, satelliti e civili nello spazio.
A distanza di sei anni il dilemma di Colbert rimane valido più che mai: Elon Musk è un eroe o un villain? I fatti di questa settimana non sembrano dipingere un quadro idilliaco per l’ex marito di Grimes. Solo nei giorni scorsi, infatti, il nuovo direttore dell’Agenzia spaziale europea (ESA), Josef Aschbacher, ha criticato lo strapotere di Musk sulla questione spaziale, accusando i governi mondiali di aver di fatto abdicato a un privato billionaire la gestione dei nostri cieli. «Hai una persona che possiede metà dei satelliti attivi nel mondo, è incredibile», ha detto Aschbacher al Financial Times. «È lui che sta facendo le regole, de facto. Il resto del mondo, Europa inclusa, non sta rispondendo con la velocità dovuta».
I satelliti in questione sono di Starlink, altra impresa di Musk (lanciata nel 2015), che entro il 2025 vuole lanciare 11943 satelliti di piccola dimensione nella orbita terrestre bassa (42mila entro dieci anni, se glielo permettono), creando un network satellitare in grado di portare connessioni veloci in tutte le aree del mondo. In alcuni casi, di notte, è possibile vedere questi satelliti attraversare il cielo come una scia di punti (nemmeno troppo piccoli) luminosi. «Musk sta privatizzando il cielo notturno», si lamenta qualcuno da tempo. E presto non sarà nemmeno il solo a riempire di satelliti (e luce) le nostre notti: a fare da competitor a Starlink ci sono già la Kuiper, azienda finanziata da Amazon, OneWeb dell’imprenditore Greg Wyler e la cinese Hongyan.
Ma non occorre andare tanto lontano per trovare i guai di Musk. La sua Tesla, per esempio, è da tempo sotto osservazione da parte del Congresso statunitense per il modo con cui pubblicizza il suo Autopilot, il sistema di guida assistita dell’azienda che viene venduto come fosse Supercar, tanto da spingere l’azienda a distanziarsi dalle parole del suo CEO.
Non è tutto: da questa settimana, grazie a un aggiornamento del sistema operativo delle sue automobili, è possibile guidare una Tesla mentre si gioca ai videogiochi sul grande e iconico display di queste vetture. Anche in questo caso, Musk e i suoi giocano sui vuoti normativi, sperimentando opzioni che possono mettere in pericolo la vita di molte persone, nel nome dell’innovazione – o meglio, del denaro. E anche in questo caso i governi e gli enti che dovrebbero regolare questo settore sono confusi e inermi: gli avversari ideali per uno come Musk.
Discutere di queste cose online, specie su Twitter, è complesso perché a difendere Mr. Tesla c’è una schiera di accoliti del miliardario, i cosiddetti Tesla Bros, subito pronti a ergersi in piedi e prendere una pallottola nel nome del loro Fondatore. È evidente che, agli occhi dei bros, il dilemma di Colbert sia fuffa, classica propaganda liberal: è ovvio che Elon Musk stia salvando il mondo.
Al di fuori di questa setta, però, il dubbio rimane, eccome. Musk intanto continua la sua trasformazione da imprenditore seriale d’enorme successo a personalità tutto tondo. Una star. O un influencer di prestigio. Il matrimonio con la musicista Grimes è finito proprio quest’anno, a poco più di un anno dalla nascita del piccolo X Æ A-XII, detto affettuosamente «X» dai suoi genitori.
Quanto a Grimes – che ci tiene a precisare di non «identificarsi con la parola mamma» e di farsi chiamare solo «Claire» da suo figlio – sembra essersi pentita della rottura con Musk, almeno a giudicare dal testo del suo ultimo brano, “Player of Games”, che contiene versi quali: «I’m in love / With the greatest gamer / But he’ll always love the game / More than he loves me».
Musk, invece, se la passa come al solito, specie se si considera che è da almeno vent’anni che si comporta come se fosse in crisi di mezz’età da divorziato (macchine veloci! Razzi! Scavare tunnel!). Recentemente ha venduto la sua ultima casa, una magione da 32 milioni di dollari, per trasferirsi in una casetta da 50mila dollari che «prende in affitto da SpaceX», come ha spiegato su Twitter.
E se i Tesla Bros sono pronti a credere che tutti questi soldi servano a Musk per costruire «una colonia su Marte», noi temiamo siano solo una parte del suo piano di dominio finale. L’Endgame di Elon Musk. E se sarà da buoni o da cattivi, lo scopriremo presto.