Florian PhilippotL’uomo dietro le manifestazioni anti green pass in Francia

Il leader del micro-partito sovranista Les Patriotes, ex delfino di Marine Le Pen, da mesi va i piazza ogni sabato per rimettersi sulla scena politica dopo anni difficili. Il suo obiettivo principale è quello di erodere i consensi del Rassamblement National

LaPresse

«Questo pass vaccinale è una misura stupida. È vergognoso, è disumano!». Queste le parole pronunciate pochi giorni fa da Florian Philippot, leader del micro-partito sovranista Les Patriotes ed ex delfino di Marine Le Pen, commentando le ultime scelte compiute dal governo francese, che ha deciso di trasformare l’attuale pass sanitario in pass vaccinale – sulla falsariga del Super Green pass italiano – a partire da gennaio.  

A ospitare il suo punto di vista non allineato è Sud Radio, una delle emittenti che, negli ultimi mesi, ha scelto di offrire una cassa di risonanza privilegiata alla galassia composita dell’estrema destra francese, seguendo una traiettoria per molti versi simile a quella percorsa dal canale televisivo CNews, ormai trasformatosi in un viatico per favorire l’agognata ascesa di Éric Zemmour all’Eliseo. 

Quello di Philippot è un volto poco noto al pubblico generalista, ma che ha finito per acquisire una certa notorietà nel sottobosco delle mobilitazioni contro il green pass in Francia: da mesi, il leader dei patrioti scende in piazza ogni sabato nelle principali città francesi allo scopo di soffiare sulla rabbia sociale e aizzare le folle giletgialliste e no-vax contro il governo al grido dei suoi due slogan prediletti, «Liberté!» e «Stop à la dictature sanitaire!»

Philippot ha scelto di attestarsi la regia della crociata contro le certificazioni vaccinali non soltanto per manie di protagonismo, ma anche per più concrete ragioni di sopravvivenza politica: il suo obiettivo – mai dichiarato, ma reso evidente dai fatti – è quello di erodere i consensi del Rassamblement National, che ha sempre mantenuto una linea più prudenziale e istituzionale sul fronte vaccini, tagliando definitivamente i ponti con il suo lungo passato lepenista; un passato che lo aveva visto acquisire lo status di vero e proprio ideologo del partito e portavoce permanente della coalizione Rassemblement bleu Marine (RBM). Ha abbandonato l’allora Front National nel 2017, quando Le Pen lo richiamò all’ordine intimandogli di abbandonare la presidenza dell’associazione Les Patriotes (che, secondo alcuni voci critiche, veniva utilizzata dal numero due del partito per scopi di promozione personale).

 Da quando lo strappo si è consumato, Les Patriotes ha portato a compimento la sua metamorfosi in soggetto politico, e Philippot non ha mai smesso di rincorrere lo scalpo della sua ex caposcuola. Da questo punto di vista, la pandemia ha rappresentato una specie di tempesta perfetta: gli ha permesso di emergere dal nulla e di insinuarsi in uno spazio che nessuno, neppure a destra, aveva avuto l’ardire di occupare. 

A luglio abbiamo imparato a conoscerlo anche in Italia grazie a un siparietto tragicomico andato in scena in Piazza del Popolo, a Roma, durante una manifestazione che ha unito sotto lo stesso cielo le punte di diamante dello scetticismo vaccinale nostrano, da Gianluigi Paragone a Simone Pillon, fino a Claudio Borghi e Vittorio Sgarbi. In quell’occasione, per oltrepassare la frontiera, Philippot dovette sottoporsi a un test antigenico, generando una certa ilarità nelle redazioni dei quotidiani moderati d’Oltralpe, che ebbero buon gioco nell’esasperare la portata della sua gaffe, sottolineando che «Philippot utilizza un pass sanitario per andare a manifestare in Italia contro il pass sanitario». 

L’offensiva di Philippot contro il green pass viene declinata in modalità diverse, ad esempio tentando di fornire legittimazione e appoggio politico alle strambe teorie del controverso virologo francese Didier Raoult (che l’ex presidente americano Donald Trump indicò come modello da seguire in materia di lotta contro il Covid), convinto sostenitore dell’impiego dell’idrossiclorochina per debellare il coronavirus, o tentando di conquistare l’egemonia culturale all’interno del fronte No Vax attraverso la diffusione di alcuni pamphlet di “controinformazione” in grado di rivelare l’unica “verità” sulla pandemia e sulla campagna vaccinale. 

La sinossi del suo ultimo saggio, En face de l’oligarchie, comment s’en sortir (“Di fronte all’oligarchia, come uscirne”), scaricabile gratuitamente come ebook e presentato lo scorso 7 dicembre ai microfoni della sempre bendisposta Sud Radio, lascia poco spazio all’immaginazione: “Il vaccino e il pass sanitario – scrive Philippot –  sono la più grande bufala e truffa al mondo di tutti i tempi. Per me è ovvio, dopo aver viaggiato in parecchi paesi, che i sistemi imposti sono totalmente ingegnerizzati da un capo all’altro del pianeta (…) Penso che sia sciocco voler mettere tutti sotto lo stesso tetto, perché sappiamo già in anticipo che se un ragazzo prende il raffreddore tutti starnutiscono”.

Dopo il tour anti-green pass di quest’estate, la popolarità di Philippot è indubbiamente cresciuta in modo insperato: il suo canale YouTube si sta avviando agevolmente verso la soglia dei 300mila iscritti, le sue pagine social sono al picco storico di popolarità e il suo volto, dopo anni di tenue esposizione mediatica, ha ricominciato a ricomparire sulle pagine dei giornali.

Lo scorso 24 ottobre – davanti a una folla presentata come oceanica ma che, secondo gli organizzatori, contava poco più di mille persone – Philippot ha compiuto il grande passo, presentando ufficialmente la sua candidatura per l’Eliseo. «La Francia è governata da un’oligarchia che vuole la sua morte», disse in quell’occasione: «Un’oligarchia che, sia chiaro, ingloba la grande finanza e le grandi lobby, soprattutto farmaceutiche. Mescola il Gafam, l’Unione Europea e tutte le strutture sovranazionali».

Tuttavia, al momento, il suo potenziale elettorale appare ancora poco performante – nei sondaggi in cui il suo nome compare, si attesta in un range compreso tra lo 0,5% e il 2% delle intenzioni di voto. L’impressione è che il suo progetto di egemonia a destra sia destinato ad arenarsi (tutto fa supporre che il nome alternativo a Le Pen, a destra, non sarà il suo, ma quello del polemista Zemmour, che nelle ultime proiezioni appare più vicino che mai alla leader del Rassemblement National).

A prescindere dai numeri, la resurrezione di un personaggio come Philippot è l’ennesima conferma di una tendenza ormai consolidata in Francia, un paese sempre più polarizzato e sbilanciato verso destra, dove ormai basta davvero poco per guadagnarsi il proprio posticino al sole. 

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