Mangiare carne senza contribuire all’inquinamento generato dagli allevamenti e senza prendere parte alla compravendita del corpo di un animale. La carne sintetica, un alimento derivato dalla coltura in vitro di cellule di tessuto animale, consente di realizzare questo duplice obiettivo grazie all’uso di complesse tecniche bioingegneristiche applicate alle cellule staminali animali. Il sistema di produzione è oggettivamente complesso, ma il risultato finale è stupefacente (o inquietante, a seconda dei punti di vista).
Le cellule staminali proliferano grazie ad un mezzo di coltura, formulato con carboidrati, grassi, proteine e minerali e vengono poi fatte fermentare dando vita ad un taglio di carne che può assumere le sfaccettature richieste. Tra i vantaggi potenziali della carne allevata in laboratorio ci sono un minor rischio di contaminazione dal batterio E. coli (che si trova nelle feci animali) e da altri agenti che si possono trovare negli impianti di lavorazione della carne e la minor presenza di antibiotici rispetto a quelli ricevuti dal bestiame allevato in maniera tradizionale per mantenerlo in salute. L’impatto ambientale è minore perchè si riducono in maniera significativa le emissioni di gas serra scaturite dalla produzione di carne bovina e l’abbattimento di aree forestali da destinare ad altri usi. Non mancano alcuni dubbi. La carne coltivata contiene cellule animali e non può essere considerata vegana e molti vegetariani sono indecisi in merito all’approccio da adottare.
I prezzi di vendita della carne sintetica sono significativamente più alti rispetto a quelli della carne tradizionale e questo dato rischia di rivelarsi scoraggiante anche per il consumatore (ambientalista) più motivato. Un burger non convenzionale, come ricordato dal periodico Elle, può costare fino a 21 euro al chilo contro i 18 euro di un taglio pregiato come la scottona di manzo. Il divario si amplia ancora di più se si parla di carni bianche: la fesa di pollo può arrivare a massimo ad 8 euro al chilo. Le cose non cambiano negli Stati Uniti dove la carne sintetica costa il doppio di quella tradizionale. Questa situazione rende difficile ai nuclei familiari a basso reddito, pressati da problemi più urgenti, di passare al lato oscuro della carne. I costi della carne sintetica sono ancora eccessivi ma si sono progressivamente ridotti nel corso del tempo e questo trend potrebbe proseguire anche in futuro.
Nel 2008 il prezzo per ottenere 250 grammi di prodotto ammontava ad un milione di dollari, nel 2015 era sceso a 250mila dollari mentre oggi, come ricordato dal professore di biologia e zoologia Carlo Alberto Redi su True numbers, «costa poco più di 10 dollari». L’azienda Eat Just, che si occupa di tecnologia alimentare e produce carne coltivata, è stata la prima impresa al mondo a rivendere il proprio prodotto in un ristorante nella città di Singapore. Sul menù c’è un tris di piatti al prezzo di 23 dollari e questa iniziativa è stata accolta con molto interesse. Patrick Morris, amministratore delegato di Eat Beyond (legata ad Eat Just), ha dichiarato che «Eat Just sta aprendo la strada all’industria dell’agricoltura cellulare, che ha il potenziale per trasformare completamente i nostri sistemi alimentari oggi per renderli più sostenibili e umani» e che «Il prodotto finale, la carne coltivata, è ancora abbastanza costoso in quanto i costi di produzione sono elevati, ma una volta che il costo sarà diminuito vedremo questa industria crescere rapidamente, è solo questione di tempo».
La fiducia da parte dei consumatori è un elemento imprescindibile per il successo della carne coltivata e non c’è modo migliore che realizzare ricerche per testarla. Uno studio a cui hanno preso parte le fasce più giovani della popolazione, commentato sul portale Food Ingredients First, sembra indicare «un certo grado di apertura mentale» nei confronti dell’argomento. I membri della Generazione Z sembrano essere i più entusiasti, con l’87-89 per cento dei suoi esponenti che si dichiara «almeno parzialmente curioso» di provare la carne coltivata. La percentuale scende, leggermente, tra i Millenial (84-85 per cento di curiosi) ed in maniera più significativa tra la Generazione X (76-77 per cento) e tra i più adulti (70-74 per cento) ma sempre senza scendere sotto i due terzi dei consensi. Future Meat Technologies, una start up leader nello sviluppo di tecnologie innovative per produrre carne coltivata, ha reso pubblici i risultati di una ricerca, realizzata nel 2021, a cui hanno preso parte 2016 consumatori americani. Un intervistato su tre si è detto pronto ad integrare la carne coltivata nella propria dieta quando sarà lanciata ed il 58 per cento del campione ha riferito di essere a conoscenza della sua esistenza.
Rom Kshuk, amministratore delegato di Future Meat Technologies, ha dichiarato che «la carne coltivata è più vicina che mai al mercato. In qualità di leader di questo nuovo settore, spetta a noi non solo creare il prodotto, ma anche aiutare il mercato a familiarizzare con esso, mitigare le preoccupazioni e renderlo accessibile ai consumatori finali». La carne sintetica ha attirato l’interesse di istituzioni internazionali come l’Unione Europea, che ha disposto un contributo di 2 milioni di euro a vantaggio delle aziende olandesi che si occupano della ricerca volta alla produzione di carne in provetta e anche di Bill Gates, che ha investito nel settore. La mossa di Bruxelles ha suscitato le reazione della Coldiretti secondo cui, come riportato dal portale Luce, «il business privato della carne in provetta nasconde rilevanti interessi economici e speculazioni internazionali dirette a sconvolgere il sistema agroalimentare mondiale». La Coldiretti pone l’accento sulla concorrenza sleale affermando che «si va ad aggiungere alla campagna in atto contro la vera carne e costituisce una doppia tenaglia che minaccia di far chiudere le stalle». La battaglia è appena cominciata.