Nuove apertureHard Rock Cafe arriva a Milano, ma ne avevamo bisogno?

Sta per arrivare il quinto ristorante italiano della catena simbolo degli anni Novanta, che però ormai sono passati da un pezzo: subiamo ancora il fascino dell’American Dream? Difficile che l’Hard Rock di via Dante conquisti i teenager, ma potrebbe prendersi i nostalgici

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Negli anni 90 gli Hard Rock Cafe di tutto il mondo andavano fortissimo. Avere la T-shirt marchiata con il mitico logo del ristorante giallo e arancio, con l’indicazione della città nella quale si era acquistata, era una sorta di segno di riconoscimento. Eri cool sia perché evidentemente eri appassionato di musica, e poi perché significava che avevi girato il mondo. Ricordo ancora l’orgoglio con cui sfoggiavo la mia T-shirt Hard Rock comprata a New York, era il 1995. Da allora sono passati quasi trent’anni e l’entusiasmo intorno al brand è, per usare un eufemismo, abbastanza scemato. 

Il primo Hard Rock in realtà era stato inaugurato nel 1971 a Londra, ma è negli anni Novanta, in seguito alla faida tra i due soci fondatori, ​​Peter Morton e Isaac Tigrett, che la catena, grazie anche all’acquisizione in quell’epoca da parte della Rank Organisation, ha conosciuto i suoi anni di gloria (dal 2007 la proprietà appartiene a una corporazione di nativi americani, la The Seminole Tribe).

Vuoi perché all’epoca non c’erano i social, e quindi per far sapere in giro che si era stati in questa o quell’altra capitale non restavano che i souvenir, vuoi perché i Nineties erano un decennio in cui tutto quello che arrivava dall’universo musicale anglosassone risultava tremendamente figo (Morton e Tigrett aprirono il locale a Londra con il preciso scopo di portare in Uk un po’ di spirito a stelle strisce, perciò il menù prevedeva solo hamburger, patatine, ketchup Heinz e salsa Campbell). Ecco perché per moltissimo tempo l’iconica T-shirt bianca con logo e città è stata in cima alla classifica dei souvenir più venduti al mondo, con circa 10 milioni di magliette ogni anno, ben più popolare dei magneti del papa o della miniatura del Colosseo. 

La catena ha dimensioni ragguardevoli: circa 200 tra ristoranti, alberghi e casinò sparsi in 68 nazioni. In Italia ce ne sono quattro: a Roma, a Firenze a Venezia e a Verona (ha aperto la vigilia di Natale, il 24 dicembre). E, presto, ce ne sarà un quinto. Milano sta infatti per dare il benvenuto all’Hard Rock Cafe meneghino in via Dante.

Sulla data di apertura ufficiale ancora non ci sono indiscrezioni, né il brand ha rilasciato un comunicato, ma l’inconfondibile logo e una call to action per reclutare lavoratori non lasciano molto spazio all’immaginazione. Il punto però è: Milano aveva bisogno di un Hard Rock Cafe? Gli anni Novanta sono passati da un bel pezzo e forse non è più così cool pranzare o cenare a base di hamburger e patatine, anche se sicuramente oggi nel menù ci sarà anche un’opzione vegana.

Subiamo ancora così tanto la fascinazione dell’American Dream da riversarci in via Dante per bere una birra sotto la chitarra di qualche rockstar? Chissà peraltro a Milano quale cimelio toccherà: se Roma può contare su un gilet di Elvis Presley, il basso di Flea dei Red Hot Chili Peppers e un giaccone di John Lennon, e Venezia su un vestito di scena di Shakira e la chitarra elettrica del chitarrista di Jon Bon Jovi, a Milano cosa arriverà? C’è da dire che se ai milanesi la presenza dell’Hard Rock Cafe non cambierà più di tanto la vita, i turisti in città sono aumentati negli ultimi anni e probabilmente è qui la chiave nella scelta di business della catena nell’aprire a due passi dal Duomo. 

Dopo la recessione del 2008, il successo dell’Hard Rock Cafe ha subito una battuta d’arresto e i fattori sono sicuramente molti: da una parte l’educazione gastronomica, che rende sempre meno allettante l’opzione hamburger e patatine, e dall’altra un ampliamento dei generi musicali che, almeno per le nuove generazioni, probabilmente hanno relegato il rock a fenomeno vintage.

È facilmente ipotizzabile che i quindici-ventenni di oggi impazzirebbero per un locale con i costumi di scena di Achille Lauro (che invece sono conservati negli archivi di Gucci a Firenze) o Sfera Ebbasta, ma non si impressionino troppo di fronte a chitarre, pianole o biker jacket appartenute ai mostri sacri del rock. Quindi a chi si rivolgono i nuovi Hard Rock Cafe arrivati o che stanno per arrivare in Italia? Ai nostalgici? A chi pensa che in un mondo sempre più dominato da meta versi, realtà virtuali e NFT sia un toccasana tornare alla cara, vecchia, T-shirt souvenir?

La risposta la avremo tra non molto: se si crea la fila in via Dante, come è stato per il vicino Starbucks di Cordusio, la scommessa l’avrà vinta Hard Rock Cafe, altrimenti forse no. Dopotutto la catena ha sempre avuto una vocazione un po’ mistica: il mitico payoff, «Love all, serve all», altro non è che una massima di Sathya Sai Baba, predicatore indiano tra i più famosi in occidente. 

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