Mario&MartaIl sogno di Letta è Draghi al Quirinale e Cartabia a Chigi

Il segretario del Partito democratico deve evitare a tutti i costi di far arrivare Berlusconi al Colle, o di far cadere il governo senza avere pronta una soluzione di ricambio. Se ci riuscisse otterrebbe una vittoria non da poco, altrimenti rischia una sconfitta politica lunga sette anni

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Mario&Marta. Vorrebbe essere questo, nei sogni del Nazareno, il finale felice di un film che può ancora finire, per Enrico Letta, in dramma, se non addirittura in tragedia. Inizia il countdown e la partita è apertissima.

Diciamo che il finale con Mario&Marta è il più probabile, un esito che dovrebbe lasciare il pubblico abbastanza soddisfatto: non saremmo a Martin Scorsese ma nemmeno a un B-movie, nelle condizioni date sarebbe un bel pareggio fuori casa. Se Silvio Berlusconi oggi non fa impazzire la maionese, si può fare. La speranza di Enrico è che il Cavaliere non dica esplicitamente di no a Mario Draghi, il resto verrà da sé.

La sceneggiatura di Letta è in fondo semplice anche se difficile a farsi, come diceva Brecht del comunismo. Alla fine di un ingarbugliato gioco di veti e controveti, Letta potrà dire di aver portato al Quirinale l’italiano più stimato nel mondo, uno statista che non sfigura di fronte alla grande presidenza di Sergio Mattarella, che rassicura l’Europa, che scongiura una possibile paurosa egemonia del centrodestra. E di aver saputo fare barrage a quello che lui ha definito «l’assalto di Berlusconi al Colle» mantenendo unita la coalizione di governo.

Necessaria per il governo nuovo, che nei suoi desideri sarebbe guidato per la prima volta nella storia d’Italia da una donna (applausi delle sostenitrici dei vari appelli in tal senso), Marta Cartabia, una giurista come Mattarella, anzi una ex collega di quest’ultimo alla Corte Costituzionale, e ministra del governo Draghi: due continuità in un colpo solo.

Cartabia è inesperta? Risponderebbe Letta che dietro le spalle avrà sempre SuperMario e accanto a lei una squadretta di politici di professione che riusciranno laddove i tanto decantati tecnici hanno deluso: un bel governo politico, di quelli che piacciono ai gruppi dirigenti dei partiti, è questa la caramella che il segretario offrirà alla sinistra dem, ai togliattiani alla Provenzano e alla Orlando sempre guardinghi e sospettosi dei non politici; e poi qualche sottosegretariato in più può far comodo, «mo ci ripigliamm’ tutto chill’…» eccetera eccetera.

Per questo nel governo entreranno i segretari? Ma no. Non si può imporre Letta a Dario Franceschini, tantomeno Giuseppe Conte a Luigi Di Maio, né Matteo Salvini a tutti quanti. Però i pretendenti non mancano: Nicola Zingaretti, Nicola Molteni, Maria Elena Boschi.

Mario&Marta formeranno una coppia sulla quale gli spin doctor non avranno difficoltà a scrivere un racconto politicamente “romantico”, due primi della classe, colti, non provenienti e dunque non invischiati nella bolgia infernale dei partiti, una narrazione da Italia nuova, una sceneggiatura molto lettiana nel senso della ricerca di una politica tranquilla – aveva ragione François Mitterrand – capace di smorzare i conflitti e comporre gli screzi, sostenendo il Paese nella più grande campagna di reperimento e conseguente spesa di miliardi di euro che la storia ricordi.

Se va così, Enrico Letta la saprà raccontare come una sua vittoria, e chi nel Partito democratico, partito pieno zeppo di habitué dello spacco del capello in quattro, potrà alzarsi e dirgli: «Segretario, hai fallito»? Che poi alla fin fine è questo l’assillo, se non principale, di sicuro permanente nella testa di un leader del Partito democratico: non finire sul banco degli imputati (vedi Bersani e Renzi) e nemmeno creare le condizioni per arrendersi (vedi Veltroni e Zingaretti).

Sì, Mario&Marta possono salvare Letta da un probabile processo nel caso il finale fosse diverso, che al Colle finisse un uomo o una donna di destra (adesso al Nazareno Forza Italia è sinonimo di destra tout court: quando il gioco si fa duro i semplificatori cominciano a giocare) e/o se cadesse il governo Draghi senza avere pronta una soluzione di ricambio.

Allora tutti quelli che lo applaudirebbero se la sitcom Mario&Marta andasse in porto lo metterebbero in croce per non aver saputo inventare una soluzione, per essersi isolato, per aver fatto affidamento su uno come Conte, per non aver avuto coraggio né fantasia né tempismo e quant’altro.

Ecco, a 48 ore dalla prima votazione Enrico Letta è a un passo da uno scampato pericolo che alle bancarelle dei talk show si può rivendere coma una bella vittoria. Ma è anche a due passi da una clamorosa disfatta, a una Caporetto politica lunga sette anni.

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