Quando si parla di innovazione, l’immaginario ci porta a ipertecnologie e strutture fantascientifiche: forse, oltre che una costruzione fantastica, è anche una buona scusa per fare qualcosa di difficilmente raggiungibile.
Poi capita di scoprire nel fermento dell’inventiva italiana, tra startup e spin-off universitari, che c’è chi ha capito che innovare vuol dire innanzitutto mettere a terra buone idee. Nel modo più semplice possibile.
Da un mese, l’Università La Sapienza di Roma e l’Università dell’Insubria di Varese hanno tra le mani qualcosa che nasce proprio da questo presupposto e, come la famosa lampadina che rappresenta l’idea, si propone a illuminare una via nelle nebbie della pandemia nelle quali ci muoviamo da due anni.
Sì, perché AirFrame – così si chiama il dispositivo basato sulla tecnologia Crossfield, brevettata da Over, non è solo un’invenzione, ma anche l’intuizione di mettere insieme quel che già c’era, ottenendo un risultato straordinario: ripulire l’aria da qualsiasi virus, ma anche da batteri, funghi e ogni altro agente patogeno.
Grande come un quadro da parete, spesso dieci centimetri, sterilizza senza filtri. «A volte basta copiare dalla natura. Mica pulisce l’aria filtrandola, ma con gli effetti elettrostatici dei fenomeni atmosferici», spiega Adriano Cerocchi, CEO di Over.
«In realtà esisteva già qualcosa di simile, il cosiddetto precipitatore elettrostatico, che viene però utilizzato nel grandi impianti industriali. Dovevamo ridurne le dimensioni, renderlo domestico e aggiungere qualcosa che lo rendesse efficace non solo per pulire l’aria dalle polveri ma anche da tutto il resto, innanzitutto da questi maledetti virus. Anche per questa esigenza, la risposta era in quello che esiste già: l’ultravioletto. Nello specifico, l’ultravioletto C. Abbiamo messo tutto in un contenitore che potesse essere gradevole esteticamente, che fosse facile da appendere alla parete e in grado di pulire l’aria da qualsiasi agente patogeno in un ambiente di 80 mq».
Detto così sembra l’uovo di Colombo. In realtà dietro c’è – ancora prima che un’idea – un modo di leggere l’innovazione secondo il principio di far funzionare meglio quel che già esiste.
Over, nata come spin-off de La Sapienza che ancora oggi figura nell’azionariato, in origine aveva come “core” l’efficientamento energetico.
«Ci siamo posti una domanda: Quanto del consumo di un’auto per andare da Milano a Roma è dovuto all’auto e quanto al piede del pilota?», si chiede Cerocchi. «Il ragionamento vale ad esempio per un impianto di condizionamento. Si lavora sempre sulla temperatura, ma è in realtà un approccio sbagliato, perché il vero problema è il ricambio, l’immissione d’aria, necessaria per questioni di salubrità ma che vanifica parte dello sforzo energetico per riscaldare o raffreddare. L’esempio più chiaro è quello del centro commerciale: qui il 40% dei consumi potrebbe essere abbattuto semplicemente modulando la ventilazione. Ma per farlo mancavano i sensori adeguati. Ecco, quelli li abbiamo costruiti noi e ne abbiamo piazzati in poco tempo oltre 10.000, finendo per servire clienti in tutta Italia».
All’esplosione della pandemia, a quella stessa necessità di agire sulla qualità dell’aria si è trovata una risposta ben poco tecnologica e innovativa: l’uso delle mascherina. A Over si sono chiesti se fosse possibile immaginare un metodo meno primitivo. Ed ecco, la risposta è stata AirFrame Crossfield. «Il brevetto lo abbiamo depositato a novembre. Ora stiamo procedendo alla produzione. Lo mettiamo a disposizione delle grandi strutture, come scuole, ospedali, industrie. Per il consumatore privato pensiamo ad un’operazione di crowdfunding. Per noi fare innovazione vera significa sempre investire in ricerca e sviluppo. Del resto, in un modo globalizzato, siamo obbligati a giocarci la carta dell’eccellenza. Questi risultati devono essere anche un incoraggiamento per i giovani, un modo per spingerli a intraprendere il percorso dell’innovazione. L’ambizione deve essere: facciamo qualcosa di nuovo, non da zero, ma come frutto di una macchina complessa, dell’incontro tra competenze che crea ulteriore valore. Una mia cara amica è docente nella seconda più grande università cinese: la sua materia è “imprenditorialità”. Ecco , forse anche noi dovremmo farne una formazione obbligatoria».
Magari servirebbe anche la voglia di ingegnarsi e di non fermarsi davanti agli ostacoli, nemmeno a quelli rappresentati da una pandemia. Anche con qualche slancio di creatività: quando nelle fasi peggiori dell’emergenza non si riusciva più a trovare nemmeno un flacone di disinfettate, a Over non si sono arresi e hanno ordinato decine di ettolitri di grappa, pur di poter continuare a lavorare alla loro idea.