La scuola, tra il 7 e il 10 gennaio in base ai diversi calendari regionali, dovrebbe riprendere le lezioni. Mancano pochi giorni, ma la questione è in bilico. Il governo garantisce che farà di tutto per evitare la chiusura e proseguire con le lezioni in presenza. Ma il virus corre e tra le Regioni c’è chi chiede di riprendere in didattica a distanza per i primi giorni sia per limitare i contatti sia per avviare screening post natalizi e potenziare le vaccinazioni tra i più piccoli che ancora non decollano.
Lo chiedono, in particolare, Abruzzo e Campania. «In questo momento il grosso del contagio del Covid riguarda le età di 5-11 anni e 0-16 anni. Sembrerebbe giusto usare un mese per ampliare la vaccinazione per i bimbi piccoli e riaprire gli istituti in sicurezza», dice il governatore campano Vincenzo De Luca.
Ma la decisione è anche all’esame del governo, come rivelano le parole del coordinatore del Cts Franco Locatelli, che non ha escluso lo slittamento di una settimana della ripresa delle lezioni, giorni che poi si potrebbero recuperare a giugno.
A spingere Draghi e i suoi consulenti a valutare un rinvio della riapertura delle scuole sono anche i dati sui contagi. Anche perché si teme che dopo il primo o il secondo giorno di frequenza in presenza arriveranno nelle segreterie scolastiche migliaia di certificati di positività – come spiega il Messaggero. Difficile pensare che da qui a venerdì i contagi possano diminuire. Anzi, si faranno sentire le conseguenze delle feste. E partiranno le quarantene.
Ed è questo il problema più critico: le quarantene dovrebbero essere riviste, alla luce del decreto che prevede per i vaccinati con terza dose la sola autosorveglianza se sono contatti stretti di un positivo. L’esecutivo starebbe valutando regole diverse soprattutto alle elementari e in prima media, visto l’avvio della campagna vaccinale 5-11. Sembra molto probabile che anche per le scuole elementari e la prima media, così come già succede per quelle successive, si possa prevedere, nel caso di due studenti risultati positivi in una classe, solo l’autosorveglianza di cinque giorni (con test a dieci giorni) per i ragazzi vaccinati (o guariti negli ultimi tre mesi) e la quarantena di 10 giorni con Dad per i non vaccinati. Con tre contagi in una sola classe, sarebbe poi la Asl a valutare ulteriori provvedimenti come la sospensione dell’attività in presenza. Nelle scuole dell’infanzia resterebbe invece la quarantena di dieci giorni per tutti con tampone con un solo caso positivo.
Ma dallo stesso governo partono le voci in dissenso. «Non si può pensare di discriminare i bambini, prevedendo per alcuni la Dad e per altri la frequenza in presenza. Si continui a investire risorse per la sicurezza, anzi si aumentino le risorse per la scuola, e si migliori il protocollo affinché sia più efficace. Ma le scuole devono restare aperte!», dice la sottosegretaria all’Istruzione, Barbara Floridia, Cinque Stelle. «Preservare la didattica in presenza per i nostri studenti è sempre stata una priorità del Governo. Un principio sacrosanto a cui dobbiamo tener fede anche per la seconda parte dell’anno scolastico. La campagna di vaccinazione per i più piccoli è appena partita e inasprire i protocolli su contagi e quarantene ci esporrebbe al rischio di eccessive penalizzazioni. Non possiamo permetterci di relegare in Dad milioni di studenti. La risposta non può essere sacrificare il diritto all’istruzione di milioni di studenti. Su questo siamo pronti a far sentire forte la nostra voce», commenta il sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso della Lega. Sulla stessa linea anche Fratelli d’Italia e i sindacati.
Il Presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, assicura che «si tratta di ipotesi di intervento che, sulla falsariga di quanto è stato fatto con l’ultimo decreto, alleggeriscono anche il mondo della scuola sul fronte dei protocolli, delle quarantene e dei tamponi attualmente previsti. Sono proposte tecniche che vogliamo approfondire e condividere con l’Esecutivo per proteggere gli ospedali gravati sempre più da ricoveri e permettere una ripresa dell’anno scolastico in presenza, considerando l’andamento della curva epidemica che appare trainato proprio da una progressione importante nella fascia che va da 6 a 13 anni».
Domani i sindacati incontreranno il ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, per discutere della legge di bilancio. «Sarà l’occasione per chiedere chiarimenti anche sulle nuove quarantene», spiega Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl scuola. «È bene sottolineare che il dirigente scolastico non può chiedere allo studente se è vaccinato oppure no. Esiste un problema di privacy e va chiarito».
Ma a poco più di due settimane dall’avvio della vaccinazione per i bambini tra i 5 e gli 11 anni, i numeri della campagna sono ancora bassi. Secondo i dati del Ministero della Salute aggiornati al 2 gennaio, su 3.656.069 bambini di questa fascia d’età sono state somministrate 313.902 prime dosi di vaccino (l’8,59%). Le Regioni dove si corre di più sono Puglia (14,27% dei bimbi vaccinati), Lombardia (12,29%), Veneto (11,07%) e Lazio (10,33%). Si arranca, invece, in Basilicata (3,71%), Friuli Venezia Giulia (3,98%), Sicilia, (4,49%), Calabria (4,62%).
E dopo l’obbligo vaccinale per il personale scolastico scattato il 15 dicembre scorso, la prossima misura certa con la ripartenza della scuola nel 2022 sarà l’utilizzo delle mascherine Ffp2 da parte degli insegnanti nella scuola dell’infanzia, così come in quelle classi delle primarie e secondarie dove ci sono alunni che non hanno la mascherina perché esentati per specifici motivi.