Lo studio del MiseCon l’auto green, a rischio 26mila posti di lavoro nella componentistica

Secondo la mappa del ministero dello Sviluppo economico, ci sono 101 imprese della filiera diesel-benzina che risentiranno dell’abbandono dei motori termici previsto entro il 2035. Giorgetti propone un pacchetto di 400 milioni, più altri 50 milioni per i concessionari, da inserire nel prossimo decreto sostegni

(La Presse)

La filiera dell’auto italiana si avvia verso il nuovo anno tra molte incertezze e una presa di posizione che fa paura alle imprese. Ovvero le conclusioni del Comitato interministeriale per la transizione ecologica, che ha confermato l’abbandono dei motori termici entro il 2035. In questo scenario, racconta Il Sole 24 Ore, il ministero dello Sviluppo economico ha realizzato uno studio per calcolare gli impatti della riconversione industriale, anche per valutare possibili nuovi interventi nel prossimo decreto sostegni.

Con il supporto delle associazioni di categoria, i tecnici del ministero hanno individuato le aziende della componentistica che potrebbero essere messe in ginocchio dal passaggio ai nuovi motori green. Sono 101 le imprese considerate più a rischio, che insieme raccolgono il 17% dei dipendenti e del mercato nazionale. La previsione è che la transizione porterà a un taglio del numero di componenti necessari pari all’85%, da 1.400 a 200, soprattutto nel comparto specializzato sulla combustione interna.

Il problema è che la componentistica italiana – che costituita da 2.200 imprese, con 161mila dipendenti e un fatturato da 45 miliardi – è poco preparata nei settori emergenti e molto specializzata invece nei motori tradizionali, dove si concentrano 900 aziende con 80mila addetti. Nei segmenti diesel e benzina, i più esposti, ci sono 101 aziende, con quasi 26mila dipendenti, considerati a rischio perché più esposti ai tempi veloci della conversione ecologica, alla mancanza di competenze e quindi alla competizione con i concorrenti americani e cinesi. Sul fronte opposto, invece, ci sono 40 aziende ad alto potenziale, con specializzazioni che vanno dall’analisi dei dati alla guida autonoma, dai motori elettrici alle batterie. Troppo poche per reggere l’impatto della transizione ecologica.

Su questi numeri sta lavorando il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. E dopo il mancato rifinanziamento degli ecoincentivi nella legge di bilancio, si prova di riproporre un aiuto alla filiera dell’automotive nel nuovo decreto sostegni che dovrebbe arrivare la prossima settimana. Il pacchetto sarebbe di 400 milioni, più altri 50 milioni per i concessionari d’auto. Sul fronte della ricerca e innovazione, invece, il ministro vorrebbe lanciare un progetto di interesse comune (Ipcei) con due possibili filoni: idrogeno per il trasporto pesante su gomma o componenti di elettronica avanzata.

Ma servirà trovare l’intesa politica nella maggioranza di governo. Con i Cinque Stelle che spingono verso la corsa all’elettrico.

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