Un altro paio di manicheL’industria della moda ha reagito alla pandemia diventando più agile

La Fashion Week di Milano in scena fino al 28 febbraio avrà 190 appuntamenti, di cui 165 fisici e 24 digitali. I brand adottano ogni possibile forma di comunicazione e presentano le loro collezioni indifferentemente all’interno e all’esterno dei calendari stabiliti: lo fanno quando e se si sentono pronti

LaPresse

La Milano fashion week è iniziata. A seguire concluderà il ciclo dedicato alle presentazioni delle collezioni donna l’autunno-inverno 2022-2023 quella di Parigi. 

Le due piazze forti per i fashion show le presentazioni moda sono sempre state queste. È qui che è possibile valutare stato di salute dell’intero sistema. Quello economico, dove ancora più utili sono gli indicatori provenienti dai listini di borsa dove i marchi più celebri sono presenti. E quello creativo, sempre fluido data l’inarrestabile girandola di talenti che i grandi gruppi del lusso si accaparrano per poi spostarli da una collezione all’altra come pedoni su una scacchiera.

Per la Fashion week di Milano (22 – 28 febbraio) sono questi i numeri rilasciati dalla Camera della moda: 69 sfilate (60 fisiche e 9 digitali); 101 presentazioni (86 fisiche e 15 digitali); 8 presentazioni su appuntamento; 12 eventi. Per un totale di 190 appuntamenti di cui 165 fisici e 24 digitali. 

Prada, Armani, Fend, Diesel Moschino, Etro, Missoni, Versace, Dolce & Gabbana, Marni. Tutti presenti. 

Tornano a sfilare Bottega Veneta e Gucci (gruppo Kering) rimasti assenti dalle presentazioni uomo: Gucci torna a Milano, dopo aver sfilato la scorsa stagione separatamente a Los Angeles; Bottega Veneta si presenta con un nuovo direttore creativo. Torna Armani che non ha presentato a gennaio né l’uomo né l’alta moda. Trussardi si ripresenta dopo una pausa di 5 anni. Da segnalare ancora il debutto del brand Ferrari: si tratta forse del primo passo di un interessamento del gruppo Exor di John Elkann, nella costruzione di un conglomerato del lusso potenzialmente ancorato al marchio delle rosse (RACE.MI)

La fashion week di Parigi annuncia 45 presentazioni (37 fisiche, 13 digitali, ma i numeri non sono ancora confermati). In passerella tra i più celebri Louis Vuitton, Chanel, Dior, Saint Laurent, Balenciaga, Stella McCartney, Miu Miu, Chloe, Givenchy, Valentino, Balmain, Vivienne Westwood. Balenciaga dopo alcune stagioni trascorse nel Metarverso e Saint Laurent che per primo aveva abbandonato i calendari ufficiali (ambedue di proprietà Kering) tornano al formato sfilata. 

La pandemia (speriamo) sta allentando la presa. Tutto come prima dunque? Per niente. Dalle Fashion week di New York e Londra (appena concluse) arrivano segnali che rivelando come questa industria ha dovuto (e saputo) rinnovarsi intorno alle difficoltà create da due anni trascorsi in emergenza. 

Alla confusione globale generata dalle norme di sicurezza diverse da paese a paese, alle restrizioni di viaggio che hanno sconvolto i sistemi di vendita, alle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e – spesso – alla scarsità di mano d’opera a disposizione l’industria della moda ha risposto con agilità. A New York la presentazione più notevole la si è vista proiettata sullo schermo di una sala cinematografica sotto forma di short movie e non in passerella: merito di Hillary Taimour la designer di Collina Strada, vera rivelazione Made in Usa di questo ultimo periodo.

Le passerelle – un tempo la punta di diamante un po’ vanitosa di ogni brand – si consumano di fronte a numero ridotto di persone, ma poi esplodono in numeri a sei cifre i streaming. I buyer nuovamente attesi per questa tornata sono quelli provenienti dal Nord America: ma nessuno si aspetta di vedere apparire quelli provenienti dall’Estremo Oriente, seppure sia ormai questo il mercato numero uno al mondo.

I brand insomma stanno adottato ogni possibile forma di comunicazione messa a disposizione dalla tecnologia digitale e presentano le loro collezioni indifferentemente all’interno e all’esterno dei calendari stabiliti: lo fanno quando e se si sentono pronti. 

È accaduto questa volta per Burberry, JW Anderson e Christopher Kane (a Londra) Calvin Klain, Celine, Tom Ford, così come Marc Jacobs e Ralph Lauren (a New York). A Parigi non c’è traccia di Heidi Slimane, mentre Rey Kawakubo di Comme des Garçons e Junya Watanabe restano a Tokyo.

Ancora. Paco Rabanne e Alaia hanno mostrato le loro collezione addirittura a gennaio, fuori calendario appena prima della settimana dell’Haute Couture. Sarah Burton che disegna Alexander McQueen porterà invece la sua sfilata a New York la settimana, ma fuori dalle Fashion week, addirittura dopo la chiusura di Parigi. 

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