La transizione difficileIncentivare solo l’auto elettrica farebbe un favore ai produttori stranieri, spiega Giorgetti

Il ministro dello Sviluppo economico annuncia l’arrivo di un fondo da 1 miliardo l’anno per tre anni per la conversione dell’automotive. Ma va ancora perfezionata l’intesa con una parte della maggioranza, Cinque Stelle in testa, e con il ministero della Transizione ecologica, in merito ai limiti di emissione dei veicoli su cui applicare gli ecobonus

Foto Valerio Portelli/LaPresse

L’impianto complessivo dell’intervento del governo per il settore dell’auto è pronto. Ci sarà un Fondo unico per il rifinanziamento dell’ecobonus e per gli interventi destinati alla riconversione della filiera, con una durata che potrebbe essere triennale. L’intesa è ancora da perfezionare tra i ministeri, ad esempio sui limiti di emissione dei veicoli da incentivare, ma per Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, si potrebbe decidere già nel consiglio dei ministri di venerdì 18 febbraio.

«L’idea è di varare nel consiglio dei ministri di venerdì un Fondo unico per l’automotive che poi sarà declinato dai ministeri sia sotto il profilo degli incentivi sia sull’altro corno del problema industriale che abbiamo di fronte, cioè l’aiuto alla riconversione della nostra catena produttiva», spiega il ministro al Sole 24 Ore. La dote del fondo potrebbe essere di «circa 1 miliardo l’anno», e su base «pluriennale».

Ma il ministro leghista non intende supportare solo l’elettrico e vorrebbe includere negli incentivi anche una parte dei modelli diesel e benzina Euro 6. E su questo c’è una divergenza di vedute sia con i Cinque Stelle sia con il ministero della Transizione ecologica. «Supportare solo l’elettrico», prosegue Giorgetti, «significa fare un favore solo a produttori stranieri. Diciamo che abbiamo sensibilità diverse, io ho la sensibilità di chi produce in Italia e non in Asia. Penso che non dobbiamo fermarci all’elettrico anche per favorire l’acquisto di vetture più economiche a favore di classi meno abbienti. Dobbiamo discuterne anche con il ministero della Transizione ecologica, ma la nostra proposta arriva fino a 135 grammi di CO2 per chilometro perché abbiamo la responsabilità di incentivare anche una quota di produzione nazionale».

Giorgetti sottolinea la necessità di «dare risposte alla sfida della transizione dell’auto che è colma di rischi. Da un lato le evoluzioni tecnologiche, dall’altro le decisioni che abbiamo in qualche modo deciso di condividere a livello europeo ci pongono di fronte a una riconversione che deve essere gestita sotto il profilo sociale, tenendo conto che tutta la nuova frontiera dell’elettrico implica un minore impiego di manodopera».

E poi, aggiunge, «dobbiamo considerare che in questo settore convergono anche altre dimensioni ad esempio la postura di Stellantis rispetto alla produzione in Italia dopo la fusione che ha spostato parzialmente la centrale di operatività fuori dal Paese. La produzione di auto in Italia nel 2020 è scesa a una quarto delle auto prodotte in Spagna. In parte l’automotive compensa con la forza di un indotto che lavora in larga parte per l’industria tedesca ma quest’ultima è fortemente esposta all’addio ai motori endotermici. O riusciamo a tenere e anche a consolidare la produzione nazionale o ci mettiamo in una situazione complicata».

Come si fa? «Dobbiamo fare in modo che la produttività e il costo del lavoro siano concorrenziali con altre potenziali localizzazioni. Siamo convinti che Stellantis, e la gigafactory a Termoli che supporteremo con 369 milioni di risorse pubbliche lo dimostra, debba continuare a essere ingaggiata in Italia, ma non è così scontato e non è così obbligato per loro farlo».

Nel nuovo Fondo, poi, anticipa Giorgetti, ci saranno «strumenti di vario tipo, anche per finanziare la nuova formazione del personale che esce da daterminate forme di produzione ed entra nel processo produttivo dell’elettrico».

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