Tesori della Trinacria Cuore di manna

Questa preziosa linfa bianca che viene estratta dalla corteccia dei tronchi di frassino è conosciuta sin dall’antichità per le sue proprietà benefiche. Oggi, questa sostanza zuccherina è protagonista di moltissime preparazioni e ricette siciliane

In passato, mistica, misteriosa, miracolosa. Ai nostri giorni, protetta dal bollino dei Presidi Slow Food. Di strada ne ha fatta tanta la manna (è di lei che si parla): citata dalla Bibbia e dal Corano, studiata dai medici dei Cesari (la chiamavano miele di rugiada), toccasana per vari malanni, secondo i trattati medievali, oggi entra da protagonista, insospettabilmente, nella preparazione di dolci e specialità gastronomiche.

Ma andiamo con ordine. Suggestioni bibliche a parte, lei non scende dal cielo, ma si estrae dal Frassino da manna, albero che ai nostri giorni cresce solo in Sicilia, sulle pendici delle Madonie, nel territorio di Pollina e di Castelbuono. Come secoli fa, la raccolta prevede il rispetto di regole precise: l’ntaccaluòro (il raccoglitore di manna) incide la corteccia di ogni albero solo durante i mesi estivi, ne fa uscire u sangu (la linfa che scorre negli strati corticali della pianta) che scivola lungo un cordoncino e si addensa fino a formare u cannolo (una mini-stalattite) di manna purissima. Il gioco è fatto: da adesso lei può essere consumata al naturale perché le piccole stalattiti sono un dolcificante genuino a bassissimo contenuto di glucosio e fruttosio e quindi possono essere un buon dolcificante per la pasticceria. Oppure, come mannite, utilizzata in cosmesi e nell’industria farmaceutica.

È una Sicilia fuori rotta, quella che segue le tracce della manna, da scoprire lungo i sentieri e le regie trazzere che tagliano, alle spalle di Palermo e Cefalù, la catena delle Madonie e il suo Parco e che ne svelano piano piano i tesori: insospettabili massicci montuosi, distese di foreste, valli nascoste, borghi millenari e castelli medievali. Il viaggio può cominciare senza fretta, da Cefalù, una delle porte del Parco. Araba e normanna, affacciata su un Tirreno dalle suggestioni caraibiche la si lascia alle spalle per inoltrarsi lungo la vallata del Pollina, un fiume (meglio, una fiumara) che nasce proprio dalle Alte Madonie.  Il Parco è una raccolta delle diverse identità di questo angolo di Sicilia: qui, si diceva, si raccoglie la manna e in inverno si scia a Piano Battaglia; le montagne hanno lo stesso aspetto e la stessa composizione delle Dolomiti, il Sentiero degli agrifogli giganti mostra colossi verdi alti anche 25metri e le piccole capitali del Parco sono musei viventi di storia, arte e tradizioni. Strade panoramiche e tornanti da brivido portano, per esempio, a scoprire a Castelbuono il Castello dei Ventimiglia che esibisce una Cappella Palatina fastosamente barocca grazie agli stucchi e alle decorazioni dei Serpotta. Soste d’obbligo, poi, nel centro storico dai Fratelli Fiasconaro dolcieri in Castelbuono dalla metà del secolo scorso.

 

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Nell’albo d’oro, torroncini e cubaite, marmellate e creme, ma soprattutto panettoni impreziositi dalla manna (usata come dolcificante, ma anche come crema da spalmare, golosamente, sulle fette del dolce) e rivisitati con i sapori della Sicilia (pistacchio, agrumi, mandorle…). Altra sosta golosa da ‘Nangalarruni per assaggiare la cucina di Giuseppe Carollo votata alla celebrazione di funghi e tartufi ma che non disdegna l’uso della manna per creare una crosta con mandorle e pistacchi per un filetto di maialino nero. Etichette top per vini da primato, infine, quelle della Abbazia Sant’Anastasia dove da secoli viene praticata la nobile arte della enologia: da provare i blend di vitigni autoctoni (il Grillo e il Nero d’Avola) e di vitigni internazionali (Cabernet, il Merlot, il Sauvignon Blanc e lo Chardonnay), lavorati in biologico e biodinamico. E poi ci si dirige verso le Petralie (Soprana e Sottana), che, arrampicate su dirupi, regalano vedute uniche. Dai due borghi passa una Gagini’s Way, che mostra alcune opere monumentali (statue, retabli, acquasantiere e portali in candido marmo di Carrara) della celebre dynasty di scultori attivi in Sicilia tra la seconda metà del ‘400 e la prima del ‘500.

Il Parco regala scorci superlativi sul corso pigro del fiume e sugli ulivi centenari, fino a mostrare il borgo di San Mauro Castelverde con un panorama a perdita d’occhio sulla catena montuosa. San Mauro è «uno dei balconi delle Madonie» afferma  orgogliosamente Giovanni Nicolosi, mente e braccio della start up Madonie Outdoor  che della riscoperta di questo territorio ha fatto la sua missione.  Sotto San Mauro, infatti, il Pollina, ha formato, in secoli di incessante erosione, le Gole di Tiberio: selvagge e inospitali fino qualche stagione fa, oggi le Gole sono visitabili e percorribili per tutta la loro lunghezza proprio grazie alle guide di Madonie Outdoor.

La parte iniziale del canalone roccioso è percorribile a piedi, la sua parte centrale, invece, è un vero e proprio canyon dalle pareti alte una cinquantina di metri: è la parte più suggestiva da percorrere solo in gommone con una navigazione tranquilla, riconoscendo sulle rocce le impronte dei fossili, spiando la privacy degli uccelli che nidificano a pochi centimetri dall’acqua, seguendo le anse del fiume. Che si apre, poi, in un ampio bacino dove è presente anche una spiaggetta: sono le Piccole Gole, l’accesso probabilmente più frequentato ma non meno d’effetto. Dalle Gole, poi, raggiungere i punti più teatrali delle Madonie è un gioco da ragazzi. Con camminate slow sui sentieri tracciati tra Piano Farina, Fosso Canna, Piano della Battaglia si legge, come in un diorama, lo sky line della Sicilia: la teoria ordinatamente disordinata delle Eolie, i profili ruvidi dei Nebrodi, il fil di fumo che si alza dalla vetta dell’Etna. Se il lontano affascina anche il vicino non scherza: Piano Battaglia è una grande dolina circondata da faggi, a Piano Pomo si entra nel bosco di agrifogli secolari e a Piano Quacella l’enrosadira non ha niente da invidiare a quella del Catinaccio.  Anche a San Mauro le soste golose (ancora una volta ispirate dal prodotto tipico delle Madonie) non mancano: l’Antico Forno Madonia, per esempio, propone dolcetti e biscotti alla manna. E a La Posada la cucina ruspante delle Madonie non si fa desiderare: pasta di casa, funghi, cinghiale e pale  di fico d’india fritte.

 

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E la Manna? Non ci siamo dimenticati di lei: ritornando verso il Tirreno ci si ferma nel borgo di Pollina, un balcone naturale a 700 metri d’altezza, un piccolo gioiello medievale con le case aggrappate alla roccia, le stradine che si srotolano verso la sommità di un castello (già residenza ai suoi bei tempi dei conti Ventimiglia), le chiese con incredibili capolavori d’arte (la Matrice, per esempio, custodisce la Madonna delle Grazie di Antonello Gagini, una delle tante sculture gaginiane che impreziosiscono i paesi delle Madonie). Ma c’è anche un belvedere con lo scenografico Teatro Pietra Rosa, modernissimo (è stato costruito alla fine degli anni ’70) e insieme antico (struttura e caratteristiche sono le stesse dei classici teatri greci): seduti sui gradini della cavea è possibile abbracciare con un solo sguardo un paesaggio che toglie il fiato e satura la mente: da un lato i boschi delle Madonie e, verso il mare, i profili di Ustica e delle Eolie. In paese si celebra la Manna con un piccolo e prezioso museo dove viene raccontato come si raccoglie la preziosa linfa e dovesi fa shopping: cannoli e ostie di manna, saponi e scrub, creme e lozioni, tutto impreziosito dalla linfa del frassino. A Pollina con la manna si fa anche la birra. La prima produzione, artigianale naturalmente, prevedeva una bionda (Pulina) e una scura (Ayub): nomi che ricordano quelli della principessa normanna e del visir arabo dal cui amore contrastato nacque, secondo una pittoresca leggenda, il piccolo paese sulle Madonie. «Pulina – racconta Beppe Cassataro, di Nuova Alba, una delle quattro cooperative di giovani agricoltori e produttori riunite nel Consorzio Manna Madonita – è una bionda, di stampo belga, più tradizionale, Ayub, invece, è una birra Bock, nutriente, poco schiumosa e a bassa fermentazione, destinata ai palati più esperti».

Prossimo step? Cristalli di manna e fiori di Frassino, di colore oro chiaro e dall’aroma impreziosito da note di miele d’acacia e resine boschive, tratti distintivi della Manna e delle infiorescenze del Frassino.

 

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