A Catania, se cercate un cornetto per fare colazione, siete decisamente out. È più facile entrare in un bar per qualcosa di dolce e uscire addentando felici una cipollina. Perché davanti alla distesa di vassoi colmi di ogni delizia, tra una schiera di panzerotti, iris e raviole spolverate di zucchero da un lato e un esercito di arancini, cartocciate e bolognesi ancora fumanti di forno dall’altro, si rischia di rimanere un tantino frastornati.
Per non sbagliare, i catanesi doc, di colazioni, ne fanno due. La prima, quasi sempre, è dolce: con il caffè o il cappuccino si “calano” il primo cannolo della giornata, meglio se riempito al momento, per fare in modo che la scorza si mantenga croccante. I puristi lo mangiano da Savia, in via Etnea, proprio di fronte alla villa Bellini, da più di cent’anni l’indirizzo sicuro per ogni genere di dolcezza. A metà mattinata si passa al salato, magari spostandosi di qualche metro per raggiungere Spinella, l’altro storico avamposto da cui guardare la città muoversi lentamente stando seduti ai tavolini all’aperto. Verso le undici, meglio un arancino al ragù o una cartocciata? Una bolognese o una pizzetta? Abbiamo preparato un piccolo bigino per orientarsi tra le voci più comuni del menu. Siamo arrivati a contarne venti ma volendo esagerare l’elenco potrebbe continuare.
1. Cannolo
Una scorza croccante ma friabile riempita di ricotta di pecora lavorata lungamente con zucchero, arricchita da pezzetti di zuccata (zucca candita) e decorata con granella di pistacchio di Bronte. Non chiedete ulteriori dettagli perché tanto nessuno ve li svelerà. Accontentatevi di mangiarlo pensando agli arabi che lo hanno portato sull’isola o forse alle suore di clausura, maestre nell’arte di setacciare la ricotta freschissima e creare la scorza che ormai in pochissimi realizzano artigianalmente. Replicarlo è complesso, a cominciare dalla ricotta di pecora che fuori dalla Sicilia è difficile trovare. Gustatevelo senza troppo domande, seduti al dehor di Prestipino, altra insegna storica di Catania, proprio davanti al Duomo. E non fatevi spaventare dalle dimensioni: non vi è memoria di nessuno che abbia lasciato un cannolo a metà.
2. Granita e brioche con il tuppo
La colazione siciliana per eccellenza, la merenda rinfrescante dell’estate, non ha bisogno di presentazioni. Ogni bar più o meno famoso la serve tutto l’anno nel tipico bicchiere di vetro, con un po’ d’acqua a parte che arriverà senza che lo chiediate espressamente. Il suo complemento ideale sono la brioche con il tuppo, la panna montata e ovviamente un po’ di sole. Fuori stagione, c’è comunque il lungomare, da Ernesto o allo storico Caffè Europa di piazza Europa.
3. Panzerotto
Non c’è bar che non abbia almeno un vassoio colmo di panzerotti a qualsiasi ora del giorno e della notte. Li trovate anche in alcuni chioschi – cioschi, in slang locale – che restano aperti tutta la notte, per dissetare turisti e local a suon di selz, limone e sale, amarena al frutto e tamarindo. Un must della pasticceria catanese, il panzerotto è perfezione di forma e sostanza: una calotta di morbida pasta frolla che racchiude un cuore di crema bianca o al cioccolato, pronto a esplodere al primo morso. La frolla è leggera perché senza uova, friabilissima grazie alla presenza dell’ammoniaca per dolci che in pasticceria serve ad aumentare la morbidezza.
4. Iris
Continuiamo il tour con un altro capolavoro ingegneristico, l’iris. All’esterno un guscio sottile di pasta brioches impanata e fritta, all’interno una quantità di crema pasticcera bianca o al cioccolato che difficilmente troverete altrove. Per distinguere le due versioni i pasticcieri fanno un segno leggermente diverso sulla calotta. Le dimensioni sono generose come quelle di un arancino e le calorie non quantificabili ma non si può ripartire da Catania senza avere almeno un iris in portafoglio. Dove mangiarlo? Al Gran Moritz di viale Sanzio.
5. Involtino
Salendo ancora di dimensioni ecco l’involtino, un fagotto quadrato riempito con crema pasticcera o al cioccolato. La spolverata di zucchero a velo mette in risalto gli strati di sofficissima pasta sfoglia, la stessa impiegata per realizzare la cipollina, il suo corrispondente salato.
6. Treccia
Si può trovare in due misure, normale e mignon, per quanto come avrete già capito queste due definizioni siano alquanto arbitrarie: quelle che qui vengono derubricate come assaggino, a Milano sarebbero considerate facilmente il formato standard o grande. Dimensioni a parte, la sostanza è la stessa: una treccia di pasta sfoglia ripiena di crema o di marmellata.
7. Raviola
Vi ungerete un po’ prendendola in mano e vi sporcherete le labbra di zucchero addentandola ma è un’esperienza da provare almeno una volta, per portare a casa nella memoria un pezzo di Sicilia, che solo qui o mai più. Fritta o al forno, la raviola è un classico della pasticceria catanese: una piccola mezzaluna realizzata con un impasto di farina e strutto, farcita di ricotta e impanata nello zucchero semolato.
8. Graffa
Simile a un Krapfen ma dalla forma allungata a ferro di cavallo, la graffa non è altro che pasta di brioches fritta e passata nello zucchero. Nel Trapanese è tipico il ripieno di ricotta, mentre sotto l’Etna si trova comunemente la variante farcita con crema al pistacchio.
9. Minne di Sant’Agata
La cassata monoporzione a Catania è dedicata a Sant’Agata. Una volta minne e minnuzze spuntavano verso la fine dell’anno quando si avvicinava la festa della santa patrona ma ormai si trovano tutto l’anno. Si mangiano rigorosamente in numero pari, esattamente come i due seni strappati alla piccola Agata per aver rifiutato di cedere alle pretese del console romano Quinziano. Di solito viene preparata con il Pan di Spagna ma Giuseppina Torregrossa nel romanzo Il conto delle minne, Mondadori, rispolvera l’antica ricetta che prevede la pasta frolla accompagnata da ricotta di pecora, canditi, scaglie di cioccolato, zucchero, glassa e ciliegie candite.
10. Cassatella di Agira
Tipica della zona di Enna, si trova comunemente in tutta la Sicilia orientale. È una dolcissima mezzaluna di pasta frolla spolverata di zucchero a velo, simile a un grande raviolo. La ricetta ufficiale prevede che nel ripieno ci siano cacao, mandorle, farina di ceci, zucchero e scorza di limone essiccata ma qualcuno aggiunge anche una spolverata di cannella.
11. Pasticcino
A dispetto del nome, il pasticcino è un bigné in formato gigante ripieno di crema al cioccolato, al limone o al pistacchio. Tornati nel mondo reale, ogni altro bigné vi sembrerà inspiegabilmente piccolo.
12. Riccio
È il dolce preferito dai bambini catanesi: una palla di cioccolato rivestita da codette di cioccolato. Una colazione che potrete bilanciare soltanto con almeno due ore di camminata. Di contro, avrete scoperto com’è fatto un tipico dolce di recupero, impastato con gli avanzi di cioccolato. Si trova abbastanza comunemente anche la versione al pistacchio.
13. Torta Savoia
Sempre per gli amanti del cioccolato c’è la torta Savoia, realizzata con strati di Pan di Spagna, crema al cioccolato e nocciola e copertura di glassa al cioccolato, spesso già suddivisa in porzioni singole. Secondo la tradizione fu preparata dalle suore benedettine catanesi in occasione dell’annessione della Sicilia al Regno d’Italia: da qui il suo nome, in onore della famiglia sabauda. Per andare sul sicuro: Truglio, dal 1925 in via Giaconia.
14. Torta Fedora
Uno dei cavalli di battaglia della pasticceria Giuffrida di via Vittorio Emanuele, la torta Fedora è un dolce antico che sta tornando alla ribalta. Pan di Spagna bagnato con succo d’arancia, farcito con ricotta, gocce di cioccolato, zucchero a velo e decorato con scaglie di mandorla, granella di pistacchio, ciuffi di ricotta e ciliege candite. Un dolce dal fascino vintage, anche nell’aspetto.
15. Biscottini alle mandorle e al pistacchio
Siamo arrivati alla fine di quella che i catanesi chiamano tavola fredda, ovvero la parte dolce del menu. Mettiamo che siate in partenza e vogliate qualcosa che, una volta rientrati a casa, vi ricordi le colazioni memorabili che avete fatto a Catania. Un consiglio: fatevi preparare un vassoio dei tipici biscottini alle mandorle e ai pistacchi, incartati singolarmente per garantirne la freschezza. Una volta a casa finiranno subito ma almeno avrete una buona scusa per tornare.
16. Cipollina
Scolliniamo verso la metà della mattinata, quando ormai è ora di fare una seconda colazione. Uno dei pezzi più richiesti al Menza, in viale Mario Rapisardi, è la cipollina, una quadrato di pasta sfoglia ripiena di pomodoro, mozzarella o tuma, il formaggio tipico di queste zone, prosciutto cotto e cipollina. Una è una seconda colazione, ma se mangiate due avrete fatto praticamente pranzo.
17. Pizzetta
Nei bar e nei panifici, che in città chiamano forni, non mancano mai le pizzette ma non confondetele con quelle tradizionali: la pasta delle pizzette catanesi è alta e soffice, simile al pan brioche, e pomodoro e mozzarella fanno corpo unico. Variante, un’oliva nera come guarnizione.
18. Bolognese
Decisamente il pezzo più impegnativo della tavola calda, la bolognese è una pizzetta ricoperta di sfoglia con un ripieno decisamente strong: ragù di carne (da cui il nome, bolognese), oppure besciamella prosciutto e funghi, prosciutto formaggio e pezzetti di uovo sodo… le varianti si sprecano. Aggiungeteci un caffè e avrete un brunch completo.
19. Cartocciata
La cartocciata è un rustico salato tipico della cucina siciliana, un calzone dalla consistenza molto soffice che può essere farcito in vari modi: oltre alla mozzarella, che è la base di ogni ripieno, melanzane, spinaci, pomodoro, wurstel etc. Il nome deriva dal modo in cui la pasta avvolge il ripieno, accartocciandosi su di esso. Da Privitera in piazza Santa Maria di Gesù, la servono identica dal 1945. Il pezzo perfetto da consumare mentre si cammina, in alternativa a sua maestà, l’arancino.
20. Arancino
Anello di congiunzione tra la colazione e il pranzo, è lo spuntino per eccellenza da mangiare al volo, al banco, senza sedersi. Oltre ai classici in bianco e al ragù, si trova in una serie di varianti: alle melanzane, ai funghi, agli spinaci, al pistacchio (ottimo quello di Alecci, a Gravina). Il cameriere ve lo serve avvolto nel tovagliolo di carta, a testa in giù ed è esattamente così che va addentato e consumato, cominciando dalla base. È probabile che tra riso che si sfalda e ragù bollente che cola all’improvviso imparerete a mangiarlo come un vero catanese soltanto l’ultimo giorni di vacanza, ma tant’è. Da solo, vale il viaggio.