Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato il riconoscimento delle «Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk» e ha ordinato l’ingresso di forze armate russe nel Donbass occupato per «un’operazione di mantenimento della pace». Che è di fatto, denuncia l’Onu, «un’invasione nei confini ucraini ».
Dopo un lungo discorso infarcito di retorica e manipolazioni storiche in diretta tv, Putin ha annunciato che «i territori occupati» per la Russia diventano due entità politiche indipendenti da Kiev e protette da Mosca. «Ogni aggressione militare deve cessare immediatamente: non possiamo continuare a sopportare questo continuo spargimento di sangue», ha detto Putin prima di firmare l’atto formale del riconoscimento. «Troveranno o costruiranno il modo di imporci sanzioni, tanto ce le avrebbero imposte comunque», ha aggiunto riconoscendo il peso di questa decisione presa dopo giorni di tensione crescente nel Donbass. Una mossa che seppellisce il trattato di Minsk e i negoziati del formato Normandia, e rende ancora più stretta la via per scongiurare l’invasione russa e la guerra in Ucraina.
Giovedì i ministri degli Esteri Sergej Lavrov e Antony Blinken avrebbero dovuto preparare l’incontro bilaterale tra Putin e Biden. Ma il clima è subito degradato: i russi hanno denunciato sconfinamenti di sabotatori ucraini in territorio russo e Kiev che ha risposto bollando queste accuse come «fake news».
E ora cosa accadrà? «Non c’è ragione per credere che Putin si accontenti dell’Ucraina. Se passerà a minacciare i Paesi Nato, dovremo applicare l’articolo 5 per fermarlo, ossia l’uso della forza militare per la difesa reciproca. Tutto è in gioco», dice a Repubblica Francis Fukuyama, autore de “La fine della storia”. Che fa autocritica dicendo che no, la storia non è finita e che Putin «vuole riassorbire l’Ucraina nella Russia, e rimettere insieme quanto può dell’Urss. La Bielorussia è già stata ripresa da Mosca. Poi vuole estendere la zona di influenza sull’Europa orientale, tornando a controllare i Paesi entrati nella Nato dopo il 1991».
Secondo Fukuyama, rispetto alle richieste di Putin di cambiare l’architettura della sicurezza europea, «ci sono temi che possono essere affrontati, come i missili di raggio medio e altro. Poi ci sono molte cose che Mosca fa dall’altra parte del confine, minacciando i membri della Nato, e sarebbe buono discuterle. Ma le richieste russe sono ridicole. Vogliono smantellare i guadagni fatti dalla democrazia dopo il collasso dell’Urss, e questo non è negoziabile».
Putin, spiega, vuole ricostruire l’Urss. «Lo ha dichiarato», ribadisce Fukuyama. «Ha ragione a sostenere che l’Ucraina è una minaccia per lui, ma non nel senso militare che intende. Putin ha affermato che la democrazia non si adatta ai popoli slavi e quindi, se riuscisse a prosperare a Kiev, dimostrerebbe che può farlo in Russia, senza di lui».
La strategia è sfidare la democrazia insieme alla Cina, spiega: «Ho passato molto tempo in Ucraina negli ultimi sette anni, perché abbiamo programmi per addestrare i giovani. Ogni volta ripeto che lo faccio perché Kiev è il fronte della lotta globale per la democrazia».
Ma «servirebbe più solidarietà» tra le democrazie. «Presentare un fronte unito davanti a queste sfide è importante, ma finora non è avvenuto. I tedeschi hanno molti interessi economici in Russia, e spesso sembra che diano loro la priorità. Poi c’è il fenomeno dei partiti di destra, Usa inclusi, favorevoli a Mosca. La destra estrema americana dice che la Russia ha diritto a una sfera di influenza e ammira Putin, perché è un leader autoritario. Ci sono forze estremiste anche in Europa che credono a questa versione, come Le Pen e Zemmour in Francia, o Salvini in Italia. Come Trump, che non ha fatto dichiarazioni di sostegno aperto per Putin, ma simpatizza con lui».
Eppure, «uno dei Paesi più vulnerabili sono proprio gli Usa, perché il Partito repubblicano è stato catturato da Trump, e approva leggi a livello statale per rovesciare le presidenziali del 2024, se non andranno come vogliono. Se ciò succedesse sarebbe un grande disastro. Se la democrazia fosse rovesciata negli Usa, come Trump ha cercato di fare nel 2020, rappresenterebbe un pericolo esistenziale per la sua sopravvivenza. L’Europa occidentale sta meglio. Ci sono movimenti populisti in ogni Paese, ma negli Usa sono più radicati e la polarizzazione è paralizzante».
Ma, dice Fukuyama, «la Nato è stata unita e rienergizzata da questa crisi. Finlandia e Svezia discutono se entrare. Non dichiarerei la vittoria politica di Putin». Il punto è che le sanzioni economiche non basteranno a fermare Putin: «Non sembra possibile ora».
E poi cosa accadrà? «Non c’è ragione per credere che l’Ucraina sarà abbastanza per lui. Vuole la completa cessazione delle attività Nato in tutto l’ex Patto di Varsavia». E se minaccerà i membri della Nato, bisognerà applicare l’articolo 5, dice: «È una cosa molto buona che stiamo rafforzando le forze Usa e occidentali nei Paesi più esposti».