Il 2 febbraio si è finalmente concluso l’iter di una delle decisioni in tema di politica ambientale più spinose e importanti: quella sulla Tassonomia europea. La Tassonomia è un documento con cui l’Unione Europea classifica gli investimenti da considerare “sostenibili” sul suo territorio. Diverse centinaia di miliardi di investimenti dipendono da questo, soprattutto quelli che l’Ue deve riuscire a garantire per i prossimi anni, visto che l’obiettivo principale, raggiungere la neutralità climatica, è previsto per il 2050.
Ciò che fino ad ora ha fatto così tanto discutere i politici europei, e che li ha obbligati a trattative durate anni, si può riassumere in una domanda sola: bisognerebbe considerare sostenibile, anche se per un breve periodo, l’energia proveniente dal gas naturale e quella che viene dal nucleare?
Come spiegavamo qui su Linkiesta qualche settimana fa la partita si gioca su due fronti, uno energetico e uno politico. Il nucleare e il gas naturale inquinano molto meno di altre fonti energetiche, come il carbone o il petrolio. Eppure il loro inquinamento non è zero, non sono considerabili fonti rinnovabili come lo sono il solare o l’eolico. Per questo in molti credono che siano quelle più adatte per far funzionare la “transizione” energetica: si punta su queste, come male minore, per riuscire ad abbandonare immediatamente i combustibili fossili, cioè il male peggiore. Il tutto in attesa di arrivare a percentuali sempre maggiori di rinnovabili nel nostro mix energetico, e raggiungere la neutralità carbonica, cioè il momento in cui le nostre emissioni in atmosfera saranno minori o uguali a quelle che l’ambiente può assorbire.
L’altro fronte, quello politico, è il seguente: la Francia, che già oggi è sostanzialmente indipendente dall’energia fossile, punta sul nucleare perché è già oggi leader nel settore (ne dipende al 70%). La Germania al contrario è estremamente contraria al nucleare (non solo i suoi politici ma anche i suoi cittadini) e tifa per una transizione affidata al gas naturale. Anche Berlino, però, ha un’opinione dettata dalla convenienza: la Germania, infatti, non a caso è il Paese da cui il gas viene distribuito nel resto dell’Unione Europea. Il grande gasdotto Nord Stream 2 (parallelo a Nord Stream), che dalla Russia porta direttamente in Germania, dà a Berlino un grande potere politico e commerciale, che intende mantenere.
Il 2 febbraio l’Ue, nonostante le proteste e le polemiche arrivate da più parti, ha deciso che sia il nucleare che il gas naturale rientreranno nella Tassonomia. Ha, insomma, confermato ciò che era trapelato a inizio gennaio. In questo modo gli investimenti del prossimo futuro andranno anche verso queste due fonti, oltre che verso le rinnovabili. È una mezza vittoria per Parigi e Berlino? In un certo senso sì, ma per capire cosa accadrà è meglio osservare i prossimi passi della Tassonomia.
La Tassonomia non è un semplice documento, ma un «atto delegato complementare», e come tale segue un iter ben preciso. Entrerà in vigore soltanto se entro i prossimi 60 giorni non saranno presentate, nelle sedi opportune, obiezioni con le necessarie maggioranze. Tradotto: il Parlamento europeo può opporsi all’atto, ma a maggioranza assoluta, quindi con 353 deputati presenti in seduta plenaria. Il Consiglio dell’Unione Europea invece può farlo solo se si opporrà il 72% degli Stati membri (cioè 20 su 27 e che rappresentino il 65% della popolazione dell’Unione). Può succedere? Non è da escludere, ma la situazione politica ricalca ciò che dicevamo prima: da una parte un blocco politico pro-nucleare è guidato da Parigi, dall’altra uno pro-gas naturale è guidato da Berlino. La soluzione più naturale è che si raggiunga un nuovo compromesso, con tutta probabilità simile a quello che si è appena raggiunto, e che quindi porterà a includere sia nucleare che gas nella Tassonomia definitiva.
Questi due schieramenti potranno variare nelle prossime settimane – per esempio al fianco della Francia al momento si sono schierate Ungheria, Repubblica Ceca e Finlandia – ma ce n’è un terzo da osservare con più attenzione: quello contrario sia all’inclusione dell’energia nucleare sia a quella dell’energia da gas naturale. Questo terzo blocco politico è composto da Spagna, Lussemburgo, Danimarca e Austria e trova l’appoggio di diversi protagonisti della politica ambientale dell’UE, come Laurence Tubiana, l’amministratore delegato della Fondazione Europea per il clima e tra gli artefici dell’Accordo sul clima di Parigi del 2015. Secondo Tubiana: «la tassonomia dell’Ue è stata concepita come uno strumento vitale per gestire i flussi finanziari con l’accordo di Parigi. Invece, l’Europa sta minando la sua leadership climatica e abbassando gli standard nell’Ue». Il pericolo, secondo Tubiana è che altrove nasca uno «standard ambientale» migliore e a quel punto la leadership dell’Unione sarebbe persa.
Insomma, la questione della Tassonomia intreccia la necessità dell’Ue di mantenere la leadership sui temi ambientali, lo scontro tra grandi potenze europee, la politica energetica e la possibilità di raggiungere obiettivi ambiziosi e urgenti, come la neutralità climatica. A tutto questo si aggiunge un ulteriore questione, se possibile ancora più urgente e difficile da affrontare: la Russia di Vladimir Putin, che si prepara a invadere una parte di territorio ucraino, sta usando anche le forniture di gas per mettere sotto pressione il suo estero vicino e l’Unione Europea stessa. Diversi funzionari al momento sono impegnati a trovare fonti di approvvigionamento di gas naturale al di fuori della Russia, perché evidentemente, dipendere dal gas gestito dal Cremlino è sempre più rischioso. E non solo a livello economico.