(È) viva la RaiIl super Tg1 di Monica Maggioni mostra che un’altra informazione è possibile

Il caro vecchio telegiornale nazionale sta cambiando pelle con giovani cronisti veloci e tante inviate sul campo che spiegano in modo chiaro e approfondito la crisi Ucraina. Per fortuna sono spartiti i soliti ossequi al governante di turno. C’è più attenzione alle notizie che alla spartizione dei minuti tra i vari partiti

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Un’altra informazione Rai è possibile: e quando a mamma Rai va dato atto di sapersi rinnovare, lo si fa volentieri. Non siamo critici televisivi ma non sfugge a nessuno che qualcosa è cambiato.

C’è un’aria di rinnovamento, che verosimilmente non nasce dalla sera alla mattina (la Rai ama tempi storici più che repentine svolte), i bravi cronisti non si improvvisano – e quando si improvvisano durano poco -, insomma immaginiamo che ci sia una gestazione complessa prima di arrivare al risultato concreto. Che stiamo vedendo in questi giorni. Per essere precisi, al Tg1.

Proprio così, il caro vecchio tg-delle-venti con la immarcescibile sigla che ascoltiamo da quando siamo venuti al mondo sta cambiando pelle. Volti nuovi, giovani, cronisti veloci e precisi molti dei quali formatisi nel fuoco della grande emergenza informativa legata al Covid (questo vale anche per i giornalisti delle altre testate), eccoli di nuovo inviati sul campo, e che campo: in Ucraina hanno mandato due colleghe, Stefania Battistini ed Emma Farnè di Rainews24 (Monica Maggioni, dal 24 novembre nuova direttrice del Tg1, per la sua esperienza diretta come cronista sa meglio di tutti quanto funzioni una giornalista in quei teatri di guerra) mentre persino l’informazione politica è meno paludata di un tempo, niente panino, niente ossequi al governante di turno, attenzione alle notizie più che alla spartizione dei minuti tra i vari partiti.

Basta con le aperture per forza dedicate alla politica interna: si può benissimo aprire con un grande servizio di Lucia Goracci dall’Afghanistan o sul problema del lavoro femminile. Si chiamano notizie. E non guasta che il linguaggio sia più veloce, e che la novità del redattore in studio a fare il punto su un problema specifico (come Giorgia Cardinaletti sul Covid) sia molto efficace. Non è un caso se stiamo facendo molti nomi di giornaliste.

Il Tg1, che era caduto piuttosto in basso con Giuseppe Carboni, nominato direttore dal Movimento 5 stelle solo perché i grillini conoscevano quasi solo lui che li seguiva per il Tg2 (ricordiamo il povero avvocato Conte annunciare uno sciopero delle presenze pentastellate contro la sostituzione di Carboni), sta cambiando giorno dopo giorno. Costringendo in qualche modo gli altri a seguirlo.

Lunedì sera il tg delle 20 quasi interamente dedicati alla crisi ucraina e condotto da Elisa Anzaldo a ritmi vertiginosi, non sembrava il classico telegiornale ma un rullo informativo con collegamenti veloci inframezzato da pezzi di diretta del terribile discorso di Vladimir Putin: un peccato che sia finito come di regola alle 20,30, avrebbe dovuto proseguire tutta la sera (come era stato con lo speciale de giorno prima, con Maggioni a condurre), invece c’era la serie “Makari” che non si poteva toccare – e questo sarà sempre il problema dei palinsesti Rai. Un problema ha invece molto di meno Enrico Mentana che, inseguendo anche lui, si è inventato una mini-maratona con l’ottima Francesca Mannocchi da Kiev. Ma il paragone col Tg1 è tecnicamente impossibile.

Persino il Tg2-Post da un po’ di tempo pare più dinamico, mentre dal punto di vista generale dell’offerta informativa la terza rete presenta ancora delle vistose criticità, da Agorà (qualcuno dice che Luisella Costamagna possa lasciare) alla trasmissione di Bianca Berlinguer che il martedì continua a essere regolarmente battuta da Giovanni Floris fino alle note polemiche su Report, mentre il Tg3 fa il suo senza picchi.

Non è facile, innovare a Saxa Rubra. Una volta tanto si sta dimostrando che si può fare, se si vuole. Ed è una buona notizia per tutti.