Vladimir Putin è «disponibile a negoziare», ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in visita a Kiev, ha ribadito che «l’integrità territoriale dell’Ucraina non è negoziabile», ma anche detto che l’ingresso di Kiev nella Nato «non è in agenda». Sembra aprirsi uno spiraglio di dialogo sul fronte orientale, con le diplomazie di tutta Europa al lavoro per evitare lo scenario di guerra. «Un accordo è possibile», ha spiegato il ministro degli Esteri russo Lavrov.
Oggi Scholz incontrerà a Mosca Putin. Il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio sarà oggi a Kiev e domani volerà a Mosca. Il presidente del Consiglio Mario Draghi incontrerà invece domani sera a Parigi il presidente francese Emmanuel Macron. All’incontro parteciperà anche Scholz ed è possibile che si collegherà in video anche il presidente americano Joe Biden.
Gli americani continuano a segnalare però movimenti di truppe al confine tra Russia e Ucraina. E i timori per il conflitto hanno fatto crollare ieri i listini europei, con Milano e Francoforte che hanno perso il 2% e Parigi il 2,4%.
Secondo Emma Bonino, senatrice di Più Europa, siamo «già dentro» la seconda guerra fredda. «Iniziata come uno scontro strategico fra Usa e Cina dopo il famoso “pivot to Asia” di Obama, la seconda guerra fredda si è allargata a una sfida sistemica che coinvolge l’intero Occidente da una parte e Russia e Cina dall’altra», spiega alla Stampa. «Una situazione di blocchi contrapposti che genera pessimi auspici per la soluzione dei numerosi problemi globali a venire. Non credo nella prospettiva di una guerra vera. Ma sono francamente stupita dal crescendo di annunci sulla sua imminenza provenienti soprattutto dagli Usa, una specie di rotazione fra Biden, Blinken, Sullivan, Austin con l’aiuto di Stoltenberg e Londra. Tre giorni alla settimana l’invasione è imminente, un giorno si annunciano 50.000 vittime civili, un altro milioni di rifugiati e poi attacchi aerei e distruzioni a Kiev. Questo da due mesi. Una comunicazione terrorizzante e finora poco attendibile nei fatti. Spero rimanga tale».
Ma i margini per trattare restano, dice Bonino: «Il terreno di scontro sull’Ucraina è tutto politico, e riguarda la collocazione del Paese nel quadro della sicurezza del continente. Non è un mistero che Mosca veda come il fumo negli occhi la prospettiva, ancorché remota, di un’adesione dell’Ucraina alla Nato. E non lo è neppure che Usa e Nato non intendano chiudere formalmente la porta a questa prospettiva. Nel frattempo, armi e soldati continuano a dispiegarsi non solo alle frontiere, ma anche in Ucraina e nei Paesi Nato limitrofi, cosa che non aiuta. Qualcuno dovrebbe chiamare un “time out” su questa agitazione senza scopo apparente, ma l’Onu e l’Osce sono paralizzate dallo scontro tra Stati Uniti e Russia».
Le prossime mosse di Putin, però, sono imperscrutabili. Nessuno sa davvero cosa abbia in testa il presidente russo. La Russia, dice Bonino, «ha una catena di comando cortissima sul piano strategico e militare. Né Shoigu né Lavrov hanno un’autonomia che vada molto al di là dell’implementare e comunicare le decisioni del Presidente. Mi pare chiaro tuttavia quale sia la direzione di marcia imposta da Washington agli alleati: adottare sanzioni durissime contro la Russia, in caso di invasione ma non solo; rafforzare la postura militare su tutto il fianco est della Nato, con dispiegamenti successivi di uomini e armamenti; contenere per quanto possibile l’atteggiamento aggressivo di Mosca nella regione, evitando la riproduzione di sfere d’influenza a livello regionale. La Nato e l’Europa non paiono in grado di organizzare una risposta diversa da quella americana».
Ma non ci sono ««similitudini con il 1939», spiega Emma Bonino. «Quello di oggi è un altro mondo, e la Russia per quanto gravemente difettosa sul piano democratico e dei diritti civili non ha certo nel suo Dna nessuno dei geni che produssero le dittature nazista e fascista. Quanto a morire per Kiev, non ho capito chi sarebbero i candidati a mandare soldati su quel fronte in caso d’invasione. Usa e Nato hanno già escluso un intervento militare diretto. Suppongo che a morire per Kiev sarebbero inviati i soliti “contractors”, e civili armati e addestrati dall’esterno. Meglio non pensarci».
E l’Europa come arriva a questo appuntamento? «Impreparata», risponde Bonino. «Come sempre. Da decenni sentiamo ripetere che i Paesi europei hanno il dovere di occuparsi della sicurezza del vicinato, a est e a sud delle frontiere esterne: perché da lì verranno le principali minacce alla stabilità del progetto europeo. E da altrettanti decenni non si fa niente di più che produrre documenti strategici ambiziosi quanto vuoti di contenuto. L’ultimo esempio è il nuovo “strategic compass”, su cui si accapigliano attualmente i ministri degli esteri e della difesa. Mentre Ucraina ma anche Libia, Libano e Mali sono nel caos totale. C’è bisogno di meno carte e più leadership per trovare la bussola».
L’Ue può avere ancora un ruolo terzo tra Putin e la Nato, «ma il pre-requisito è che questo ruolo sia autonomo, configurato alla luce degli interessi economici e di sicurezza europei, non solo di quelli Usa. Non auspico assolutamente una equidistanza strategica fra Usa e Russia: quasi tutti i Paesi Ue sono parte di un’alleanza e di un sistema di valori comuni con gli amici americani. Ma fra amici si parla chiaro a volte per capirsi meglio. L’atteggiamento iper-direttivo di Washington in questa crisi soffoca sul nascere qualsiasi tentativo europeo di aprire un tavolo di dialogo politico diverso da quello bilaterale Usa-Russia. Che è sicuramente quello che Usa e Russia privilegiano».
Certo, conclude Bonino, «estendere a ripetizione i confini di un’Alleanza difensiva non può essere l’unica ricetta per garantire la sicurezza del continente». E «noto che Mosca, al di là dello scarso entusiasmo prevedibile, non aveva palesato in passato atteggiamenti aggressivi nei confronti dell’adesione a Ue e Nato di buona parte dei Paesi dell’ex Patto di Varsavia, inclusi i Baltici che erano parte dell’Urss. È ovvio che l’Ucraina, con una parte rilevante della popolazione russofona e russofila, rappresenti un caso estremamente più complesso per quanto riguarda allargamenti ulteriori».