I singoli individui possono davvero fare qualcosa di efficace per proteggere l’ambiente o è tutto nelle mani dei governi e delle industrie? Questo è il quesito che tutti ci poniamo e da cui, di conseguenza, sono partiti i fondatori del movimento britannico The Jump commissionando alla società di consulenza internazionale Arup, con la supervisione del network C40 Cities e dell’Università di Leeds la ricerca “The Power of People”. La risposta, secondo lo studio, è in breve che sì, i cittadini possono contribuire in maniera diretta al taglio delle emissioni di CO2 necessario entro il 2030 di almeno un quarto. E possono farlo da subito adottando sei azioni pratiche alla portata di tutti: eat green, dress retro, end clutter, travel fresh, holiday local e change the system.
Il primo passo riguarda il cibo: una dieta prevalentemente vegetale e l’azzeramento dello spreco domestico contribuirebbe del 12% dal taglio delle emissioni necessario per i Paesi nordamericani ed europei. Poi viene la moda: limitando gli acquisti di capi di abbigliamento nuovi a tre all’anno si contribuirebbe per il 6% al risparmio di emissioni. Poi gli apparecchi elettronici ed elettrici, allungando la vita di smartphone, pc ed elettrodomestici di vario tipo potremmo contribuire a un taglio del 3%. Anche nel campo dei trasporti possiamo davvero fare molto: rinunciare all’automobile di proprietà e utilizzare mezzi pubblici o soluzioni di car sharing può contribuire al 2% della riduzione di emissioni di CO2. Possiamo modificare i nostri consumi anche in fatto di vacanze scegliendo destinazioni locali limitandoci a volare al massimo una volta ogni tre anni.
Infine, possiamo influenzare politica e industrie. Certo è la parte più difficile, ma non è impossibile. Possiamo concedere il nostro voto a chi ha veramente programmi per ambiente e clima. Possiamo investire in prodotti di risparmio green così come scegliere un fornitore di energia rinnovabile.
«Se lo sviluppo delle Fonti di Energia Rinnovabile, in particolare solare ed eolico, fosse andato avanti con lo stesso incremento annuale medio registrato nel triennio 2010‐2013, e pari a 5.900 MW l’anno, oggi l’Italia avrebbe potuto ridurre i consumi di gas metano di 20 miliardi di metri cubi l’anno, riducendo le importazioni di gas dalla Russia del 70%». Lo ha da poco sottolineato Legambiente aggiungendo che se il nostro Paese avesse investito sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, oggi non sarebbe così dipendente dalle fonti fossili e non si troverebbe sotto scacco del gas russo.
Avendo superato il petrolio, oggi in Italia è il gas la prima fonte energetica, le rinnovabili, che sono certamente cresciute, invece arrivano a soddisfare il 19% del nostro fabbisogno nazionale. Lo scorso anno più di tre quarti della nostra domanda è stata soddisfatta attraverso l’importazione di gas, petrolio e carbone dall’estero. Secondo una recente ed esaustiva mappa pubblicata da Green&Blue la nostra dipendenza energetica «è fra le più alte in Europa ed è la Russia il primo Paese da cui l’Italia dipende per soddisfare il proprio consumo di fonti fossili. A seguire ci sono Algeria, Azerbaijan e Libia».
Oggi l’Italia dipende dall’estero per il 77% dell’energia che consuma, ma si può anche dire che se questa dipendenza si è ridotta di dieci punti percentuali, lo dobbiamo prevalentemente all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili. «Potevamo essere un Paese modello sul fronte delle energie pulite e nella lotta alla crisi climatica – sempre secondo Legambiente – ma ciò non è avvenuto e al quadro attuale si è anche aggiunto il folle rincaro delle bollette che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese». Il nostro Paese potrebbe dunque essere in grado di rispondere al proprio fabbisogno con le risorse stesse del nostro territorio.