Quesiti linguisticiChi può essere «emerito»? Risponde la Crusca

L’aggettivo indica chi «non esercita più un ufficio pur conservandone il titolo» per professori, presidenti, vescovi, arcivescovi, e all’occorrenza, papi, re e regine. Ma nel lessico comune viene usato in senso ironico in riferimento a qualifiche assai meno lusinghiere

(L'Osservatore Romano/Pool photo via AP, File)

Tratto dall’Accademia della Crusca

Alcuni lettori chiedono chiarimenti sull’uso dell’aggettivo emerito: è ormai entrato nel linguaggio comune l’impiego dell’aggettivo emerito per designare chi non ricopre più una determinata carica, è corretto? Non va riferito esclusivamente ai professori universitari che, cessato l’insegnamento, ricevono questo titolo dal Senato accademico? Non è improprio l’impiego di tale qualifica per personalità come il Papa (dimesso) o l’ex Re di Spagna? Quali sono i significati e i contesti della parola emerito?

Risposta
L’aggettivo emerito è una voce dotta, dal latino emĕritus, -a, -um, participio passato di emerēre, che ha il significato di ‘finire’ (ex) di ‘servire nell’esercito’ (merēre) (DELI s.v. emerito). Nell’antica Roma, la parola indicava il soldato (emeritus miles) che aveva compiuto il servizio militare e ricevuto il congedo e i relativi premi (s.v. emerito, Vocabolario Treccani online). In italiano antico, nel Due e Trecento, l’aggettivo emerito è scarsamente attestato nella lingua italiana (solo in volgarizzamenti di Valerio Massimo e chiose allo stesso testo, in due occorrenze su tre nella locuzione nominale militi emeriti) ed esclusivamente col significato di ‘che si è distinto per il proprio valore durante il servizio’, detto di un soldato romano (s.v. emerito, TLIO). Nel Vocabolario degli Accademici della Crusca, l’aggettivo è presente solo nella quinta edizione, coi significati di “titolo che nel linguaggio della milizia romana si dava a quel soldato che aveva compiuto tutto il tempo del servizio militare” e di “titolo che oggi si dà ad un professore di Università o a un socio di un’Accademia, e talora anche a qualche alto magistrato, il quale, avendo compiuto il suo tempo, rimane ascritto tuttavia a quel collegio o a quella magistratura per sola cagione d’onore”. Nel Tommaseo-Bellini, la parola è registrata nelle due accezioni di “licenziato con intera paga per lungo servigio prestato” e “dicesi di socio d’accademia o altro corpo sim., che più non prende parte ai doveri, ma tuttavia le appartiene”.

Emerito ha oggi il significato di ‘che non esercita più un ufficio pur conservandone il titolo’ e, ancora, di ‘illustre, insigne’ (accezione che però, come vedremo, sopravvive esclusivamente con funzione antifrastica). Probabilmente la diffusione di questo significato nella lingua comune è dovuta all’accostamento con l’aggettivo benemerito, che deriva dal latino benemerĭtus (participio passato di bene mereri ‘ben meritare’) e ha il significato di “che, chi si è acquistato merito con opere buone o di pubblica utilità: cittadini benemeriti della nazione; un benemerito della cultura; l’arma benemerita, l’arma dei carabinieri” (s.v. benemerito, Devoto-Oli 2021).

Emerito, invece, è riferito esclusivamente ad alcune cariche e professioni e, in particolare, alla carica di docente: professore emerito, titolo conferito dal ministro (su proposta dell’Ateneo) ai professori universitari di ruolo all’atto del collocamento a riposo. Di questa accezione troviamo numerosi esempi anche nella lingua letteraria (per cui v. GDLI s.v. emerito): lo utilizzano ad esempio Foscolo (“Egli fu d’indi in qua, ed è tuttavia, contemplato tra i professori emeriti, anzi con tutti gli altri, ai quali furono allora abolite le cattedre, gode dell’annua pensione di lire mille”) e Carducci (“Fu nella Facoltà di lettere di Bologna chi lo propose a dottore collegiato emerito: io sostenni la proposta, e l’onorevole Minghetti riuscì eletto a voti unanimi collega nostro d’onore”).

Sono poi detti emeriti anche “gli ecclesiastici usciti di carica con onore” (s.v. emerito, Vocabolario Treccani online), come ad esempio il vescovo emerito.

Se la qualifica di emerito può essere riferita a un nucleo definito di professioni o di cariche, come professore, consigliere e vescovo, un caso particolare – di grande diffusione nell’ultimo decennio – è quello rappresentato dal titolo di papa emerito, assunto da Benedetto XVI al momento della sua rinuncia all’ufficio di pontefice, il 28 febbraio 2013. L’espressione Papa emerito (o Romano Pontefice emerito) è registrata dal Devoto-Oli 2021 come “titolo conferito a un papa in seguito all’eventuale sua rinuncia al pontificato (istituito nel 2013 in occasione della rinuncia al papato da parte di Benedetto XVI)”. La scelta di Benedetto XVI di attribuirsi questo titolo non è stata accolta pacificamente e il dibattito sul tema, in ambito teologico e canonico, si è dimostrato vivace fin dai primi giorni dopo l’annuncio della rinuncia. È ormai univoca l’identificazione di Benedetto XVI con questa carica; è sufficiente impostare una ricerca su Google per vedere sin dai primi risultati che non esiste alcuna incertezza nell’attribuzione della locuzione papa emerito, ma sono ancora numerose le pubblicazioni (su blog, riviste e libri) che si interrogano sulla legittimità del titolo. Il problema sorge dal fatto che, come si è visto, si tratta di un ruolo assolutamente inedito fino al 2013, dato che la figura di “papa emerito” è estranea a tutta la tradizione precedente all’addio al pontificato da parte di Joseph Ratzinger.

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